YOUAREHERE hanno a buon diritto conquistato una posizione autorevole nel panorama electro/ambient/dance – si potrebbe aggiungere «italiano» ma la connotazione geografica dovrebbe essere del tutto ininfluente in musica; nel caso specifico del trio romano, poi, non conta affatto. YOUAREHERE guardano all’Europa, anzi il loro terzo album ha una funzione celebrativa e evocativa dell’identità culturale di un intero continente, ad inizio Novecento così definita e ricca, poi polverizzata da due conflitti mondiali e dall’invasione culturale statunitense. Potrebbe essere un caso che in questo lavoro musicale si rimandi alle avanguardie artistiche novecentesche – per coloro che al caso ci credono – proprio ora, nel 2015, quando si celebra il centenario dall’ingresso dell’Italia nel primo conflitto mondiale e si ricorda come, immediatamente dopo e fino alla Seconda Guerra Mondiale, in Italia e in Europa ci fu un fiorire di arti visive, tendenze nuove, sperimentazione.
Tutti questi passaggi – rinascita di un continente, riconquista di un’identità, ricerca di un equilibrio, caduta – sono descritti in «Propaganda», terza uscita discografica per la formazione dopo un cambio interno (restano Claudio Del Proposto e Patrizio Piastra, lascia Andrea Di Carlo ed entra Francesco Stefanini, con cui la line-up acquisisce un vero batterista). Non è esplicita la narrazione di cui sopra, ma è interna al lavoro di composizione e di tracklisting. Tutto è talmente aderente ai processi creativi primonovecenteschi e al concetto di «avanguardia» che non si può non rilevare la posizione di avamposto occupata dai tre musicisti all’interno del genere. Macchine e velocità, ritmica slivellata e voci filtrate ci guidano all’interno di un paesaggio in cui l’arte visiva si lega alla rivoluzione industriale e ad una rivoluzione sociale (tra Fritz Lang e George Orwell, quindi tra Metropolis e The Big Brother).
Questo lavoro musicale esprime come pochi altri la tensione all’interazione tra le arti promulgata in ogni Manifesto avanguardistico del Novecento. Da sempre YOUAREHERE sono attenti alla parte visual di tutti i loro live-act; visual che si sono evoluti con costanza fino ad arrivare, oggi, a contribuire alla riuscita di uno show compiuto e completo, già da mesi in tour in Italia con successo ed in procinto di approdare alla serata finale di Spring Attitude edizione 2015.
«Lacuna», 2015
Susanna Buffa: Quando avete iniziato pensavate già all’inserimento della parte visual nei vostri live act o è un’esigenza che si è presentata successivamente?
YOUAREHERE: Fin dall’inizio abbiamo pensato che i nostri live dovessero essere accompagnati dalla parte visuale. I primi tempi cercavamo innanzitutto di dare colore, forma e movimento alle nostre esibizioni, incastrando motion graphic a clip cinematografiche o a immagini legate alle nostre influenze artistiche. Nel tempo abbiamo cercato di sviluppare sempre più questo aspetto fino ad arrivare ai visual del tour di «Propaganda» che seguono di pari passo la tracklist del live.
L’elettronica digitale è già in sé una sorta di opposizione al naturalismo, quindi nel caso specifico all’analogico, ai suoni acustici. Vi sembra che questo sia vero per quel che riguarda la vostra musica?
Era vero agli esordi, dove dal vivo ci presentavamo con un set totalmente digitale, anche se in studio usavamo sintetizzatori, chitarre e pianoforte. Diciamo che il digitale nei concerti era una scelta di comodo in quel momento. Andando avanti, sia nella produzione che dal vivo abbiamo inserito sempre più nuova strumentazione e oggi il live set che proponiamo si avvicina molto di più al concetto di «band», grazie anche all’introduzione della batteria acustica, campionatori e sintetizzatori.
«Tape», 2011
La parte visiva dei vostri lavori, partendo dalle cover degli album, è cambiata radicalmente – si è passati dal delicato impressionismo dei primi due lavori alla nettezza del tratto futurista di Propaganda, che è materia concreta scolpita. E’ nato prima il concept grafico o il lavoro musicale?
È nato prima il titolo, «Propaganda», e da lì è scaturito il tutto. Volevamo che questo disco, ufficialmente il nostro primo vero album, fosse il nostro manifesto d’intenti e che arrivasse in maniera forte, «propagandistica» nel senso comunicativo del termine. Tutto questo, nei brainstorming continui e giornalieri che hanno preceduto la stesura e le registrazioni dei pezzi, ha fatto uscire fuori inevitabilmente un concept grafico ispirato alle avanguardie del novecento, meno celebrative rispetto alle correnti dei secoli precedenti e indirizzate a una forma d’arte vicina ad altri scopi, come la comunicazione, la propaganda politica, la pubblicità.
