Il 20 ottobre 2018 si è inaugurata presso il MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo) la mostra Low Form. Immaginari e visioni nell’era dell’intelligenza artificiale. Non solo una mostra ma un laboratorio di studio e confronto su temi e questioni legati al nostro rapporto con la tecnologia e agli incredibili scenari aperti dalla sua evoluzione. Un viaggio nell’immaginario tecnologico e surreale degli artisti di oggi tra sogni generati da computer, algoritmi creativi e avatar che si interrogano sul senso dell’esistenza.
Tra i 16 artisti in mostra, c’è anche il poliedrico regista e saggista canadese Jon Rafman che, il 23 ottobre, in conversazione con la curatrice e critica d’arte Valentina Tanni, ha tracciato alcune tappe fondamentali del suo percorso artistico, da lavori come Erysichthon, amara parodia della comunicazione odierna a Open Hearted Warrior, moderno incubo tecnologico, per arrivare infine al suo ultimo lavoro: Shadowbanned. Punctured Sky. Quest’ultimo progetto si focalizza su alcuni interrogativi: cosa succede quando creiamo delle macchine che riproducono la mimica del cervello umano, quando noi stessi non sappiamo come funziona la nostra mente? Quanto è in grado di imparare realmente una macchina e che ruolo hanno il contesto, la cultura e la tradizione? Cosa deve imparare un robot per diventare umano?
Come spiega lo stesso Rafman alla Tanni, il suo ruolo non è quello di fare chiarezza sul futuro (che nell’immaginario collettivo sembra sempre più distopico) del machine learning, dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi che manipolano il nostro quotidiano e la sfera del subconscio. L’artista e la curatrice quindi affrontano tematiche interessanti e allo stesso tempo emblematiche della nostra epoca, ponendo l’accento sulla accelerazione della tecnologia e delle informazioni. Dove tutto è accellerato, ogni cosa sembra immobile.
E al centro di questo scenario, di questa fusione tra l’uomo e la macchina, c’è sempre lui: l’essere umano. Perché secondo Rafman non è la tecnologia che ci guida verso la trasformazione e il cambiamento, ma è l’opposto: la tecnologia domina la nostra società perché la trasformazione è già avvenuta nel nostro subconscio.
Essendo artista/antropologo amatoriale, Rafman offre allo spettatore un punto di vista differente sul rapporto uomo/tecnologia e sulla comunicazione digitale. I suoi onirici viaggi nel mondo di Second Life, le fotografie, le installazioni e le animazioni digitali in 3D esplorano i confini della realtà, una realtà fittizia in cui l’impatto della tecnologia sulla nostra percezione è totale. E lungi dal buon Rafman rivelarci se stiamo sognando o no.
Imaginaries and Visions in the Age of Artificial Intelligence, a cura di Bartolomeo Pietromarchi, Museo MAXXI, Roma, 20.10.2018 – 24.02.2018
immagini: (all) Jon Rafman – SHADOWBANNED: Punctured Sky, 2018. Video HD a un canale, suono stereo, Courtesy the artist