Landscape: the virtual, the actual, the possible? Considera i sistemi visivi, percettivi e concettuali diventati sempre più instabili, tanto fisicamente quanto metaforicamente. E’ un invito a connettere prospettive creative di due contesti culturali e geografici diversi, la California negli Stati Uniti e il la regione cinese del Pearl River Delta: dall’utopia cibernetica e dalla frontiera tecnologica al mondo dei prodotti elettronici; dal romanticismo e i movimenti ecologici all’urbanizzazione di massa e ai conflitti territoriali. I lavori presentati toccano tematiche quali la natura, il paesaggio, il giardino urbano, la realtà virtuale, i sistemi tecnologici digitali e le loro giunture. Il titolo fa riferimento ai quattro funtori ontologici indicati da Félix Guattari: il virtuale, l’attuale, il reale e il possibile. Attraverso la lente del paesaggio la mostra pone le seguenti questioni: quale è l’effetto specchio tra il paesaggio e la tecnologia, come uno informa l’altro e come capiamo e sperimentiamo noi stessi e l’altro? Quale impatto hanno le diverse prospettive e approcci sulla nostra immagine mentale di paesaggio? Il discorso che ruota attorno all’Antropocene e i dibattiti culturali e sociali che ne sono seguiti sono la contestualizzazione più ampia. La tesi che si propone è quella che stiamo entrando in una nuova epoca geologica; a partire dalla rivoluzione industriale, le attività umane hanno alterato l’ambiente in maniera così estensiva da creare una nuova forma di natura. Questa tesi ricontestualizza i dibattiti tradizionali relativi alla relazione che intercorre tra il genere umano, la natura e la tecnologia. Alcuni elementi visivi e patterns sono diventati troppo ambigui per poter essere riconosciuti e interpretati sulla base dello stato percettivo. Questo significa che gli umani non sono più in primo piano nella nostra esistenza. La distinzione tra sfondo e primo piano, tra umano e non umano, tra cultura e natura, tra soggetto e oggetto, tra piano e storia sono diventati trasferibili e variabili. Queste sfide di relazioni multi-stabili sono la prospettiva dualistica della modernità.
Mentre la dimensione universalista guida il contesto più ampio possibile (il mondo intero), è anche vero che le nostre realtà individuali sono sempre più frammentate e moltiplicate dagli schermi del computer e degli smart-phones. Quali relazioni collegano questi micro-mondi con il mondo più ampio? Cosa c’è fuori da questi frangenti? Laddove il paesaggio attuale risiede nelle prospettive, nei punti di vista, lo schermo comprime e appiattisce lo spazio. Secondo Anne Friedberg, in un libro del 2006, The Virtual Window: From Alberti to Microsoft, lo schermo favorisce «staticità, movimento, multi-strato, angolazione obliqua, astrazione, sequenzialità».
Quali qualità integrali del mondo materiale sono preservate quando sono tradotto in arte visiva mentre gli artisti tracciano la nostra esperienza? La mostra propone collegamenti possibili tra ciò di apparentemente nuovo, la prospettiva mediata e dall’altra parte modi di guardare il mondo come sono radicati nella filosofia tradizionale cinese. In quest’ultima, i lavori dell’umanità, lontanti dall’imporre ordine sul paesaggio sembrano disegnati espressamente per conformarsi ai propri contorni naturali. Questo corrisponde ad un sistema di valori che considera l’umanita e la natura come una struttura di condivisione, il loro ordine e forme risuonano e fluttuano in un equilibrio dinamico (dal comunicato stampa).