Entrando a far parte del progetto sulla fotografia industriale della Fondazione MAST e modificando il proprio nome in MAST Foundation for Photography Grant on Industry and Work, la nuova edizione della selezione biennale dedicata ai giovani fotografi emergenti – conosciuta fino allo scorso anno come GD4PhotoArt – compie quest’anno un’importante passo in avanti, pur mantenendo invariata l’originaria vocazione alla raccolta di sguardi inediti capaci di descrivere le rapide trasformazioni del mondo dell’industria e il loro impatto ambientale, etico e sociale. In occasione delle sue fasi finali inoltre, gli spazi del MAST ospitano una mostra curata da Urs Stahel e visitabile fino al primo maggio, in cui sono esposti i progetti dei quattro giovani e talentuosi finalisti, scelti per aver sviluppato progetti di grande valore con approcci innovativi e personali.
Attraverso fotografie silenziose, atmosfere congelate, documenti, testi e interviste, Mari Bastashevski opera un lucido atto di denuncia nei confronti delle politiche spregiudicate che hanno contribuito al declino di Flint, città segnata dal dilagare dell’avvelenamento da piombo.
The Desert, di Cristóbal Olivares, condivide con Emergency Managers – questo il titolo del progetto di Mari Bastashevski – lo stesso grido di allarme. In un alternanza di video-interviste, testi ad alto impatto emotivo, paesaggi dall’innaturale equilibrio compositivo e piccole immagini di soggetti ritratti di schiena, il fotografo si propone di raccontare il dramma legato ai fenomeni migratori in atto dalla Repubblica Domenicana al Cile.
Rientra nella sfera della denuncia sociale anche la ricerca di Sara Cwynar, che si serve di nove fotografie e di un video, Colour Factory, per esaminare la produzione industriale del colore e le sue implicazioni con gli standard culturali imposti dalla società contemporanea. Il progetto, che discende negli abissi della mercificazione con rara freschezza visiva, è stato decretato vincitore in ex-aequo con l’imponente mappa dioramica proposta da Sohei Nishino.
Il Po, composto da otto pannelli, ricrea il percorso del più importante fiume italiano in una mappa psico-geografica, in cui l’artista intreccia e sovrappone centinaia di piccole foto, pixel che compongono un’immagine sgranata, una tramatura complessa e ricca di rimandi antropologici, economici, politici, sociali e ambientali.
Quattro sguardi indagatori analizzano così un ambiente industriale mondializzato, per portarne allo scoperto gli ingranaggi e le macchinazioni, con l’obiettivo ultimo di generare negli spettatori una coscienza critica sul quotidiano che, come ha ricordato Umberto Eco, riesce a smontare i «congegni apparentemente innocui e funzionali, per insegnare a non credere»[1].
[1] U. Eco, Il costume di casa. Evidenze e misteri dell’ideologia italiana, Valentino Bompiani, Milano, 1973, p. 6.
«MAST Foundation for photography grant 2018 on industry and work»
mostra dei lavori selezionati, a cura di Urs Stahel, Bologna, 31.01 – 01.05.2018
immagini: (cover 1) Mari Bastashevski – KWA employee (2) Cristobal Olivares – The Desert (3) Mari Bastashevski – Lake, Evart (4) Sarah Cwynar – Ultra Cosmetics. Nail Polish (5) Sohei Nishino – Po