Da tempo Gregorio Samsa preme i tasti dell’arte per costruire un itinerario estetico volto a mostrare e a riscoprire il contenuto autentico della duplicazione. Real / Virtual, titolo di una doppia esposizione (organizzata a Torino nel 2011, in occasione di Artissima 18), di un disegno che si disloca, appunto, tra il reale e quello che reale non è, rappresenta, nel suo percorso, un indice immaginifico in cui i concetti di pluralità (di essere singolari plurali, direbbe Nancy), di alterità, di grammaticalizzazione, divisione e moltiplicazione dell’io, di spostamento e di slittamento della comunicazione, di condivisione, di multiculturalismo e di apparente perdita (o declino) autoriale, spingono la riflessione sulla passione di ritrovare il grumo originario della creatività umana. Di ripetere due volte le orme dell’arte in spazi differenti per imprimere al progetto una bipolarità ambientale, una dislocazione comunicante che passa dal reale al significativo, dal materiale allo spirituale.
A questo scopo Gregorio Samsa ha escogitato, nell’ultimo triennio, uno schema che si affida alla maschera, al simbolo, alla finzione, alla cerimonia confidenziale dello specchio per dar luogo ad una serie di duplicazioni – «l’uomo è un animale immaginativo che si duplica, che elabora dei doppi, di cui l’invenzione e l’uso dello specchio costituisce la manifestazione sensibile già a livello di utensile» ha suggerito Alberto Boatto – utili a oggettualizzare il proprio corpo, le proprie idee, la propria identità. Ma anche a generare bagliori, comparse, epifanie che si perdono e si consumano in un brevissimo lasso temporale. Le sue mostre si pongono, difatti, come avvenimenti esemplari, come prestazioni occasionali, come apparizioni la cui durata (da uno a tre giorni) commina, essa stessa, un clima illusorio, un miraggio raggiungibile tramite lo spostamento fisico, la ricerca dei luoghi, la visione diretta (o indiretta) delle cose. Hungry Ghost e 1+1=1 progettate per Roma seguono questo sentiero riflessivo per invitare lo spettatore a partecipare ad un nuovo piano duale che divarica lo spazio dell’allestimento per espandersi, ampliarsi in due spazi non deputati. In due ambienti cittadini trasversali rispetto al circuito dell’arte, centrali rispetto alla vita della comunità.
È ancora una volta «Eric» ad essere, per Gregorio Samsa, il ponte, la lenta passerella (Heidegger) che plasma un rapporto tra l’interno e l’esterno, tra il chiuso e l’aperto, tra il dentro e il fuori, tra l’idea dell’artista e la sua messa in forma. Perché «Eric» è esso stesso la messa in forma dell’idea, è un’opera, un’entità artistica, un prodotto creativo, un oggetto che prende corpo, che si fa spazio nel territorio della vita per mostrare, attraverso la sua materialità, l’ambito immateriale dell’arte, il pensiero proprio di Gregorio Samsa.
In bilico tra la centralizzazione dell’io e la moltiplicazione ossessiva del sé (del petite autre lacaniano, ovvero l’objet a), Hungry Ghost, predisposto in una vetrina (uno spazio gestito abitualmente come laboratorio di pittura e di esposizione), al numero 37 di Via del Governo Vecchio, è un insediamento provvisorio (appena tre giorni d’esposizione) che presenta il totem di «Eric» tra 144 piccole tele – un campionario suggerirebbe Kafka – che raffigurano e trasfigurano l’immagine di «Eric». Accanto a questa installazione, Il Sembiante, titolo di un video estremamente banale e realizzato volutamente a bassa qualità, mostra il pittore al quale sono state commissionate le 144 icone (è un pittore cinese lasciato nell’ombra, senza nome e senza identità) nell’atto del dipingere per manifestare lo sviluppo estetico, l’esperienza creativa in tutta la sua flagranza tecnica. Ma Hungry Ghost è anche, e soprattutto, un’atmosfera che invita lo spettatore a riflettere sul concetto di fruizione per avanzare una discussione sul processo di spettacolarizzazione degli individui e della società, sulla vetrinizzazione dell’arte d’oggi. Ostacolo e barriera rispetto all’insediamento estetico, la lastra di vetro impone infatti allo spettatore uno sguardo esterno per spronare l’individuo ad uscire da una ridda che definisce lo sfruttamento integrale di corpi, cervelli ed emozioni.
Organizzata in un vecchio cinema in disuso (l’ex Cinema America, al numero 6 di via Natale del Grande), 1+1=1, secondo momento del progetto segnato dalla brevità di un solo giorno, presenta, dal canto suo, una ulteriore riflessione sul tema della vetrinizzazione che declina, questa volta, nella giunchiglia, nell’alienazione, nella dissociazione, nella solitudine nell’uomo contemporaneo.
In stretto dialogo con Hungry Ghost, 1+1=1 («il titolo fa riferimento ad un aforisma di Tonino Guerra citato nel film Nostalghia di Tarkovskij di cui Guerra era lo sceneggiatore»), è un video in cui «Eric» appare interpretato da un performer le cui pose esprimono una rilettura temporale dei sette ritratti ad olio esposti a Torino in Real / Virtual. Inserito in una grande installazione composta da un tappeto di lana con tre fori – uno circolare, uno quadrato e uno rettangolare – sormontati da due forme geometriche solide e da un disco in plexiglas nero che palesano tutto quello che manca nella grande proiezione montata alle spalle dell’installazione, 1+1=1 sottopone così il pubblico ad un’immersione totale nello spettacolo delle vanità attraverso una messa in scena che, tra rappresentazione e spettacolo, genera un’atmosfera metafisica (l’installazione contiene, al suo interno, finanche i materiali utilizzati per costruire il set cinematografico) che porta ad interrogarsi sull’apparenza delle cose, sulle ombre e le sembianze della rappresentazione narcisistica attuale, sugli aspetti nascosti dell’arte e della vita.
Gregorio Samsa. Hungry Ghost (a cura di Antonello Tolve), finestra su strada, Via del Governo Vecchio, 37, Roma, 29.11-1.12.2013
A. Boatto, Ghenos Eros Thanatos, Edizioni Galleria de’ Foscherati, Bologna 1974, p. 8. F. Kafka, Die Verwandlung, Kurt Wolff Verlag, Leipzig 1915. V. Codeluppi, La vetrinizzazione sociale. Il processo di spettacolarizzazione degli individui e della società, Bollati Boringhieri, Torino 2007 e Id., Tutti divi. Vivere in vetrina, Laterza, Roma-Bari 2007. Questo testo critico è stato scritto ed è apparso in occasione del doppio solo show, Gregorio Samsa, 1+1, 27 novembre 2013, Cinema America (Via Natale del Grande, 6, Roma) e Hungry Ghost, 29.11 – 1.12.2013, Vetrina su strada (Via del Governo Vecchio, 37, Roma)