La sede espositiva del Museo Mambo, Villa delle Rose a Bologna ospita la prima retrospettiva italiana di Antoni Muntadas, a cura di Lorenzo Balbi e Cecilia Guida.
La sua pratica artistica, che – dagli anni ’70 – oscilla costantemente tra pedagogia, pratica artistica, concetto e resa estetica, ha costruito nel tempo uno sguardo in grado di infilarsi in ogni possibile condizione interstiziale, punti privilegiati da dove poter osservare il paesaggio mediatico – da lui stesso negli anni ‘70 definito con il termine: mediascape. Per fare questo, Muntadas ha utilizzato ogni strumento e canale possibili: video, performance, fotografia, installazione multimediale, net art, progetti editoriali, interventi pubblici. Spazi, momenti e condizioni che si interpongono tra pubblico e privato, tra opera e spettatore, tra curatore e artista, tra opera e museo sono usciti dal loro guscio, riconfigurati in ‘spazi di connessione’, veicoli per decodificare il linguaggio in ogni sua forma, oltre a quella convenzionale scritta e parlata, quella codificata in: soldi, mappe, colori, icone informatiche o architettoniche. «Interconnessione» è il titolo di questa retrospettiva che prima di Bologna, ha abitato gli spazi del Museo o Centro d’arte contemporanea Artium a Vitoria. «Interconnessioni – spiega Cecilia Guida in catalogo – si riferisce ad una frase di Mark Wigley che definisce l’artista come ‘una ‘città’ piuttosto che una persona, una rete di spazi di scambio che opera per lunghi periodi piuttosto che un individuo». L’interconnessione, e ciò che in questa parola si definisce nella lettura di Wigley, al meglio descrive Muntadas nel suo carattere di networker, nella sua propensione ad estendere i lavori nel tempo, a ‘sospenderli’ nel processo per poi riprenderli e proseguire in una catena di approfondimenti e di continue riconfigurazioni dove artista, e opera sono una cosa sola. Lo spazio, il pubblico, il supporto, il territorio sono tra i complici indispensabili perché questa operazione di ‘interconnessione’ abbia luogo.
Per ogni mostra di Muntadas, la relazione tra opere, spazio e pubblico diventa peculiare, anche e soprattutto se si tratta di una mostra itinerante. Dopo il Museo Artium, la mostra che si è qui ‘raccolta’ in una capillare selezione dei lavori, ciascuno di per sé rappresentativo di momenti chiave della ricerca, ciascuno importante nella relazione con tutto il resto, una architettura di combinazioni semantiche estese, come sempre, anche al territorio.
Accoglie in mostra il suo Attenzione: la percezione richiede partecipazione, un ‘motto’ negli anni tradotto in diverse lingue e restituito al pubblico attraverso supporti diversi: cartelli autostradali, banner, pannelli a parete, adesivi e così via. Le 10 domande di Projects, lungo il corridoio di entrata invitano nelle stanze del piano terra. Sono queste le domande che strutturano lo scheletro della Metodologia del Progetto, attitudine creativa che scandisce ogni lavoro di Muntadas, che sia legato alla didattica, alla realizzazione di un singolo progetto, alla cura di una mostra o di un progetto editoriale. La sua metodologia, e i vari modi in cui prende forma, è lo strumento che apre lo sguardo ad una percezione espansa. Questo sguardo espanso, chiarisce Roberto Pinto nello scritto in catalogo, proviene proprio ‘dalla costante rottura delle convenzioni e delle nostre abitudini’.
E’ questa ampiezza di visione che, nel passaggio dalla pittura all’arte concettuale ha sentito il bisogno di passare attraverso l’esperienza del corpo. Le subsensory experiences, accolgono nella prima sala della mostra. Una serie di video e di materiale di archivio documenta questi esperimenti collettivi dove materiali di uso comune erano esplorati attraverso olfatto, tatto e gusto (coprendo alternativamente occhi e orecchie). La sfera intima di queste azioni, si confronta con la dimensione pubblica dei mercati, delle strade, delle stazioni, del video Mercados, Calles, Estaciones /1973 – 74). Il percorso di mostra prosegue attraverso lavori chiave in una catena di relazioni che trova risposta anche nel pubblico. Tra questi anche gli storici: La Televisión (1980), The Fileroom (1994 – 2011), Mirar, Ver, Percibir (2009), Palabras, Palabras… (2017), Media Stadium (1992 – 2004).
La mostra si estende alle biblioteche di storia dell’arte del DAMS e della Fondazione Federico Zeri dove sono esposti materiali relativi a tre progetti che appartengono alla ricerca più recente di Muntadas: Asian Protocols (2011 – 18) legato ai protocolli che governano i comportamenti nello spazio pubblico e privato On Translation the construction of Fear (2008 – 2013) costruzione individuale e collettiva della paura e About Academia I e II, relativi ai processi di funzionamento delle istituzioni educative attraverso i suoi protagonisti, inclusi gli studenti.
Il libro catalogo è questa volta pubblicato da Corraini, casa editrice storica legata al territorio Bolognese e conosciuta per le sue edizioni di artisti visionari come Bruno Munari. Qui altre opere sono messe in relazione con quelle in mostra attraverso la voce di professionisti, anche loro parte del suo percorso creativo nel tempo. Il testo di Gabriel Villota Toyos aggiunge po, per la prima volta, una lettura tutta dedicata al ruolo del suono nelle sue installazioni audio-visive.
«Interconnessioni» si conferma una mostra che diventa ancora una volta ‘vitale’, nel suo nascere e rinascere nella relazione tra opere, documenti, spazio, pubblico. Come in ogni altra occasione, la sua estensione editoriale, è opera a sé stante e anello di interconnessione tra la mostra e il tutto.
Antoni Muntadas. Interconnessioni, a cura di Cecilia Guida e Lorenzo Balbi, Museo Mambo, Villa delle Rose, Bologna, 17.01 – 22.02.2020
immagini: (cover 1) Antoni Muntadas, «The File Room», 1994, veduta dalla mostra , Chicago Cultural Center, Chicago, USA, 1994 (2-5) Antoni Muntadas. «Interconnessioni», Istituzione Bologna Musei | Villa delle Rose. Foto:Giorgio Bianchi (6) Antoni Muntadas, «About Academia I», 2011. Veduta dalla mostra , Muntadas: About Academia, The Carpenter Center for the Visual Arts at Harvard University, Cambridge, USA, 2011. Foto: Irina Rozovsky (7) Antoni Muntadas, «La Televisión», 1980. Veduta dalla mostra, Muntadas: Media Landscape, The Addison Gallery, Andover, USA, 1982 (8) Antoni Muntadas, «On Translation: Stand By II», 2006. Veduta dalla mostra, ARCO, Galería Moisés Pérez de Albéniz, Madrid, 2018, Foto: Moises Perez de Albeniz Bergasa