L’opera e la visione di Donato Piccolo arrivano negli spazi della Fondazione Pomodoro con Imprévisible, a cura di Flavio Arensi, pensata come prima tappa di una mostra in tre atti.
L’auto-mobile, un’immagine ricorrente nel lavoro di Donato Piccolo, in particolare nei suoi primi tempi di ricerca, torna qui rovesciata, ‘re-incarnata’ nelle sembianze di un insetto kafkiano dotato di sei braccia robotiche che ne disegnano il profilo. Sono due tartarughe all’interno di una teca di vetro a dare l’input del movimento di questo essere mostruoso, mediato da un algoritmo. Sono loro, lente e sagge, che attivano il movimento di questo essere di proporzioni gigantesche.
L’Intelligenza Artificiale anima la scatola di cartone di Anna non porta rancore e la rende in grado di camminare intorno alla sala e di osservare, di intraprendere quello stesso processo di conoscenza che il protagonista delle Metamorfosi di Kafka, Gregor Samsa, intraprendeva nella sua nuova vita ‘animale’.
Donato Piccolo, che si è sempre mosso nell’ambito creativo in un processo di conoscenza, cerca di osservare la sua ‘stanza terrestre’ sperimentando, attivando circuiti, riflettendo attraverso il disegno, come i lavori su carta che accompagnano le opere in mostra.
Nella sua indagine tra natura e artificio, l’attenzione si posa sulla coscienza dell’uomo, sul suo slittamento verso intelligenze sintetiche, su ciò che la società contemporanea sta acquisendo, su ciò che sta sottraendo all’uomo, sulla strada di essere completamente rovesciato dal suo ruolo dominante. L’ intelligenza dell’uomo è delegata alla macchina che non contempla emozioni, che ‘non porta rancore’.
“Qui siamo di fronte a qualcosa che processa le informazioni, – precisa Flavio Arensi nel suo saggio critico – le stocca e le modifica secondo un calcolo matematico preciso, senza la distrazione emotiva che fa dipendere tutte le nostre decisioni. Censurare i sentimenti significa abdicare dalla specificità che ci appartiene, quella che per intendere segna l’intero cammino dell’individuo”.
Poi c’è l’esperienza conoscitiva degli algoritmi, la stessa che ha fornito a Norbert Wiener lo spunto per introdurre, in occasione di un convegno a Princeton nel 1945, e poco prima di aver fondato la cibernetica, i termini: feedback, input e output, entrati nel linguaggio comune e sempre più utilizzati nell’ambito di intelligenza artificiale. All’epoca Wiener fondava una scienza che studiava il funzionamento delle macchine prendendo come modello il sistema nervoso dell’uomo e del cervello. C’è da ricodare che dopo la fine della Guerra prende le distanze da queste ricerche anticipandone i pericoli per l’umanità. C’è da considerare, poi, che il funzionamento neuronale, oggi, è incisivamente condizionato dalla macchina.
Ecco che nelle ri-attribuzioni di ciò che è naturale da ciò che non lo è, dobbiamo includere anche la specie umana, quella che Harari racconta aver superato l’era Sapiens lasciando il passo all’Homus Deus, uomo immortale, eternamente felice, l’uomo che acquista un ruolo solo nel momento in cui favorisce e serve il dispositivo algoritmico.
La ricerca dell’invisibile che spinge la curiosità creativa di Donato Piccolo si unisce all’ imprevedibile una crasi che calza perfettamente nel termine francese imprévisible che titola la mostra.Navigando in territori sconosciuti e scoprendo nuove realtà emergenti, il linguaggio diventa strumento sempre più importante.
La vita del cartone, ulteriormente umanizzato nel nome di Ana gira nella stanza, osserva e impara, mentre la macchina-insetto agisce nel controllo di input ibridi. Se una nuova coscienza riempirà gli involucri vuoti della macchina e del cartone, questo è ‘imprevedibile’. E’ più facile che la parola ‘rancore’ si distacchi dal significato emotivo e lasci il posto ad altro ancora tutto da scoprire.
«Donato Piccolo. Imprévisible», curated by Flavio Arensi
Fondazione Pomodoro, Project Room #7, Milano11.04 – 25.05.2018
Donato Piccolo. Imprévisible è primo di tre atti della Stanza di Proust, a cura di Flavio Arensi è concepito come “pretesto per guardare gli accadimenti della società e dell’uomo attraverso i suoni, le assenze e le presenze, del passato come del futuro”.
(Cover 1) Donato Piccolo, «UNNATURALIS», 2018, photo: Carlos Tettamanzi (2) Donato Piccolo, «Anna non porta rancore», 2018, dettaglio, photo: Carlos Tettamanzi (3) Donato Piccolo, «Anna non porta rancore», 2018, dettaglio, photo: Carlos Tettamanzi (4) «Donato Piccolo. Imprévisible», exhibition view, Fondazione Pomodoro, Milan, 2018(5) Donato Piccolo, «Shine», drawing, photo: Carlos Tettamanzi