La forte impronta tecnologica della prima edizione di DIGITALIVE 18, sezione del Romaeuropa Festival dedicata all’incontro tra le arti performative e le nuove tecnologie , a curata da Federica Patti, ha offerto un terreno fertile per sperimentazioni inedite che testano i limiti degli universi non-umani, virtuali, robotici e digitali.
Con il progetto BACKSTAGE /ONSTAGE, realizzato da una sinergia tra Accademia di Belle Arti di Roma, Romaeuropa Festival e Arshake, alcuni studenti di Arti Multimediali e di Scenografia hanno lavorato a stretto contatto con gli artisti, partecipando all’allestimento delle opere e seguendone la messa in opera. Sono loro qui a lasciare una testimonianza della loro esperienza, chiudendo il progetto che prelude al prolungamento della memoria di questo evento sulla pagina dedicata di Arshake, attraverso la voce dei protagonisti, artisti e spettatori e nella formula di articoli multimediali contenenti testi, video e fotografie. Parlano ora gli autori del progetto per raccontare dell’esperienza nel backstage di uno dei più importanti Festival al Roma e in Europa.
BACKSTAGE / ONSTAGE : Valeriana tu hai seguito il progetto fin dall’inizio. Ci puoi raccontare come è nato e come si è sviluppato?
Valeriana Berchicci: Quando, circa un anno fa, mi trovavo con Maria Cristina Reggio a ragionare sulle attività proposte dal Romaeuropa Festival 2018, e lei ebbe l’idea di coinvolgere in un tirocinio ai nostri studenti nell’ambito del Festival, non avevamo la minima idea che avremmo creato un progetto editoriale.
Si trattava di un’esperienza sul campo: gli studenti di Scenografia e di Arti Multimediali dovevano contribuire all’allestimento delle performance multimediali di DIGITALIVE. Gli studenti di Grafica Editoriale e di Fotografia e Video e il team di Comunicazione e Didattica per l’Arte dovevano creare delle schede da mettere a disposizione del pubblico.
Lavorando a fianco dei tecnici audio e video del team del RomaEuropa, hanno potuto conoscere le tecnologie utilizzate da artisti impegnati nell’area di contaminazione tra scienze, media, e arti performative. Questa esperienza e bagaglio di conoscenze sono stati, poi, elaborati traslati nel progetto editoriale realizzato per Arshake, esteso a diverse piattaforme di « social», tra cui gli studenti stessi hanno avviato il canale INSTAGRAM, e contenuto nella versione integrale che potete visitare in quest’area della piattaforma.
Il procedimento messo in atto da questa operazione mi fa pensare pensare alla teoria sociologica introddata da Jan van Dijk e ripresa dal catalano Manuel Castells nel suo libro del 1996 « The Rise of the Network Society “. «Le reti costituiscono la nuova morfologia sociale delle nostre società […].la definizione, se desideri, in termini concreti, di una società delle reti, è quella di una società dove le strutture sociali chiave e le attività sono organizzate intorno a reti di informazione elaborate elettronicamente. Quindi non si tratta solo di reti o reti sociali, perché le reti sociali sono state da tempo forme molto antiche di organizzazione sociale. Si tratta di reti sociali che elaborano e gestiscono l’informazione e che usano tecnologie basate sulla micro-elettronica».
Un ringraziamento speciale va all’artista e didatta Antoni Muntadas, perché in virtù dell’utilizzo della sua Metodologia del progetto, ogni singolo studente, nei suoi diversi contesti operativi, è riuscito ha sviluppare un lavoro completo, articolato su domande semplici “Chi? Cosa & Come? Perché? Dove? Quando?” E il fruitore, il lettore curioso può scoprirlo in tutti i contenuti presenti (video, foto, testi, interviste etc.) all’interno del progetto BACKSTAGE/ON STAGE della piattaforma online.
Vista la tipologia ibrida di molte performance della rassegna, come si sono integrati, nella vostra esperienza , l’aspetto virtuale- multimediale e lo spazio scenico reale ?
Aleandro Sinatra: L’aspetto multimediale è stato sempre predominante in diverse forme, sia nella sperimentazione artistica e tecnica, sia nella nostra documentazione che ha seguito le diverse fasi di allestimento, moltiplicandosi nei diversi media.
