Il 41° appuntamento di Sound Corner all’Auditorium Parco della Musica di Roma – spazio riservato a brani sonori di artisti, con programmazione periodica curata da Anna Cestelli Guidi – è dedicato a un lavoro di Iginio De Luca (nato a Formia e attivo tra Roma e Torino).
Iailat, istallazione sonora presentata da Silvano Manganaro, è realizzata dall’artista attraverso l’elaborazione e trasformazione de Il Canto degli italiani, meglio noto come Inno di Mameli, per un’esperienza di ascolto nuova. Preso da una sua precedente opera, De Luca tratta l’elemento del suono per riproporne una asciutta soluzione creativa. L’Inno nazionale, della versione diretta da Daniel Harding per il Concerto di Capodanno 2010 a La Fenice di Venezia, è lavorato con un programma per raggiungere il livello più efficace di resa d’ascolto e di inganno. Rallentato per l’80% Fratelli d’Italia non è più riconoscibile, la diffusione nell’ambiente aperto tra il foyer della Sala Petrassi e il Teatro Studio Borgna sembra ininterrotta, in loop, senza distinzione tra inizio e fine. L’installazione è una sorta di blitz trasposto in forma musicale, all’interno del luogo per la musica progettato da Renzo Piano. Perché interpretare questo lavoro come un blitz, forma provocatoria a cui l’artista ci ha abituati da almeno dieci anni? Dell’Inno di Mameli non si potrebbe fare nessun uso se non quello istituzionale e formale, di commemorazione e validazione della Nazione. Pertanto utilizzarlo con funzioni non autorizzate è già atto demistificatorio.
Anche nel titolo dell’installazione agisce un capovolgimento per rendere irriconoscibile il nome: nell’unione casuale delle lettere arrivando a Iailat, l’anagramma di Italia. Proprio come aver trasformato completamente un suono noto per ogni italiano, anche il nome della nazione viene distorto per acquisire nuovo senso, anche se privo di significato nella nuova composizione. Si è pertanto ingannati, disorientati nell’avvicinarsi all’ascolto dell’opera. Cosa può riportare al ritmo conosciuto e all’immagine della parola ciò che da tempo, nella realtà del Paese, sembra avere un altro ordine? Cosa è rimasto dell’Inno, dell’Italia, alla vigilia delle elezioni politiche, delle caratteristiche validanti di un vessillo patriottico inalienabile?
L’installazione sonora immerge in uno stato che rimette altre condizioni di ascolto, su una traccia che si percepisce come completamente nuova. Nel rallentamento del brano musicale si crea un’altra melodia, piena di spunti riflessivi, ricca di spazi con immagini mentali fluide e diversificate. Il nuovo sorprende e sposta le certezze basilari del vissuto, del processo percettivo nella forma inaspettata. Per alcuni tratti si ritrova quasi il suono della risacca del mare, nel ritmo costante, come in un perenne ritorno. In altri brani, di segno più deciso e forte, si trovano immagini diverse, come si può avere un rimando a sequenze del film Alien (1979) di Ridley Scott, quando il mostro si muove e incede minaccioso.
E così, il lavoro di De Luca nello spazio dedicato al suono, nei giorni precedenti e successivi alle elezioni politiche, conferma, in un’asserzione lenta e fluida, il rivedere il sistema nel suo complesso, in modi e stati non soliti; per destare il pensiero e cercare di porre l’attenzione su qualcosa di statico e perennemente noto. Lo stravolgimento di flusso e durata dell’Inno coincide anche con la sua ufficiale validazione, per essere stato istituzionalizzato dalla commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, dopo oltre settantacinque anni di utilizzo provvisorio: nessuna legge prima aveva sancito in via definitiva “Fratelli d’Italia” come Inno nazionale.