Da quando ha cominciato a scattare fotografie, e fino alla sua prematura scomparsa, Marina Malabotti (Roma, 1947-1988) non ha smesso di dare la voce a volti, a atmosfere o a scene d’un nostalgico e disarmante meridione d’Italia che, a ben vedere, è quello più genuino, più puro, più sofferto e autenticamente sincero di un sistema meridionale le cui «chiavi di volta», a detta di Gramsci, sono Giustino Fortunato e Benedetto Croce: «le due più grandi figure della reazione italiana».
A questa donna, il cui sguardo e il cui operato è stato un po’ trascurato dalla disattenzione del tempo, La Galleria Nazionale ha dedicato, di recente, un ampio progetto espositivo (a cura di Giacomo Daniele Fragapane) in cui sono stati presentati i nuclei più vivaci di una ricerca dedita all’arte e alla storia sociale del Mezzogiorno.
Nelle circa 170 immagini presentate al pubblico fino allo scorso 31 marzo, si è potuto ammirare (e per la prima volta) non solo un progetto incompiuto del 1981 dedicato proprio alla Galleria Nazionale – Un anno in Galleria: etnografia di uno spazio artistico – dove si stavano preparando le danze della mostra Arte e Critica (29 luglio / 4 ottobre 1981 – il catalogo, a cura di Ida Panicelli, era uscito per i tipi De Luca) e tra le cui fotografie troviamo i ritratti di Gillo Dorfles, di Fiorella Rizzo, di Filiberto Menna, di Lyotard o di un giovanissimo Giulio Paolini accanto all’allora Soprintendente Giorgio De Marchis, ma anche immagini che entrano nel quadro di una visione e di una prospettiva che pone l’accento sulla vita di sempre: sugli anni, sui mesi, sui giorni, sulle ore delle persone comuni.
Un ventaglio di scatti tratti dalla serie Il futuro delle bambine (1981) o dalla serie La condizione femminile e infantile in Calabria: un matrimonio (1975) o ancora dalla serie Imago mortis (1976-1981) e da quel reportage dedicato a Melissa, un’indagine di comunità (1975-1978), come pure ai Paesaggi e architetture popolari in Calabria (1978), alle Feste religiose nel Mezzogiorno d’Italia (1984) e alle Metamorfosi del tempo (1984) raccontano infatti i fatti della vita vera, dove la cultura delle classi subalterne (con tutte le sue allucinazioni, i suoi simboli e le sue ritualità) è colta nella sua pungente flagranza: quasi con il desiderio di dare voce agli ultimi, di smarcarli dall’ombra silenziosa che inghiotte i loro occhi, la loro condizione quotidiana.
immagini: (cover 1) Marina Malabotti, Francesco Faeta. Fonte: Galleria Nazionale (2) Marina Malabotti, Feste religiose nel mezzogiorno d’Italia. Settimana santa: i vattjeni (3) Marina Malabotti – Dalla serie: Il futuro delle bambine, 1981 (4) Maria Malabotti – Allestimento per la mostra dedicata a G. De Chirico, anni-80.