Nel 1972, invitato da Giancarlo Politi a realizzare un progetto editoriale per Flash Art, Maurizio Mochetti organizza con entusiasmo un piano di lavoro esclusivo che salta il fosso del periodico d’arte per concepire un foglio di stampa 70×100 la cui fascicolazione, in ventiquattresimo, porta al nome della rivista, 17,5×25 – diciassettevirgolacinqueperventicinque, anche se a onor del vero la misura esatta è 17×24 centimetri.
Inteso come opera d’arte totale, capace di trasformare l’impaginazione di una rivista in spazio espositivo, il numero unico progettato da Mochetti è come una galleria, un luogo fisico e reale dove gli artisti esercitano una azione riflessiva, elaborano un discorso personale e metalinguistico, legato a un perimetro ben preciso, quello della pagina. Mochetti realizza infatti una mostra di carta, un progetto riflessivo dove, se da una parte invita una serie di amici a realizzare opere site specific, dall’altra inserisce – come opere tra le opere – una stele fallica della funeraria etrusca in travertino bianco (del II-I secolo a.C.) proveniente dalla zona di Chiusi, un sonetto significativo di Cecco Angiolieri (LXXXVI – S’i’ fosse foco, ardere’ ’l mondo, LXXXII secondo l’edizione Marti), un nudo dell’attrice Geraldine Hooper a 24 anni e l’immagine di Einstein che il 14 marzo 1951, divertito, fa la linguaccia al fotografo Arthur Sasse.
Formata dallo stesso Mochetti che chiama accanto a sé l’amico Ettore Innocente, la redazione di 17,5×25 è a Roma, al numero 92 di via delle Muratte, e rappresenta il luogo d’incontro e di dibattito sulla nascita di un periodico che è, prima di tutto, avamposto operativo, ambiente di immaginazione, proiezione verso l’esterno di nuove idee.
Ad apertura dell’agile spillato c’è una pubblicità alla prima mostra della Galerie des 4 Mouvement che Marcel Fleiss apre a Parigi nel 1972 con 40 rayographies 1921-1930 di Man Ray. Nella stessa pagina, in basso, è segnalata una mostra di Josef Albers alla Gastaldi Arte Studio di Milano, mentre nella pagina successiva è presente un divertente Catalogue d’objets introuvables di Jacques Carelman. Dopo un’ultima comunicazione pubblicitaria della personale di Carl Andre, rappresentato dalla Annemarie Verna Galerie in occasione della Internationale Kunstmesse Art 3’72 Basel, inizia un viaggio visivo tra le opere di artisti concettuali e minimalisti che puntano l’indice sull’idea, estroflessa mediante stratagemmi vari, aperti al lavoro (il)logico dell’intelligenza, alla speculazione, alla parola, a un pensiero che pensa a se stesso tra le premesse e le conclusioni.
Accanto agli artisti invitati, a una frase di John Cage tradotta da Gianfranco Baruchello, a due didascalie significative di Малевич (Quadrato bianco su bianco e Quadrato) dove si evince la forza del pensiero sull’immagine e alle quattro voci – Cecco Angiolieri, Albert Einstein, gli Etruschi e Geraldine Hooper – che non fanno parte del presente dell’arte ma che di buon grado rientrano nella storia delle idee umane, dell’erotismo e del desiderio, è presente anche un artista immaginario, Bengt Larsen, che apre l’esposizione cartacea con l’immagine di una cassetta audio stereo9 e con una frase il cui compito e chiarificare l’intento, l’idea, il processo creativo: «ho inciso su nastro per 45 minuti il silenzio della sala n. 3 di registrazione della società discografica Metronome Records di Stoccolma alle ore 10,30 del giorno 29 giugno 1970».
Tra le pubblicità che occupano le ultime pagine, accanto a quella dedicata alla Galerie di Denis René, e a quella successiva che registra la nascita, a Firenze, della Galleria Schema, nata dalla passione di Alberto Morelli (che tra l’altro aveva ampiamente frequentato la Galerie Denise René durante il suo soggiorno parigino del 1953), in dialogo con Roberto Cesaroni e Raul Dominguez, ci sono degli spazi sull’editoria di Martano, della Libreria Stampatori e delle Edizioni Grafiche ArteStudio di Macerata dove una immagine mostra una serie di maiali che si appressa per raggiungere un ipotetico trogolo.
A volte spiazzanti perché intelligente e fresca, altre puntuale e precisa perché ricca di idee, 17,5×25 è una sorta di comune memoriale del tempo, un progetto espositivo senza mura che già nel 1972 ripensa lo spazio e stabilisce un corpo a corpo tra l’artista e il suo pensiero, tra l’opera e la sua perfetta compiutezza su carta.
Stampata nel mese di giugno 1972 e illustrata dalla riproduzione in bianco e nero, a piena pagina, di opere, frasi o spazi bianchi che evidenziano le declinazioni di un itinerario creativo aperto all’osservazione della natura, ai fenomeni, agli accidenti, al pensiero ancora pensabile, al dominio della libertà, 17,5×25 è pronta per essere distribuita a Kassel, in occasione di Documenta5.
A un primo incontro, in albergo, sono presenti, assieme all’artista, Leo Castelli, Walter Storms e Giancarlo Politi. Sfortunatamente la rivista non è più presentata e tutte le copie tornano nello studio dell’artista.
Immagine: Maurizio Mochetti, fotoritratto, Roma, 1978