La Fondazione Fico, attiva a Torino dal 2007, prosegue la sua attività nei nuovi spazi espositivi del MEF (Museo Ettore Fico) – immaginati e realizzati con l’architetto Alex Cepernich. L’apertura della stagione espositiva ha puntato i riflettori sulla storia dell’istituzione e del suo ispiratore, Ettore Fico. Ora che il sipario è caduto e la grandiosità della struttura è stata rivelata al grande pubblico, le domande in merito si fanno più specifiche e i confronti più stretti. Tra le altre cose, c’è stato così spazio per capire come questo luogo del contemporaneo si pone, in termini curatoriali ma anche di predisposizione dello spazio, di fronte ai linguaggi ibridi del contemporaneo. A rispondere è direttamente il Direttore del MEF, Andrea Busto, un passato da curatore di mostre, prima come direttore del Filatoio di Caraglio, poi di Villa Giulia a Verbania e negli ultimi cinque anni della Fondazione Fico.
Benedetta Bodo di Albaretto: In che modo Il MEF vuole proporsi attraverso le future esposizioni. In altre parole, come vuole essere identificato nel panorama artistico cittadino e oltre confine?
Andrea Busto: Una prima premessa obbligata serve a chiarire le idee a proposito di due diverse entità che convivono ma si occupano di argomenti differenti: La Fondazione e il Museo Ettore Fico. La prima è nata sei anni fa a tutela del fondo Ettore Fico e del suo maestro, Luigi Serralunga, e si è prefissata il compito di preservare e catalogare tutte le opere dei due artisti. Il Museo invece ha inaugurato lo scorso 21 settembre, in occasione dell’anniversario della nascita di Ettore Fico, e si prefigge lo scopo di produrre mostre e eventi culturali che si collochino in un range temporale che spazi dalla fine del XIX secolo fino ai giorni nostri. Non intendiamo guardare solo all’arte in senso classico – pittura e scultura – ma siamo intenzionati a dare spazio a forme espressive che coinvolgano anche design, installazioni, performance etc. Io ho curato mostre fino all’apertura del MEF, ora voglio dedicarmi alla curatela dei curatori, siano essi dediti a progetti messi a punto da noi, sia che questi siano proposti da privati.
Quindi esiste la possibilità per un privato di sottoporre idee e progetti espositivi al MEF?
Assolutamente. Anche un privato può richiedere gli spazi per un suo progetto, se è attinente con la programmazione o interessa in qualche modo il MEF possiamo finanziarlo, supportarlo, ospitarlo. In questo momento la programmazione è stata pianificata fino alla fine del 2015, aspettiamo ad andare oltre per vedere cosa succederà, quali direzioni potremo prendere.
La Fondazione è attiva sul territorio attraverso collaborazioni prestigiose quali il Premio Fico, attivo in concomitanza con Artissima, fiera d’arte torinese giunta con successo alla sua 21° edizione. La Fondazione si propone in futuro di legare il proprio nome a nuove realtà nazionali ed internazionali o l’intento è di potenziare i canali già esistenti, ad oggi per lo più legati al territorio?
Una delle iniziative della Fondazione Fico fin dalla sua nascita, sei anni fa, è stata proprio quella di istituire un Premio da assegnare all’interno di Artissima, con cui è stato istituito un gemellaggio, per supportare i giovani artisti contemporanei. La Fondazione destina 15.000 euro a un giovane selezionato all’interno del circuito di espositori che partecipano alla fiera per contribuire alla crescita e alla formazione degli artisti italiani e internazionali. In generale la Fondazione non si pone limiti, siamo aperti a nuove collaborazioni, però in futuro vorremmo legare il nostro nome anche a realtà straniere, in modo da garantire uno scambio espositivo internazionale e la più ampia visibilità possibile ai giovani vincitori.
É domanda di rito indagare le intenzioni ed attenzioni degli enti impegnati nella promozione delle attività culturali. In occasione di Artissima lo spazio ospiterà il giovane duo piemontese Alis/Filiol.
Esatto. Il coinvolgimento del duo in realtà apre un discorso più ampio in merito alle intenzioni del Museo. Noi vorremmo far vivere il MEF in un modo diverso dal solito, non più legato a un ciclo espositivo che inaugura e chiude per lasciar posto al successivo, bensì creare situazioni di dialogo tra opere ed artisti anche molto diversi tra loro. Ecco perché la mostra di Alis/Filiol si collocherà all’interno dell’esposizione attualmente visitabile, dedicata a Ettore Fico. L’idea è di creare degli ibridi inaspettati, nuovi stimoli anche in questo senso. In contemporanea daremo vita anche ad un altro progetto all’interno di uno spazio che abbiamo chiamato B_ARS, ovvero la caffetteria dell’arte all’interno del MEF. Chiederemo agli artisti, o potranno essere loro a proporsi, di esporre cinque o più pezzi – a seconda delle dimensioni – all’interno di questo spazio, dove resteranno visibili per qualche mese, fino all’esposizione successiva.
