Come un pittore en plain air, Davide Quayola indaga il rapporto tra natura e tecnologia attraverso la lente algoritmica e la sua vitalità. Per far questo, si serve della tradizione più classica con la ricostruzione di archetipi, con la decostruzione e stratificazione della materia, con la ricerca della forma nella traduzione del movimento. Tutto passa attraverso il linguaggio algoritmico dove scoprire nuove realtà, oltre la rappresentazione. Quayola ci racconta del suo processo creativo e dei suoi lavori più recenti, ora in mostra presso la Galleria Charlot a Parigi.
La relazione tra natura, arte e tecnologia è alla base della tua ricerca. Come immagini la natura nel prossimo futuro, ora che la fusione tra organico e inorganico sta diventando una realtà di fatto?
Nel mio lavoro indago i conflitti tra forze opposte, come vecchio/nuovo e reale/artificiale.
Osservando la tradizione storica della pittura paesaggistica, sono affascinato dal modo in cui la Natura, come soggetto, diventi un punto di partenza per generare nuove estetiche e nuovi modi di vedere… Sono quindi interessato alla Natura al suo stato primordiale e incontaminato che osservo attraverso apparati altamente tecnologici.
Il mio lavoro risulta in visioni ibride che non si concentrano su nuove idee di “natura-ibrida”, ma su modi totalmente originali di percepire qualcosa di primordiale e assoluto e su nuovi modi di sintesi visiva.
Hai sottolineato molte volte il ruolo centrale ricoperto dal processo nel tuo lavoro. In Jardins d’Été il suono aiuta a plasmare la materia. I suoni sono stati catturati dalla natura e quindi elaborati tramite un codice. Quale input o criterio hai dato alla macchina per ottenere l’effetto finale? Soprattutto, quanto è importante il suono nel tuo lavoro?
In tutte le mie opere video il suono riveste un ruolo cruciale. È importante per me trasformare qualcosa di così effimero come un video o un’animazione digitale in qualcosa di tangibile, quasi fisico. Il suono altamente sincronizzato aiuta a trasportare le mie opere digitali nella dimensione fisica, in questo modo lo spettatore entra in totale relazione con esse come fossero sculture.
In Jardins d’Été il suono è sviluppato in modo simile al video – registrazioni originali di varie finiture organiche vengono elaborate tramite diversi algoritmi seguendo le dinamiche delle simulazioni dei dipinti animati.
Un criterio era legato a quanto visibile/leggibile fosse la composizione floreale originale, quindi, il livello di astrazione del soggetto originale. Un altro criterio era la quantità di saturazione e il relativo colore/tonalità attraverso tutte le sequenze…questi erano, sostanzialmente, aspetti di controllo della sintesi del suono e di altri processi.
Le stampe dalle scansioni 3D sono una terza parte di un processo di traslazione: dal calcolo alla stampa 3D, alla stampa sulla carta. Questi passaggi hanno rivelato qualcosa di inatteso nel risultato finale?
Negli ultimi anni, sono stato sempre più attratto dalla stampa su carta perché permette di esplorare qualcosa che non è possibile indagare con il video (o almeno non così facilmente): l’altissima risoluzione.
Quando si lavora con il video generalmente si è limitati dalle risoluzioni fisse, che possono ridurre drasticamente le possibilità di visualizzare raccolte di dati, voluminose e dettagliate.
Queste nuove opere su carta rivelano qualcos’altro, a seconda della distanza dalla quale le si osservano… da lontano sembrano fotografie, da più vicino traspare una qualità granulare molto diversa, in quanto composte da centinaia di milioni di piccolissime sfere. È attraverso questa interazione che diventa possibile osservare le due estetiche radicalmente diverse, la complessità naturale versus la logica della macchina.
È nei particolari che ci si può perdere in un paesaggio molto diverso da quello osservato da lontano…
Quanto è importante il supporto?
Il tipo di carta e le tecniche di stampa rivestono una parte cruciale nel contribuire all’esperienza totale del lavoro finale. Queste immagini assomigliano quasi a sculture nel senso che hanno una scala precisa in cui devono essere stampate.
Ho condotto una lunga ricerca per cercare una risoluzione ottimale che permetta la leggibilità sia da lontano che da vicino, mantenendo tuttavia la presenza fisica della carta.
Nella tua opera (inclusa la serie di Captives) tenti di ricostruire archetipi classici. Quali archetipi stanno prendendo forma nell’era post-antropocentrica?
Il mio recente interesse nella natura e nei paesaggi, sia nei video che nelle stampe, è un riferimento alla tradizione moderna della pittura paesaggistica del tardo XIX secolo, dove la natura diventa un punto di partenza per andare oltre la rappresentazione. Sono affascinato dal modo in cui il soggetto dei paesaggi sia diventato un veicolo per indagare nuove estetiche e sintesi visive. Da un lato, sono fortemente attratto dai paesaggi allo stesso modo del pittore impressionista en plein air, tuttavia, dall’altro, desidero introdurre un apparato tecnologico molto diverso.
Come è cambiata la relazione tra uomo e macchina da quando hai incluso per la prima volta gli algoritmi e la robotica nella tua opera?
Nonostante la mia ricerca si sia estesa ad ambiti molto diversi tra loro, nel corso degli anni ho mantenuto un approccio verso lo sviluppo di sistemi piuttosto coerente… Sono interessato alla creazione di strumenti che possano essere utilizzati un po’ come strumenti musicali, quindi sono basati essenzialmente sull’interazione umana. Di solito, in un progetto solo circa il 30% del tempo viene impiegato per sviluppare un sistema, mentre il restante 70% viene utilizzato per esplorarlo. Perciò, malgrado varie strategie generative e concetti di automazione, la mia interazione attiva con la macchina è dove trovo l’ispirazione. Le mie opere d’arte sono essenzialmente collezioni di risultati nati da tali interazioni.
Quayola, Vestiges, Charlot Gallery, Paris, 22.03 – 10.05.2018
immagini (cover) Quayola, Vestiges, Galleria Charlot,installation view, photo courtesy: Anaelle Prost and Courtesy Galerie Charlot (1-2) Quayola, «Jardins d’été #2», 2016, One channel 4K video, 47’40’’, 2/6 + 1 ap, Courtesy Quayola and Galerie Charlot (3) Quayola, «Remains #L1_004-001», 2017,stampa su carta Baryta montata su alluminio, 33 x 50 cm, Unique, Courtesy Quayola and Galerie Charlot (4) Quayola, «Vestiges», Galleria Charlot,installation view («Remains», 2017), photo courtesy: Anaelle Prost e Courtesy Galerie Charlot (5-6) Quayola, «Jardins d’été #2», 2016, One channel 4K video, 47’40’’, 2/6 + 1 ap, Courtesy Quayola e Galerie Charlot