Quattro nuove importanti acquisizioni per lo Smithsonian American Art Museum di Washington, punto di riferimento, tra i più importanti negli Stati Uniti e nel mondo, scandisce le tappe di un impegno sempre crescente dell’istituzione verso l’arte mediale. Colorful Inside Jobs di John Baldessari, all’epoca della sua creazione, 1977, è un film a colori girato originariamente in 16mm e poi trasferito in CD riprende una donna dall’alto che colora una stanza senza finestre con il colori primari e secondari, ognuno per ciascuno dei sei giorni in cui ripete la performance. Monster Movie (Takeshi Murata, 2005) scompone e ricompone per trenta volte al secondo tutti i singoli frame del film “Caveman” (1981), trasformazione psichedelica dal mondo digitale. Il video di Bill Viola The Fall into Paradise (2005) materializza dalla luce i corpi di un uomo e di una donna, incarnazione degli innamorati leggendari Tristano e Isolde, poi restituiti alla dimensione spirituale. Il movimento e la brillantezza delle nuvole sono invece catturati, nell’arco di quattro anni, nel progetto collaborativo Cloud Music (David Behrman, Bob Diamond, and Robert Watts 1974-1979) per essere poi liberati in partiture musicali che vivono in un ambiente interattivo. Tutte queste opere sono accomunate dalla loro natura effimera. Fatta eccezione per il lavoro di Viola, le opere acquisite sono state realizzate in tempi non recentissimi, quando l’impiego della tecnologia in ambito creativo non era poi così scontata né tantomeno istituzionalmente riconosciuta. Una scelta quindi oculata quella di un’istituzione che il ruolo della tecnologia in ambito creativo l’aveva intuita molto avanti nei tempi e in tutte le sue sfaccettature.
Basti ricordare che è stato proprio lo Smithsonian a proporre per primo sistemi di digitalizzazione del proprio patrimonio e a lanciare, nel 1990, la prima mostra on-line “The White Collection of American Crafts”, presentata e prodotta dal National Museum of American Art. Si delineava già un interesse visionario nello sfruttamento delle potenzialità tecnologiche a scopi scientifici, all’epoca attraverso la pubblicazione online di interviste, video approfondimenti dei curatori con spiegazioni inerenti le opere in mostra, fornendo così un vero e proprio ampliamento a sé stante nella componente online.
Alle potenzialità tecnologiche nella diffusione del patrimonio museale si è accompagnato poi l’interesse verso l’arte mediale, interesse che ha segnato la nascita del dipartimento di Film e Media Arts Initiative, gestito dal curatore John G.Hanhardt. Dal 2010, inoltre, una galleria del museo, è interamente dedicata alla media art, dove periodicamente si alternano opere provenienti dalla collezione permanente, come «riconoscimento dell’importanza dell’immagine in movimento nella storia dell’arte del XX secolo fino ad oggi».
L’obsolescenza di queste forme d’arte è alle porte, non appena gli strumenti che le hanno materializzate in opere visive non saranno più leggibili. Alcune istituzioni si rendono conto dell’importanza e dell’urgenza di fermare quanto più possibile nel tempo questi lavori che potrebbero presto sparire dalla nostro campo visivo. Lo Smithsonian è tra questi.
Immagini
1. (cover) The Smithsonian Institute of American Art, Washington
2. online snap shot from the online exhibition’s first page of “The White Collection of American Crafts, 1995. Photo via