Paolo Cirio, artista poliedrico e ormai noto sulla scena internazionale per la sua indole attivista, è ora impegnato come curatore in un progetto corale che, attraverso un saggio e il lavoro di una varietà di artisti accende i riflettori su modalità di riproduzione del reale che coincidono con nuovi approcci estetici. Indagine investigativa e documentaria della realtà e impiego di tecniche e linguaggi dell’arte per formalizzarne i risultati sono al cuore di questo approccio, non nuovo ma nuovamente isolato e definitivo. Questo l’ingresso all’Evidentiary Realism di Paolo Cirio che titola anche la mostra, ora in corso alla NOME Gallery di Berlino, co-prodotta con la Friedman Gallery che l’ha presentata nel febbraio – marzo 2017.
La riproduzione del reale, tradizionalmente intesa, è estesa alla considerazione del contesto, degli apparati strutturali dove ‘spingere il confine di ciò che può essere reso visibile al di là dello sguardo’. I lavori selezionati, di artisti riconosciuti ed emergenti, sono esemplari di questo nuovo realismo. Ciascuno presenta modi e strumenti diversi per rivestire l’evidenza in un forma estetica e farla riemergere dal dimensione invisibile dove l’occhio assuefatto l’aveva lasciata. Evidentiary Realism parte dal lavoro di Hans Haacke, Mark Lombardi, and Harun Farocki, pionieri sperimentatori nella ricerca di soluzioni formali per decodificare sistemi complessi.
The Chase Advatage (1976), opera chiave di Hans Haacke in questo ambito, composizione di foto, grafica e citazioni, svela i giochi di potere della Chase Manhattan Corporation e il suo intreccio con la figura di Rockfeller. In questo caso la combinazione di appropriazioni di loghi e statement diventano linguaggio artistico e strumento per semplificare il funzionamento del potere nella simultaneità di alcune azioni e iniziative.
Con Mary Carter Resorts Study (1994) Mark Lombardi, conosciuto per le sue opere diagrammatiche, costruisce l’evidenza della relazione tra crimine organizzato, politica e intelligence, attraverso la mappatura delle interconnessioni del potere globale, partendo dal caso specifico del Mary Carter Resort alle Bahamas.
I Thouht I was seeing Convicts (2000) del regista, artista e curatore (scomparso nel 2014) Harun Farocki utilizza le camere di sorveglianza della prigione per denunciarne gli abusi attraverso un canale, quello della ripresa in tempo reale, quanto più diretto all’evidenza dei fatti.
Mengele’s Skull (2012), di Thomas Keenan e Eyal Weizman, chiama in gioco un metodo di indagine ancora diverso: l’impiego degli strumenti di analisi scientifica adottati dalle discipline forensi, in questo caso quelle impiegate per l’identificazione del cranio di Josef Mengele, dottore di Auschwitz.
Il giovane James Bridle, attento osservatore della cultura internet e fondatore del termine New Aesthetics, con Seamless Transitions (2015) documenta in 3D la Field House, casa della Special Commission Appeals (SIAC) e rivela le architetture’ politiche’ di questa sede di giudizio per le richieste di asilo da parte degli immigrati che si rivela spesso luogo di transizione prima del loro rimpatrio.
In Reconnaissance (2015) Ingrid Burrington impiega la tecnologia satellitare e sovrappone immagini diverse nella simultaneità della tecnica lenticolare per costruire l’evidenza esistenza di alcune strutture di potere celate al pubblico (data centers, siti militari, etc.).
Monsanto Intervention (2013) di Kirsten Stolle utilizza il linguaggio pubblicitario combinando materiale esistente per svelare il potere della comunicazione e offrire evidenza dei danni ecologici di prodotti nocivi come quelli che la compagnia chimica Monsanto ha fatto circolare dal 1940 al 1960.
L’evidenza dei danni climatici è testimoniata, in modo diverso, da Balkin et al. Con A People’s Archive of Sinking and Melting. Pezzi di asfalto, frammenti di ceramica o oggetti di altra natura, fatti inviare attraverso una call pubblica, diventano testimoni diretti degli effetti del cambiamento climatico.
I dati tornano in Information of Note (2014) di Josh Begley. La fotografia è combinata con il data processing per portare in evidenza, nella forma di un interfaccia di un software, usi e abusi della sorveglianza segreta, partendo dai dati estrapolati dalla NYPD Demographics Unit che classifica tutte le attività e gli individui legati alla religione musulmana.
Con Expanding and Remaining (2016) dell’artista visiva Navine G. Khan Dossos il potere di seduzione del linguaggio mediatico è sublimato nell’astrazione dall’info-grafica di una rivista dell’ISIS.
Un approccio ancora diverso, lo troviamo nella serie di Camouflages (2013) dell’artista inglese Suzanne Treister. Disegni ad acquerello si sovrappongono con alcune parti di documenti ripresi della Dipartimento della Difesa Americano, oscurandone i contenuti. In mostra anche The Other Nefertiti (2015) di Nora Al-Badri & Jan Nikolai Nelles, che con la loro riproduzione (abusiva) in 3D del busto di Nefertiti chiamano in gioco le questioni relative alla proprietà intellettuale dei reperti archeologici rispetto alla loro nazionalità di appartenenza.
Una mostra con tanti spunti per ragionare sulla nuova natura della realtà, tanto più opaca quanto più visibile, e sulle (conseguenti) nuove direzioni per riprodurla nella sua natura sistemica. I lavori in mostra portano così l’evidenza dell’esistenza di un nuovo approccio estetico di tipo investigativo che Paolo Cirio ha battezzato: evidentiary realism.
Evidentiary Realism, a cura di Paolo Cirio, 02.12 – 17.02.2018, NOME Gallery, Berlin
immagini: (cover 1) Evidentiary Realism, Banner (2-3) «Evidentiary realism», NOME Gallery, exhibition view (4-12) Mark Lombardi, «Mary Carter Resorts Study», 1994 (5) Harun Farocki, «I Thought I Was Seeing Convicts», 2000. (6) Thomas Keenan e Eyal Weizman, «Mengele’s Skull», 2012 (7) James Bridle, «Seamless Transitions», 2015 (7) Ingrid Burrington, «Reconnaissance », 2015 (8) Kirsten Stolle, «Monsanto Intervention», 2013 (9) Balkin et al. -. A People’s Archive of Sinking and Melting (10) Josh Begley, «Information of Note », 2014 (11) Suzanne Treister, «Camouflage », 2013.