Chiara Mu è un’artista performativa estrema, se così si può descrivere un modo di operare che non fuoriesce dalla dimensione effimera, che teme di tradirla con la produzione di multipli: video fotografie o altro che esuli da scopi puramente documentativi.
Le sue performance prendono forma attraverso una modalita’ relazionale che coinvolge i visitatori con tutti i sensi, con un impatto emotivo molto forte che ricolloca letteralmente la percezione del corpo nello spazio spesso attraverso l’instaurarsi di un rapporto uno-ad – uno, anche nel mezzo di situazioni affollate. Sono performance che, se vissute, inevitabilmente inducono un cambiamento, una prospettiva diversa, mettono in discussione i punti cardine, costringono a riformularli partendo da uno stravolgimento interiore da cui riconnettersi e riformulare la realtà più prossima, quella che pensiamo essere indiscutibilmente oggettiva.
«Le sue performance – così puntualizzava il critico d’arte Pietro Gaglianò in un’intervista a tre pubblicata su Arshake lo scorso anno – mantengono una dimensione simbolica e aprono percorsi di visione e di conoscenza autonomi rispetto alla sua argomentazione».
Ora Chiara Mu, presentata da Daniela Trincia, ha accettato la sfida del Sound Corner uno spazio per opere sonore diretto da Anna Cestelli Guidi. Ritagliato nel foyeur dell’Auditorium di Roma, luogo prestigioso di incontro tra musica e arti performative, ad oggi, ha ospitato numerosi artisti Italiani e internazionali.
Ci interroghiamo su come Chiara Mu possa tradurre la forza della sua presenza performativa con un lavoro sonoro. Ancora una volta ci coglie di sorpresa, e ci deglutisce in un’altra dimensione, o meglio in più dimensioni, quelle che hanno attraversato un «non luogo» da lei frequentato: la stazione di Liverpool a Londra, dove ha abitato per diversi anni. Il suono installato nello spazio è infatti la registrazione ambientale della stazione in questione, catturata dall’artista stessa il 14 dicembre 2015. I suoni scandiscono il profilo del quotidiano della stazione inglese e diventano lo sfondo di un racconto autobiografico dislocato nel tempo, diviso attraverso dieci episodi significativi. Qui si sono mescolate le esperienze dell’artista con quelle che la combinazione del racconto con il suono ha suscitato in ciascuno dei presenti. Anche in questa occasione Chiara Mu è riuscita a creare un’atmosfera intima creando un sottile gioco di slittamento dello spettatore da voyeur a partecipe. Uno alla volta siamo stati invitati a chiederle che giorno fosse oggi. Nel rispondere ha costruito una situazione di intimità attraverso il contatto visivo. I racconti hanno riportato Chiara Mu indietro nel tempo quasi in uno stato di transfert, ogni volta in un frangente temporale e in una situazione diversa, sempre scandita dalle sue attese alla stazione londinese.
Nell’intento di «ricostruire un percorso emozionale sui concetti di perdita e ridefinizione di radici, dislocamento e collocazione», Chiara Mu è riuscita a toccare le corde emotive, a ricollocare i visitatori in un luogo in between tra l’emozione dei suoi racconti e quella ravvivata nella memoria dei presenti.
Attraversare il foyeur dell’auditorium e sostando per qualche minuto nel sound corner potrà significare abitare uno sfondo scenografico in cui ambientare memorie personali. Per chi ha vissuto il tempo della performance significherà rivivere quel mescolarsi di vissuto personale con la partecipazione (e a volte commozione) di quello dell’artista, in un vero e proprio displacement, lo stesso che si crea nelle attese in luoghi di transito.
Chiara Mu, Dis-placement: 3.30 p.m., 2015, 30’22”sound corner, Auditorium, Roma, fino al 20.12.2016
immagini (cover 1) Chiara Mu, « Stigma», 2012, performance nell’ambito della mostra collettiva: “Con i tuoi occhi”, Comune di Milano, a cura di Francesca Guerisoli, Colonne di san Lorenzo, Milano Italia (2) Sound Corner, Auditorium Roma