Arshake è lieta di ripubblicare, tradotta anche in italiano, l’intervista dell’artista e teorico Eduardo Kac a Nam June Paik raggiunto al telefono da Rio de Janeiro a New York nel 1988, poco prima dell’apertura delle Olimpiadi di Seoul. E’ stata questa l’occasione e la cornice per la realizzazione dell’opera satellitare Wrap Around the World. L’intervista è preceduta dall’introduzione di Eduardo Kac al lavoro dell’artista coreano, scomparso nel 2006. Questo dialogo tra due artisti pionieri delle telecomunicazioni è un documento storico importante, e parte di una serie di scritti che appartengono alla ricerca di Eduardo Kac che traccia le linee teoriche della storia delle telecomunicazioni e del suo intrecciarsi con l’arte. Fatti e situazioni fanno riferimento alla data in cui si è svolta l’intervista (Arshake).
L’immagine stilizzata e realizzata al computer del mitico Icaro si libra nel cielo trasformandosi in volo in un uccello che, alla velocità della luce, sfreccia dalla Grecia a New York. Dall’antico Olimpo alla moderna Babele elettronica, non esistono distanze insormontabili o frontiere temporali che impediscano all’inventore della video arte di esprimere tutta la propria esplosiva creatività: parliamo dell’ artista coreano Nam June Paik.
Nella sua ricerca rivolta ad un’arte che esprima la vita contemporanea nell’era dei media, l’artista offusca le distinzioni tra telecomunicazioni e arti visive; antico e contemporaneo; arte alta e arte popolare; Est e Ovest; grafica e belle arti; tempo oggettivo e tempo soggettivo. Il suo prossimo lavoro è un network su scala internazionale che verrà inaugurato il 10 settembre 1988 alle 10:30 (Eastern Time Zone), una settimana prima delle Olimpiadi di Seoul (Corea). Lo si potrebbe riassumere così: una miriade di satelliti sparsi intorno al pianeta trasmetteranno immagini e suoni provenienti da vari paesi e Paik, da New York, li monterà in tempo reale per poi re-inviarli ai paesi partecipanti, dove saranno visibili al pubblico attraverso le televisioni locali. Come un video-direttore d’orchestra, Paik dirigerà una sinfonia elettronica multimediale e multiculturale davanti a milioni di spettatori. Inizialmente intitolato «Space Rainbow», il progetto fu poi ribattezzato «Olympic Rainbow», e poi nuovamente cambiato in «Wrap Around the World». Che faccia riferimento alla scienza o alla mitologia o ad entrambe, l’opera fonde elementi culturali provenienti da Grecia, Unione Sovietica, Cina, Stati Uniti, Brasile, Giappone, Corea, Germania, Italia, Austria, Ungheria, Irlanda, Inghilterra e Israele. Con il supporto del network televisivo Globo, il Brasile sarà l’unico paese dell’America Latina a partecipare grazie all’impegno di Hans Donner, grafico e computer artist austriaco che vive e lavora a Rio de Janeiro. Coinvolto nel progetto dallo stesso Paik, Donner, che lavora proprio al network Globo, è l’autore dell’incipit e della grafica impiegata nelle transizioni tra le parti di video in diretta. L’incipit, ispirato ai Giochi Olimpici dell’Antica Grecia e alla figura di Icaro, e la grafica che, attraverso immagini della Terra, rappresenta l’integrazione culturale, sono realizzate da Donner a New York, in quanto la data di scadenza è troppo vicina perché il lavoro si possa fare a Rio de Janeiro.
Accostando immagini di vita quotidiana provenienti dall’Unione Sovietica e dalla Cina, Nam June Paik mette in evidenza le similitudini che uniscono popolazioni profondamente distanti tra loro. Ma mette anche in risalto immagini dal Brasile che rivelano la coesistenza della cultura tradizionale (il famoso Carnevale di Rio, ad esempio) con elaborate tecnoculture contemporanee. In questa straordinaria avventura audiovisiva Paik inserisce anche animazioni computerizzare realizzate da Donner e alcune performance di Samba eseguite appositamente per l’evento.
La ricerca di un linguaggio visivo che annulli lo spazio fisico in virtù del tempo presente può essere paragonata alla vita di Paik, trascorsa viaggiando per le strade del mondo. Nasce a Seoul, in Corea, nel 1932. Allo scoppio della Guerra di Corea, nel 1949 la famiglia è costretta a trasferirsi a Hong Kong. Un anno dopo si spostano a Tokio. Nel 1956 Paik raggiunge la Germania per studiare musica, passando per Calcutta e per il Cairo. Rimane in Germania fino al 1963, per trasferirsi a Tokio dove sarebbe rimasto per un anno. Nel 1964 si stabilisce a New York. Trascorre parte del 1966 viaggiando in Europa con Charlotte Moorman.
