Tra le realtà italiane capaci di contribuire alla diffusione della video arte occorre citare la Galleria del Cavallino con sede a Venezia, fondata nel 1942 da Carlo Cardazzo, collezionista ed editore capace di svolgere un importante ruolo di animatore della stagione culturale italiana degli anni ’50 e ’60. In seguito alla sua morte, avvenuta nel ’63, fu suo fratello Renato a seguire sia la Galleria del Cavallino sia la nota sede milanese della Galleria del Naviglio; dal ’65 fu Paolo Cardazzo, il figlio di Carlo, ad occuparsene.
A partire dal 1974 anche la Galleria del Cavallino di Venezia si dota del portapack, lo strumento inventato dalla Sony, dotato di videocamera, microfono e batteria che permetteva di registrare immediatamente su nastro magnetico ciò che si vedeva e si sentiva rendendo possibile la diffusione della nuova tendenza artistica.
Grazie a tale strumento anche la Galleria del Cavallino dava inizio a una ricca produzione di videotape. Con Paolo Cardazzo la galleria, interessata già sotto la direzione di Carlo Cardazzo a vari ambiti espressivi che includevano anche la fotografia e il cinema, si apriva con entusiasmo ai nuovi media realizzando interviste e documentari sull’arte veneziana e producendo un centinaio di videotape, presenti in importanti rassegne internazionali. Si raccolgono così intorno alla galleria veneziana artisti provenienti da diverse discipline come Claudio Ambrosini, Luciano Celli, Pier Paolo Fassetta, Michele Sambin, Guido Sartorelli, Mario Piccolo Sillani, Luigi Viola, e anche lo stesso Paolo Cardazzo realizza un video in collaborazione con Peggy Stuffi. Partecipano all’attività della galleria anche artisti internazionali come Marina Abramovic, Ulay e Alan Sonfist.
Negli anni ’80 analogamente agli altri centri sperimentali italiani che si occupavano dei fenomeni artistici legati alla tecnologia – tra cui ricordiamo lo studio art/tapes/22 e il Centro Video Arte di Palazzo dei Diamanti di Ferrara – anche il Cavallino interrompe l’attività legata al video perché troppo dispendiosa. Tali realtà, ancora oggi estremamente interessanti, condividevano oltre all’epilogo poco felice anche una serie di caratteristiche quali il respiro internazionale delle attività artistiche promosse, volte alla collaborazione tra artisti italiani e internazionali; la realizzazione di opere collettive, come nel caso del videotape Da zero a zero di Paolo Cardazzo e Peggy Stuffi; la tendenza alla collaborazione e alla cooperazione tra i diversi centri italiani che hanno spesso unito le loro ricerche dando vita a collaborazioni artistiche notevoli come dimostrato dai casi di Proporzione alla memoria del ’75 di Guido Sartorelli o Sentire/Ascoltare del ’79 di Claudio Ambrosini, realizzati con il centro ferrarese, o di Looking for Listening di Michele Sambin, commissionato da M. G. Bicocchi per l’ASAC. Come già accennato, questi centri furono accomunati anche dalle difficoltà incontrate; è il caso della Galleria del Cavallino che nel 1982 cessò la propria attività. Negli anni 2000 personalità artistiche ed operatori culturali vicini alla galleria veneziana hanno promosso un’azione di riscoperta delle attività della Galleria del Cavallino attraverso pubblicazioni come i Videotapes del Cavallino di Dino Marangon (2004), operazione importante anche sotto il profilo della conservazione in quanto ha permesso di immettere sul mercato alcune interessanti raccolte dei video prodotti dal Cavallino negli anni della sua importante attività.
Immagini
(cover) Abramovic & Ulay, Relation in space, 1976, courtesy Cavallino Edizioni d’Arte, Venezia. (1) Paolo Cardazzo & Peggy Stuffi, Quattro Videotapes, 1974-79, 25’, courtesy Cavallino Edizioni d’Arte, Venezia. (2) Michele Sambin, Quattro Videotapes, 1974-81, courtesy Cavallino Edizioni d’Arte, Venezia.