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Home Events

Gli alfabeti di Gianfranco Baruchello al MART di Rovereto

Elena Giulia Rossi by Elena Giulia Rossi
15/09/2018
in Events, exhibitions, News
Gli alfabeti di Gianfranco Baruchello al MART di Rovereto

In corso al MART di Rovereto, la più grande retrospettiva di Gianfranco Baruchello, artista che ha attraversato la storia del Novecento, complice di grandi pensatori della nostra epoca, come Marcel Duchamp, John Cage, Jean-François Lyotard, e Italo Calvino e autore di una grammatica creativa che ha viaggiato, da sempre, contro corrente.

Le opere di Baruchello, circa 300 per lo più inedite, si presentano come micro-mondi, frammenti di una narrazione, racconto di una vita che si dispiega giorno per giorno e che si muove attraverso discipline, materiali, immagine e scrittura. ‘Alfabeti’, così le descrive Carla Subrizi, curatrice della mostra. “Opere come risultato del montaggio di immagini e idee che rispondono alla logica dell’archivio e del libero racconto”. Racconto e archivio sono i binari su cui si muovono le narrazioni di Baruchello, miniaturizzate in tele dagli spazi proporzionalmente immensi con immagini, “(…) suggestioni e appunti ‘finalizzati ad affermare lo spirito di una creazione intenzionalmente leggera e imprevedibile, risultato di una dialettica interiore tra pensiero enciclopedico e anarchia, tra spirito Cartesiano e Duchampiano, un tentativo di raggiungere un compromesso e l’impossibilità di farlo”[1]. Così descriveva i piccoli mondi dell’artista il critico d’arte Achille Bonito Oliva nel testo in catalogo che ha accompagnato la sua grande retrospettiva allo ZKM di Karlsruhe (Germania) nel 2014.

Pitture, installazioni, pionieristiche sperimentazioni cinematografiche, tutte le opere di Baruchello lasciano i visitatori sulla soglia di mondi, dimensioni che si aprono su più fronti e piani percettivi. Lo sguardo lontano intravede micro-cosmi prender forma in spazi che, nel respiro della tela, diventano infiniti. All’occhio chiamato ad avvicinarsi, il contenuto diventa sempre più fuggevole. “Baruchello ci fa basculare continuamente dal frammento alla totalità, secondo un movimento che ha la logica del vivente”[2], così Tommaso Trini esprimeva il sentire della fruizione dei lavori, in occasione di una mostra a Milano negli anni ’70.

Materiali, ma anche supporti di ogni tipo, lo spazio stesso, sono tutti complici di una narrazione che si muove tra mondi e tra opposti, inclusi quello costruttivo e decostruttivo dell’archivio. L’archivio, base di ogni singola opera, si estende nel più ampio lavoro della Fondazione Baruchello dove, dal 1998, sono confluite Artiflex, società fittizia fondata nel 1968 per mimare i modi dell’industria, e Agricola Cornelia S.p.a., azienda agricola fondata nel 1973 per sperimentare la relazione tra arte, agricoltura ed estetica. La Fondazione, oltre al terreno che circonda la sua casa-studio, da qualche tempo si estende ad un’altra sede nel quartiere romano di Monteverde Vecchio, vicino al Granicolo. Qui l’organizzazione di una serie di eventi affianca la ricerca di metodologie di archiviazione.

Il percorso di mostra apre con il Giardino di piante velenose, racconto del rapporto dell’artista con la natura, e chiude con alcuni lavori della sua produzione filmica. Tra queste anche Il grado zero del paesaggio, primo film e «degree zero of the moving image (…)[3]». Oltre alle opere, storiche sono incluse opere realizzate per la mostra al MART: L’archivio di chi guarda, ‘riflessione sugli sguardi collettivi e individuali che provengono dalla storia’, e Le moi fragile, ‘installazione sul rapporto tra sogno, politica e il cinema nella forma di un set contemporaneamente psicoanalitico e cinematografico’, e L’Oblioteca un archivio della dimenticanza costruito in loco con bottiglie sigillate dall’impronta dell’artista, in dialettica con La Grande Biblioteca, collage che racconta del desiderio di accumulazione dell’intelligenza. La mostra, così come ogni singola opera, è da vedere e rivedere, o meglio, da leggere e rileggere, senza dover per forza cercare una via per varcare la soglia  dove l’artista ci ha lasciato in equilibrio precario.


Gianfranco Baruchello, a cura di Carla Subrizi
MART, Rovereto, 19.05 – 16.09.2018 (il 14 settembre, alle 17.00, sarà presentato il catalogo negli spazi del MART)
Gianfranco Baruchello. Doux comme saveur (A partire dal dolce), MATA – Ex Manifattura Tabacchi di Modena, 14.09. – 04.11. 2018 (Sabato 15.09, 15.09: conversazione con l’artista, Carla Subrizi e Gianfranco Maraniello, Modena (in concomitanza con il Festiva di Filosofia)

[1] A.B.Oliva in Baruchello. The Labyrinth, with Bel Canto in Front, and Torture Behind, A. B. Oliva, C. Subrizi, D. Luckow, P. Weibel e H. Falckenberg, «Baruchello. Certain Ideas», p. 14

[2] T. Trini, Introduzione a Baruchello. Traduzione orale e arte popolare in una pittura d’avanguardia, in Gianfranco Baruchello, cat. mostra, galleria Schwarz, Milano 1975, pp. 15-80, ripubblicato in T. Trini «Mezzo secolo di arte intera. Scritti 1964 – 2014», Johan & Levi 2016, p. 142

[3] C. Subrizi, Small Systems, in: A. B. Oliva, C. Subrizi, D. Luckow, P. Weibel e H. Falckenberg, «Ibidem», p. 63


immagini: (cover 1) Gianfranco Baruchello, «Giardino di piante velenose», photo: Mart, Bianca Lampariello (2) Gianfranco Baruchello al MART di Rovereto, exhibition view, photo Bianca-Lampariello (3) Gianfranco Baruchello, «Altopiano dell’incerto», 1965 (4) Gianfranco Baruchello, «L’archivio ci guarda», photo Mart, Carlo Baroni (5) Gianfranco Baruchello, «Il grado zero del paesaggio», e «Marcel Duchamp», installation view, photo Mart, Carlo Baroni(6) Gianfranco Baruchello, «Oblioteca», photo Mart, Bianca Lampariello

 

Tags: arsarshakeGianfranco Baruchellohybridinstallazionelinguaggiomostrascrittura
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