In una lettera indirizzata a John Cage e datata 1959, Paik aveva già espresso il suo interesse teoretico ed artistico per la televisione. Nel 1963, quando era ancora in Germania, acquistò 13 apparecchi televisivi di seconda mano e nel marzo dello stesso anno inaugurò la sua prima personale (nonché considerata la prima vera mostra di video arte della storia), dal titolo Exposition of Music-Electronic Television. Sempre nel 1963, ma questa volta in Giappone, lavorò a fianco dell’ingegnere Shuya Abe per elaborare il primo sintetizzatore video. La sua inesauribile ricerca lo condusse a molte altre scoperte e, nel 1965, inaugurò la sua prima personale negli Stati Uniti: «Electronic TV, Color TV Experiments, 3 Robots, 2 Zen Boxes & 1 Zen Can». Espandendo questi nuovi concetti, nei due decenni successivi creò videosculture, videoinstallazioni, video-performance, videotape e collegamenti satellitari dal vivo. Durante il capodanno del 1984 trasmise Good Morning, Mr. Orwell, un collegamento dal vivo tra New York e Parigi. Con la partecipazione di Joh Cage, Salvador Dali, Laurie Anderson, Joseph Beuys e altri grandi artisti, Paik dimostrò che il Grande Fratello non era ancora arrivato. Il 1986 fu l’anno di Bye Bye Mr. Kipling, altro collegamento dal vivo tra Seoul, Tokyo e New York, da intendersi come un rifiuto di L’Est è l’Est, l’Ovest è l’Ovest, e mai si incontreranno di Kipling. Adesso è il momento di Wrap Around the World, che coinvolge l’intero pianeta. In questa esclusiva intervista telefonica, realizzata tra New York e Rio de Janeiro, Paik rivela come si può volare attorno al mondo senza staccarsi dalla sedia.
Eduardo Kac – Il rapporto tra arte e nuove tecnologie è antico quanto la stessa arte. Come lo vedi?
Nam June Paik – Si tratta in effetti di un rapporto millenario. Le piramidi egizie sono il primo esempio di una combinazione di arte elevata e alta tecnologia, in quanto impiegavano molte delle avanguardie tecnologiche del tempo. La cultura egiziana era molto avanzata. Avevano industrie chimiche (che producevano pigmenti colorati per dipingere), elevate tecniche architettoniche, sistemi di sicurezza sofisticati (per impedire la violazione dei luoghi sacri) e, tra le altre cose, conoscevano efficaci procedimenti di mummificazione.
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Oggi le nuove tecnologie possono essere impiegate nel campo dell’arte su due fronti: nelle belle arti e nelle arti applicate. Le belle arti sono l’arte in sé, in cui io identifico un’estensione dell’arte concettuale in base a cui il concetto è il contesto e viceversa. Il contesto è il contenuto e il contenuto è il contesto. Ciò spiega l’interesse delle belle arti verso l’esplorazione di nuovi territori. Quando Picasso creò il Cubismo lo fece perché era ormai stufo dell’Impressionismo. Monet creò l’Impressionismo perché stanco dell’Accademismo, gli artisti sono sempre stati interessati nell’esplorare nuove possibilità e modi di sentire. Disponendo oggi dei satelliti, noi artisti vogliamo sfruttarli per esplorarne le possibilità d’impiego. Vogliamo provare qualcosa di nuovo, nel solco della tradizione di Picasso e Monet. Questi stessi strumenti (i satelliti) sono già impiegati nelle arti applicate e rivestono un ruolo essenziale nella vita di tutti i giorni perché essenziali al bene dell’umanità. Vengono però sfruttati anche per usi militari. Noi tuttavia intendiamo usarli per scopi pacifici come l’arte performativa, il rock, la danza; e siamo in grado di riprodurre trasmissioni simultanee collegando Rio de Janeiro, New York, Seoul, Bonn, Tokyo, Mosca e altre città. È chiaro che le arti applicate sono direttamente correlate alle attività quotidiane delle persone, ma le belle arti sono molto più significative.
EK Hai un forte background musicale. Nel 1956 hai studiato musica all’Università di Monaco e al Conservatorio Musicale di Friburgo in Germania. Nel 1958 hai lavorato in Colonia negli Studi di Musica Elettronica di Rundfunk, dove lavorò anche Stockhausen. Nelle tue opere basate sulle telecomunicazioni includi spesso performance di musica rock e pop. In che modo riesci ad unire musica e video tra loro?
