Tra XIX e XX secolo il rapporto controverso instauratosi tra le tendenze artistiche d’avanguardia e i musei e saloni ufficiali, rappresentanti e difensori dello status quo accademico, ha indotto gli artisti a ricercare situazioni e momenti alternativi a quelli stabiliti dal sistema dell’arte. L’opposizione all’establishment da parte dei movimenti d’avanguardia si acutizza negli anni ’60. All’interno di tale panorama, il video entra nel mondo dell’arte, sia a livello teorico sia a livello pratico. Progressivamente il mercato, le gallerie e i musei s’interessano al fenomeno della video arte contribuendo, gradualmente, al suo riconoscimento da parte di pubblico e istituzioni. Il rapporto tra video arte e istituzioni culturali ha subito un cambiamento considerevole dalla fine degli anni ’60 ad oggi e attualmente sempre più musei d’arte contemporanea, non necessariamente specializzati in arti elettroniche o new media, dedicano parte della propria programmazione a video artisti sia all’interno di collettive sia allestendo mostre personali.
Negli Stati Uniti la video arte si è affermata ben presto all’interno del circuito dell’arte e conoscendo un’ampia diffusione; sono, infatti, numerose le opere video presenti in musei, gallerie e fondazioni statunitensi che finanziano la loro produzione. Tra le istituzione americane rivelatesi pionieristiche in tale ambito spetta un ruolo di primo piano all’Electronic Arts Intermix (EAI) con sede a New York. L’EAI è stato fondato nel 1971 da Howard Wise, figura emblematica di una stagione culturale estremamente ricca di sperimentazioni, che ha fatto della propria galleria newyorkese un punto di incontro delle ricerche tra arte e tecnologia promuovendo mostre di straordinarie importanza come Tv as a creative medium del ’69 con interventi passati alla storia quali Tv bra for living sculpture di N. J. Paik e C. Moorman e Wipe Cycle di Frank Gillette e Ira Schneider.
L’EAI rappresenta una delle fondamentali risorse non profit per la video arte e i media interattivi e vanta una collezione di 3.500 video che spazia dalla metà degli anni ’60 ad oggi e include opere di artisti come Marina Abramovich, Vito Acconci, VALIE EXPORT, Merce Cunningham, Paul McCarthy, Ana Mendieta, Bruce Nauman, Nam June Paik, Raymond Pettibon, Steina e Woody Vasulka, solo per citarne alcuni. L’EAI non è solo un contenitore d’eccezione dotato di sale per la fruizione dei video ma un centro all’avanguardia per la valorizzazione e la promozione della video arte e dell’arte digitale, specializzato nella distribuzione e nella preservazione delle opere. Attivo dal 1973, l’Archivio è, infatti, il più antico distributore al mondo di opere video, destinate a curatori di mostre e musei. In questi anni, inoltre, l’EAI ha promosso un gran numero di mostre, performance, laboratori e incontri, volti a favorire il dialogo tra gli artisti e il pubblico. Dal 1986, attraverso l’EAI Preservation Program, il centro ha sviluppato preziose competenze nella conservazione e nel restauro di opere di video arte affermandosi come punto di riferimento per musei e istituti culturali attivi in tale settore e, ovviamente, per gli appassionati.
Immagini
(1 cover e 2) Vito Acconci, «Theme Song», 1973,courtesy EAI – Electronic Arts Intermix (EAI), New York