Un aspetto importante delle avanguardie dei primi del Novecento è nell’internazionalismo di quella espressività; la musica che producete è esattamente così, non sembrate interessati a chiudervi nel recinto italiano e non emulate artisti oltre confine. Quali sono le vostre influenze?
Ascoltiamo veramente di tutto in termini di generi, ma dovendo sintetizzare la risposta ci piace sempre ricordare che in fase embrionale del progetto YOUAREHERE paradossalmente ci sentivamo «vicini» a un gruppo italianissimo come i port-royal, forse non nel sound, ma nell’intenzione di non chiuderci in questa o quell’altra categoria di musica elettronica.
L’album «Propaganda» è una riflessione sull’arte figurativa europea traslata sul piano sonoro e l’arte sovietica, in particolare, è molto presente nel lettering, nell’artwork e anche nei contenuti concettuali e nei titoli delle tracce. A che si deve questo gancio con la Russia?
La grafica russa, le immagini, i colori e il lettering, specialmente nella propaganda, secondo noi non hanno rivali in termini d’impatto. È stata una scelta tanto naturale quanto obbligata «vestire» Propaganda in questo modo.
I Port-royal sono in effetti il primo nome che viene in mente ascoltando la vostra musica ed è straordinario come questo sia possibile senza che ci sia stata una derivazione diretta o il tentativo da parte vostra di ricalcare quella formula. Ne avete rielaborato i canoni estetici riuscendo a restare in un vostro stile molto personale. Cosa ritrovi di loro in voi?
Un punto in comune potrebbe essere quello di non limitarsi a proporre elettronica relegata ad uno stile ben preciso. Nelle loro produzioni puoi trovare ambient, post-rock, techno e dance. La nostra idea, soprattutto con l’album d’esordio «As When The Fall Leaves Trees», era proprio questa, fare un’elettronica che non fosse riconducibile ad un sotto-genere. Abbiamo voluto mescolare più cose e più idee, non ci interessava essere catalogati. In quel disco puoi trovare brani con un’atmosfera più acustica con inserti glitch o momenti che rimandano al post rock accompagnato da ritmiche IDM, suoni molto dilatati, ma anche parti ritmicamente più serrate. È una cosa che continuiamo a fare anche ora e che in parte si trova anche in «Propaganda».
Come vi spiegate il fatto che un progetto importante e influente come port-royal si sia in apparenza arrestato e qual è la difficoltà, a vostro parere, di far passare in Italia una proposta come la vostra – e la loro?
Il loro ultimo album risale al 2009, ma i componenti della band negli anni hanno rilasciato delle cose sotto altri progetti o in collaborazione con altri. In realtà credo che nel loro periodo «d’oro» non abbiano avuto molta difficoltà nel far passare la loro proposta perché non c’era molto altro di simile e comunque venivano associati al filone post-rock italiano che nei primi anni 2000 era molto attivo e di qualità. Di certo un loro nuovo lavoro potrebbe fare più fatica vista la quantità di progetti usciti in questi anni, considerando anche che la maggior parte dell’elettronica attuale sembra appoggiarsi sempre più a un filone ben preciso. Più in generale penso, anche per quanto riguarda noi, che fosse molto più difficile qualche anno fa per l’elettronica, mentre ora grazie soprattutto al cosiddetto mondo indie le cose stanno cambiando e si nota un’attenzione maggiore. Non a caso la line up di Spring Attitude quest’anno è all’insegna dei progetti italiani e questo non può che essere un bene.
Ci si aspetta che la parte visual del vostri live per Spring Attitude sia molto curata, tra l’altro quest’anno la rassegna è legata a doppio filo alle arti visive e il vostro è il live act più importante e atteso. Vi va di anticipare qualcosa sul contenuto musicale e su novità, se ce ne sono rispetto al tour, per i visual di questo concerto?
Com’è naturale che sia, essendo un Festival, la performance sarà più corta per esigenze di timing. Stiamo studiando un set incentrato soprattutto sul beat e sul movimento continuo, mentre i visual saranno più o meno quelli del tour, anche perché Spring Attitude sarà una vetrina importante dove vogliamo far vedere quello che abbiamo fatto in giro per l’Italia finora.