NJP– I videoclip di MTV hanno già dimostrato la profonda affinità tra suono e immagine. Le persone sono abituate a questo genere di collage elettronico. Se li paragoni ai film underground degli anni Sessanta troverai molti tratti in comune, come i tagli bruschi, le angolazioni inconsuete e altro ancora. MTV non restituisce il solo approccio possibile alla questione suono-immagine, ma è una soluzione interessante che ha contribuito non poco allo sviluppo della «musica visiva», fino alla video arte. Credo che, ad esempio, l’opera di Laurie Anderson sia molto importante perché colma il divario tra la cosiddetta «arte alta» e «arte bassa». I parametri dell’arte bassa continuano ad elevarsi considerevolmente. Quando, negli anni Cinquanta, Elvis Presley apparve per la prima volta sulle scene, gli artisti del tempo non apprezzarono la sua musica. Ma quando fu il momento dei Beatles, negli anni Sessanta, gli artisti li apprezzarono e li rispettarono.
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Vedo un mutamento sotterraneo in corso. All’opposto di Presley, che era un camionista, musicisti come Bowie o Byrne hanno studiato, sono persone colte, con una solida formazione. Ammirano Marcel Duchamp e altri artisti. Un artista visivo può parlare con loro mantenendo un alto livello culturale in quanto, prima di diventare musicisti professionisti, essi erano artisti visivi. Ma non c’è comunque ragione per cui essi debbano creare arte alta. Ci sono sempre artisti concentrati su questo tipo di arte, come Ray Johnson e i componenti di Fluxus, oltre a molti altri nomi.
EK Una delle tendenze dell’arte high-tech è l’interazione multimediale. Credi che le strade del video e dell’olografia si incroceranno mai? Che futuro ha l’arte high-tech?
NJP L’olografia, che è molto diversa dal video, rappresenta il futuro. Nel Museo di Olografia ho potuto ammirare ologrammi eccellenti e infatti in questo campo vengono compiute costantemente nuove scoperte. Un singolo ologramma contiene infinite informazioni, per questo motivo un nastro magnetico non è sufficiente come mezzo di archiviazione. È probabile quindi che sistemi di registrazione ottica, come i CD, un giorno saranno in grado di contenere gli ologrammi. I creatori dell’arte high-tech devono fare attenzione a non cadere nella trappola del decorativismo. Devono impedire che il fattore tecnologico prevarichi quello puramente artistico. Scansato questo pericolo, saremo sulla giusta strada.
EK La tua prima opera di arte telecomunicativa su larga scala è stata Good Morning, Mr. Orwell. Poi è stata la volta di Bye Bye Mr. Kipling mentre ora tocca a Wrap Around the World. In che modo questa terza opera si rapporta alle altre due?
NJP La prima opera riguardava il rapporto tra Francia e Stati Uniti e non quello tra Est ed Ovest, come invece avviene nella seconda, dove il collegamento era tra Corea, Giappone e Stati Uniti. Ora voglio collegare tutte le parti del pianeta. Questa è la differenza principale. La seconda differenza è che adesso lavoro di più con l’arte popolare rispetto alle performance di arte alta. Si corre un grosso rischio a creare uno show televisivo dal vivo su così larga scala e incentrato esclusivamente sull’arte alta, in quanto la televisione è un mezzo di intrattenimento e quindi dobbiamo fare attenzione. È necessario essere un po’ prudenti anche per ridurre i rischi insiti in un collegamento amplificato ad un livello globale. Non sto dicendo che non si tratti di arte alta, ma che stiamo facendo arte alta con materiali innovativi. E li usiamo per lavorare con l’elemento temporale delle arti popolari, il ritmo, che è molto importante nella videoarte. Questo è il mio ultimo spettacolo satellitare, ma è anche l’inizio di una più vasta applicazione della tecnologia satellitare che conquisterà il futuro.
Questa intervista, qui tradotta dalla versione inglese, con il permesso del suo autore, è originariamente apparsa in portoghese sul quotidiano «O Globo», Rio de Janeiro, Brasile, il 10 luglio, 1988, poi su: «DIVA — Digital & Video Art Fair», 2005 Cologne (A Tribute to Nam June Paik), pp. 8-9.
Immagini
(1cover) Nam June Paik; (2) photo via; (3) Nam June Paik, Globalgroove, 1973, screen shot, photo via; (4) video; (5) video, Nam June Paik/Charlotte Moorman – TV Bra for Living Sculpture, 1969; (6) Nam June Paik, Magnet TV, 1965 © Nam June Paik, photo via