Il cambiamento della percezione della fisicità corporea e del suo impiego nella quotidianità, così come è stato modellato dall’avvento delle tecnologie, è una questione ormai assimilata. L’incontro di Internet con le diverse discipline, tra cui arte e musica, ha trovato spazio anche nella danza. I corpi perdono il loro peso e si adattano alla fluidità del cyberspazio, pur evocando quello fisico. Le coreografie virtuali sono fruite gratuitamente e ininterrottamente dal network, spesso chiamato a partecipare e a diventare co-creatore delle opere.
Alcuni artisti hanno realizzato delle opere di net art astraendo delle coreografiein cui la danza e i suoi interpreti sono generati da dati informatici: un tango si materializza dalla parola scritta di Jess Loseby, dove le frasi rosse e verdi rappresentano rispettivamente i due protagonisti a confronto.
Altri hanno ripreso con il video i passi di danza nello spazio fisico e li hanno adattati al web creando coreografie atte a sfruttare appieno le potenzialità di Internet. Simon Fields e Katrina Mcpherson operano in questa direzione e coniano il termine “hypercoreography” in cui riconoscere un tipo di coreografia online dove i passi di danza, precedentemente filmati, sono messi a disposizione degli utenti che ne possono orchestrare varie combinazioni, proprio come accade in Big (2001), uno dei loro primi progetti.
Una figura danzante, dalle sembianze più vicine a quelle di un cyborg che non a quelle umane, danza nello spazio surreale di Portal. Net.dance (2003), opera dell’artista iraniana Yael Kanarek, creata in collaborazione con il coreografo Evann Siebens. I movimenti si spiegano al ritmo della colonna sonora del video-game “Atari”trasposta dal musicista Yoav Gal in un mondo del tutto digitalizzato.
Passi di danza ispirati ad oggetti di rituali africani sono congelati nelle immagini di Latitudes (1996), realizzato dalla coreografa Molissa Fenley per la DIA Art Foundation, una delle prime istituzioni americane a commissionare lavori online. Frammenti di una coreografia si rivelano nelle immagini di alcune posture ispirate ad oggetti rituali africani senza mai svelarne l’interna durata.
Merita un’attenzione particolare il lavoro della compagnia di danza francese Mulleras, pioniera nella sperimentazione di coreografie online, presentate poi anche come performance, installazioni video, CD-rom interattivi e mostre multimediali. Mini@tures (1998 – 2001), il loro primo esperimento di net.dance, è una coreografia plurale, dove musica elettronica, danza moderna, video-arte e web-design trovano un punto di incontro. I danzatori sono ripresi nello spazio fisico e i loro passi riadattati in coreografie sul web dove si confrontano con il mondo digitale. Le figure, ridotte alla dimensione di una miniatura, offrono interpretazioni multiple da esplorare interattivamente all’interno di un grande mosaico web.
In Tap, progetto di James Buckhouse in collaborazione con l’istruttrice di tip tap Holly Brubach, una figura animata è pronta ad esercitarsi con i passi dettati dagli utenti. Se Internet ha portato sempre più alla virtualizzazione del corpo, e quindi anche delle performance, alcune di queste ci sono state restituite nel mondo fisico, mediate da strumenti tecnologici portatili. Il software può essere infatti scaricato da Internet in luoghi pubblici o anche nei palmari, piccoli computer portatiti della grandezza di un telefonino. Con Tap possiamo esercitarci nella creazione di nuove coreografie stando seduti di fronte al computer o ingannando il tempo su di un mezzo pubblico. La messa in scena dei passi però richiede esercizio e pratica proprio come la danza nella vita reale. E allora, ancora una volta, realtà e finzione, mondo fisico e mondo virtuale, si confrontano e si confondono.