Elena Giulia Abbiatici intervista Mario Cristiani, co-fondatore, con Lorenzo Fiaschi e Maurizio Rigillo della Galleria Continua a San Gimignano (1990). Ubicata in un ex-cinema, la galleria è diventata espressione di un interesse per l’arte contemporanea che si pone al confine tra mercato e ricerca, tra locale e globale, costituendosi come ponte tra passato e presente, tra artisti istituzionalizzati e artisti emergenti.
Elena Giulia Abbiatici. Ursula K Le Guin, eccellente scrittrice di fantascienza, nel romanzo The Dispossesed – an ambiguous utopia (1974) immagina un pianeta doppio, costituito da due metà, divise da un muro invalicabile: Urras e Anarres. Il primo è il trionfo della civiltà tecnologica, capitalistica – denaro e lavoro; Anarres è l’impero dell’ideologia anarchica, basata sull’adesione alla Natura e a un profondo sospetto per le macchine. Da quello che si può vedere dalle tue scelte galleristiche ami l’uno e l’altro mondo, cercando di camminare ad andirivieni lungo il passaggio che li collega. Da una parte il mercato e le grandi macchine che proponi e che gestisci, dall’altra l’anarchia del piccolo centro toscano o la natura della periferia parigina. In che Mondo ti collocheresti?
Mario Cristiani: Vedi, tanto più ti allontani dalla natura, tanto più hai bisogno di starne a contatto, di abbandonare per un po’ la logica della globalizzazione. Questo è l’obiettivo di Galleria Continua e ancora prima lo fu di Associazione Continua: unire le due metà. Non avendo avuto capitali iniziali, se non avessimo abbracciato il mercato non avremmo potuto neppure sopravvivere. Abbiamo quindi cercato la parte culturale del mercato, prendendo consapevolezza dei costi che comporta fare qualcosa di importante a livello internazionale e nella sfera pubblica e nel territorio.
«Antifragile. Prosperare nel disordine» quindi, per dirla alla Nicolas Taleb: non opporsi rigidamente, rischiando di essere spezzati, ma neanche avere un atteggiamento debole, rischiando di soffocare. Quali sono le difficoltà che Continua incontra in Italia, Beijing e Parigi?
In Italia c’è misconoscimento, in Cina meraviglia e curiosità , a Les Moulins (Parigi) possibilità e stiamo pensando ad un villaggio che unisca arte e cultura.
Nel Leviatano (Leviathan), straordinaria opera di filosofia politica del 1651, Thomas Hobbes, rappresenta simbolicamente lo Stato come un grande corpo d’uomo, le cui membra sono i singoli cittadini. L’autorità dello Stato è la somma delle libertà individuali, che ogni cittadino gli delega, nel rispetto dei diritti di natura. Considerando il Leviatano come il sistema dell’arte, che organi metteresti in modo che il sistema possa funzionare, non per rispettare ciò che già esiste, ma per funzionare secondo un equilibrio di tutti i membri?
M.C. Molte gallerie si stanno costituendo come musei, prendendo questa strada. Noi abbiamo tentato una strada diversa che è legata alle possibilità dell’impresa, quindi di sviluppare un’idea filantropica a partire da un privato. L’auspicio è far si che il privato cooperi con il pubblico in modo non competitivo e mantenendo una sua autonomia. Far sì che l’amministrazione pubblica possa mediare attraverso soluzioni no profit il mercato in modo che ci sia uno spazio pubblico garantito. Bisogna cercare questa sinergia fra pubblico e privato, favorire la realizzazione e la donazione di opere pubbliche, creare situazioni che facilitino le relazioni fra pubblico e privato, che snelliscano i passaggi di sponsorizzazioni e donazioni, ad esempio. Soprattutto che riducano le carte e i certificati. Il rischio di queste difficoltà è un impoverimento culturale diffuso.