Giacomo Zaccaron: Per quanto riguarda la scenografia dell’opera di Kamilia Kard, l’artista con cui ho collaborato, ci si trovava in uno spazio reale, pressoché trasparente, allestito in maniera surrealista e minimale, a cui si è sovrapposto un impianto scenico virtuale che costruiva un’opera a due dimensioni.
Karen Ortega: Ho collaborato soprattutto con Quiet Ensemble e The Cool Couple. Dato che i Quiet Ensemble avevano scritto il software prima dell’evento, con movimenti luci e suono previamente stabiliti, noi studenti abbiamo contribuito principalmente ad allestire e controllare le luci e i cavi che erano sul palco, sulla base dei movimenti pensati dagli artisti.
Per The Cool Couple, invece, dove la performance consisteva in una meditazione guidata, la scena in cui ci si muoveva era molto minimale. L’accoglienza, a cui abbiamo contribuito, è stata una componente importante del lavoro e, in fondo, anche dell’impianto spaziale della performance.
La vostra presenza era prevista anche durante tutto il periodo di esposizione. Quale curosità ci potete raccontare nell’incontro del pubblico con l’opera VR ?
Giacomo Zaccaron: Ho visto persone che interagivano camminando nello spazio pensando di potersi muoversi davvero, anche quando a comandare gli spostamenti dello spazio che osservavano nel visore era solo un joystick che tenevano nelle loro mani. Le persone sembravano intrappolate nelle sculture che vedevano dello spazio virtuale e perdevano l’orientamento, ma rimanevano comunque affascinate dallo spazio monocromatico imbandito con figure e paesaggi virtuali di vario genere, e non riuscivano a distaccarsi da questa esperienza visiva e fisica. .
Aleandro Sinatra : Gli spettatori diventavano inconsapevolmente dei performer.
L’opera Dökk dei fuse* richiedeva un montaggio particolarmente complesso per il numero di schermi, proiettori e sensori impiegati nella performance. Potete dirci di più di questo allestimento?
Dalila Pardini : e’ stato Interessante, scoprire come sulla scena di una performance così spettacolare ci fossero così pochi elementi , ovvero un semplice Tulle affiancato da due proiettori laterali, posizionati davanti all’artista che eseguiva le sue coreografie volteggiando nello spazio grazie alla sua imbracatura sostenuta alla ‘graticcia’.
Avete costruito prima e durante DIGITALIVE una narrazione completa della rassegna e dei suoi partecipanti. Secondo la vostra esperienza con i social, cosa aggiunge la presenza nel backstage e come contribuisce alla vostra narrazione?
Leandra e Beatrice : Il nostro compito è stato quello di rendere visibile al mondo di Instagram i lavori degli studenti di Fotografia e Video dell’Accademia, ma anche il risultato delle interviste fatte dalle altre ragazze addette alle Comunicazioni. Questa esperienza è servita ad entrambe per capire cosa significa lavorare in gruppo e fare parte del mondo di operatori di un festival importante come Romaeuropa.
È stato particolarmente interessante muoverci nel backstage e condividere momenti clou delle prove o degli allestimenti. Questo ci ha permesso di dare una visione comprensiva delle opere, rivelandone alcune peculiarità che da un lato incuriosiscono e dall’altro aprono nuove chiavi di lettura al pubblico. L’incontro con gli artisti ci ha fornito non solo una linea narrativa visiva, ma anche la possibilità di esplorare e di presentare le opere con una visione più ampia.
Poichè I Social sono portatori di un messaggio molto immediato e poco istituzionale, ci siamo sentite come un ponte tra il pubblico e gli artisti, un po’ come se facessimo da tramite tra di loro, oltrepassando il muro che spesso li divide.
Questo articolo completa la sezione speciale che Arshake dedica a BACKSTAGE / ONSTAGE, il progetto che ha portato 24 studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma dietro le quinte del DIGITALIVE18, nuovo format dedicato all’arte digitale curato da Federica Patti e parte del Romaeuropa Festival. Gli articoli, pubblicati con cadenza settimanale, hanno costruito la memoria delle opere e degli artisti che sono stati presenti, catturando i momenti salienti della ‘vitalità’ dei lavori performativi, ma anche dei loro protagonisti. Potete visitare qui l’intera sezione del progetto, e qui tutti i crediti.