La prossima grande mostra che verrà accolta negli spazi in primavera sarà invece dedicata alle opere realizzate con materiali plastici…
Non sarà una mostra dedicata solo ad opere d’arte ma anche e soprattutto ad oggetti, pezzi di design originari di fine Ottocento, quando la plastica non era solo plastica ma si parlava di materiali quali la bachelite e altre mescolanze dettate dalla volontà di sperimentare la materia. Vi saranno interventi di artisti moderni e contemporanei e molto, molto design.
Numerose realtà museali pubbliche e private contemporanee puntano a creare un legame tra il patrimonio artistico e il proprio pubblico, per colmare lacune legate alla comprensione dell’arte del nostro tempo ed essere un luogo realmente vissuto dalla comunità. A giudicare dalle iniziative che il MEF vuole promuovere, non solo dal punto di vista della didattica con bambini e scuole, ma anche con il quartiere in cui si è insediata la struttura – Barriera – l’impressione è quella di un approccio molto all’avanguardia con i fruitori della Fondazione. Richiama alla mente il confronto con il neonato White Building di Londra, analogo al MEF sotto molti aspetti, a cominciare dalla struttura industriale recuperata, alla possibilità di vivere gli spazi anche solo per un break a pranzo o in orario da aperitivo, per finire con progetti multiformi che coinvolgano anche chi non è strettamente interessato all’arte. A Londra questa formula è stata un successo, quali aspetti ritiene siano vincenti e adottabili dal MEF?
Abbiamo un primo dipartimento dedicato alla didattica già attivo sia nel coinvolgimento delle scuole – per cui settanta insegnanti sono stati invitati a visitare gli spazi e a conoscere il programma del MEF, in quanto preziosi tramiti tra noi e le nuove generazioni – sia delle famiglie, che vogliamo partecipino alla vita del Museo, a cominciare dai primi incontri dedicati alla famiglia previst per sabato 4 ottobre e domenica 12 ottobre. Ed abbiamo un secondo dipartimento – A.R.T. – dedicato esclusivamente alle relazioni con il territorio, tramite cui stiamo tessendo una rete di contatti che tocca tutte le numerose realtà culturali ed associazioni di Barriera, che si occupano non solo di arte ma anche di teatro, danza etc. Un primo progetto è legato ad Alma Mater, associazione che si rivolge a donne di etnie diverse, con cui vorremmo organizzare visite guidate e incontri svolti da personale formato dal MEF ma che parli le diverse lingue delle comunità che vivono in Barriera. Ci piacerebbe che il B_ARS realizzasse anche dei menù a tema con cadenze regolari, per coinvolgere anche da un punto di vista sociale le diverse comunità, creando un momento di aggregazione. Come dicevo, il MEF si pone come spazio in divenire, permeabile e aperto a nuove consulenze, collaborazioni e idee. Come ho anticipato prima, sempre parlando di B_ARS e del coinvolgimento del quartiere, il 29 ottobre inaugureremo questo spazio con un lavoro di Alessandro Bulgini, il “papà” del Bar Luigi, un locale che promuoveva una ricerca d’arte all’interno di una bar di periferia in Barriera. Oggi questo spazio ha chiuso, e noi crediamo sia importante raccontare questo pezzo di storia del quartiere attraverso una sorta di reportage dei graffiti a terra disseminati per Barriera, che Bulgini ha ripreso e che proporrà come primo allestimento nella nostra caffetteria.
Il MEF è uno spazio, in una parola, contemporaneo. Dal punto di vista scientifico e/o tecnologico avete adottato sistemi altrettanto all’avanguardia o è un settore work in progress, magari legato a future esposizioni?
Stiamo sviluppando un programma sul web incentrato sulla comunicazione, per cui abbiamo fatto in modo di essere messi in contatto con tutti network in modo da creare anche in questo caso una piattaforma di scambio di idee e progetti che possa far crescere il Museo. È aperto al pubblico dal giorno dell’inaugurazione, quindi da pochissimo, ma ci auguriamo che ci porti lontano, avvalendoci di consulenze e suggerimenti dall’esterno.
Quali ritiene siano i punti di forza della nuova Fondazione Fico?
Il punto di forza del Museo al momento è sicuramente la grande risposta di pubblico, siamo esterrefatti dall’entusiasmo dei nostri ospiti e della critica, abbiamo avuto tre giorni di inaugurazione molto intensi e una buona affluenza in queste prime settimane di apertura, soprattutto considerando che Barriera non è una zona di passaggio, dunque supponiamo che la curiosità nei confronti dello spazio abbia richiamato apposta i suoi visitatori.
Abbiamo lavorato tanto, sono quattro anni che curiamo questo progetto nei minimi dettagli ma possiamo dire che la fatica è stata ampiamente premiata. E aggiungo che sono stato molto fortunato perché ho trovato dei collaboratori straordinari. Tutte persone con esperienza nel settore, energiche e giovanili e con un grande spirito di squadra. Si è creato un clima tale per cui lavorare anche sotto pressione nel periodo precedente l’inaugurazione è stato un piacere, credo sia stato percepito anche nel momento dell’apertura dello spazio. É la vera ricchezza del MEF.