Avete festeggiato al Centre 104 di Parigi i 25 anni della vostra galleria, con la mostra “Follia Continua”. L’immagine d’invito, disegnata da Pascale Martine Tayou, rappresentava un grande uomo vitruviano immerso in una rete di fili, a descrivere con semplicità e primitivismo l’uomo contemporaneo. Mona Hautoum ha proposto una riflessione sul Web e sulla sua struttura. Come pensi che Internet abbia condizionato il sistema dell’arte contemporanea? Gli artisti di Galleria Continua si muovono per lo più fra arte e politica, ragionando sui disequilibri sociali. Una forma di attivismo, che si affianca all’hackerism. Non ti sei mai interessato ad artisti che si sono aperti soprattutto all’estetica digitale?
Per me un artista è un artista e un mezzo è un mezzo. Se l’artista non mi dice niente, è niente.
In questo oceano di immagini, come avere una visione che possa rimanere?
La nostra galleria si chiama Continua, quindi il segreto secondo me sta nel cercare di unire passato e presente, di dare una continuità al passato. Soprattutto arte come cucitura con la vita, continuità fra immaginazione e calcolo. Arte come forma di reazione e riflessione sui concetti di valore, economia, ambiente.
E’ il caso della mostra che si sta concludendo ora a San Giminiano e che ha visto il brasiliano Cildo Meireles confrontarsi con il collettivo Various Artists (24 artisti fittizi), sviluppando una dinamica definita «Q&A -Question/Aswers» («domanda/risposta»). Le domande che si sono posti riguardano l’acqua come petrolio del futuro, il concetto di valore diviso fra economia e simbologia, la matematica come mezzo estetico per raggiungere la bellezza.
Chove Chuva di Cildo Meireles è un’installazione immersiva, costituita da 4 grandi schermi al cui passaggio, piove acqua: uno scenario apocalittico e insieme allarmante che pone l’accento su una delle tante conseguenze del surriscaldamento globale e l’innalzamento delle maree. VA risponde con Agua com gas, acquari di bonsai a raccontare il fenomeno devastante del land grabbing e della gestione speculativa del patrimonio idrico a favore di alcuni terreni e a scapito generalmente delle terre più povere e difficoltose. Aquarum di Meireles prosegue il discorso: due bicchieri, uno riempito d’acqua e uno d’oro a dichiarare, in uno slittamento semantico, ciò che veramente conta. Gli fa il verso Googolplesso di VA (10 elevato a 10 elevato a 100) una sorta di abaco universale che calcola infiniti tomi di pensiero e di conoscenza. Il confronto si chiude sulla matematica, passaggio fondamentale fin dall’arte egizia, e sull’idea di un’armonia e di una bellezza ottenuta lentamente a prezzo di molti calcoli. E questa volta l’artista brasiliano decide di sottrarre e costruire volumi virtuali, solo con pochi fili: più un concetto mentale di spazio che una struttura materica, insomma. D’altronde l’invisibile è ovunque ci programma e ci comanda. Sulla raccolta di dati, tesi a trovare un loro ordine interno, si sono sviluppati invece gli workshops di VA. Alle opere il compito di trovare risposte adeguate. All’arte, la possibilità di fare politica.
immagini (cover 1) VARIOUS ARTISTS Água com Gás (a), roib 2015, installation, mixed media (2) CILDO MEIRELES Aquaurum 2014-2015, 2 glasses (3) Mona HATOUM, Web, 2006,crystal balls and metal wire, 515 x 2100 x 1325 cm Courtesy GALLERIA CONTINUA (4) CILDO MEIRELES Virtual Volumes 1967-2015, woolen yarn, site specific dimensions (5) VARIOUS ARTISTS Googolplex, roih – roib 2014-2015, installation, mixed media (6) CILDO MEIRELES Chove Chuva 1995-1997, 4 screens, 4 projectors, water-filied clear plastic pillows, dimensions variable ()