Anche quest’anno il festival di Ars Electronica, con la direzione di Gerfried Stocker e di Christine Schöpf, torna ad animare la cittadina austriaca di Linz. Ancora una volta – come sempre da 35 anni ad oggi – si propone in veste sempre più rinnovata, reiventando nuove formule ed espandendosi dal Centro [costruito nel 1996] in una varietà di locations, sparse per la città (shopping mall, scuole, hotel, la cattedrale di St Mary) abilitate ad ospitare e portare assieme arte, scienza e tecnologia. In queste prime giornate settembrine, così, Linz si popola di professionisti illustri, tra artisti, scienziati, scrittori e intellettuali provenienti da tutto il mondo e si arricchisce di eventi che ruotano attorno alla mostra «CyberArts», momento centrale di questo appuntamento annuale. «C… what it takes to change», questo il titolo e il tema dell’edizione 2014, si propone come «indagine sui prerequisiti e sulle condizioni necessarie a favorire l’emergere dell’innovazione sociale». Con questa premessa, tutta l’attenzione è rivolta all’arte come «catalizzatore» di cambiamento. D’altro canto, il 18 settembre 1979, giorno dell’apertura della prima edizione, il festival si presentava al mondo con la missione di «prender carico della rivoluzione digitale emergente come occasione per leggere e affrontare questioni legate al futuro e per studiare le interconnessioni tra arte, tecnologia e società».
Un festival prima destinato ad un piccolo gruppo di specializzati, è ora un’istituzione, punto di osservazione privilegiato sul paesaggio contemporaneo che prende forma attraverso opere, talk, simposia, concerti, mostre, laboratori e quant’altro. Se prima il mondo tecnologico era un capriccio per pochi, ora è un argomento che incide su tutti i campi del sapere, del fare, del vivere. Ars Electronica diventa, insomma, un pozzo da cui attingere per idee ed energie da utilizzare come «catalizzatori» per un cambiamento oggi quanto mai urgente.
Il Prix Ars Electronica, premio affiliato al Festival e ormai tra più prestigiosi al mondo nell’ambito di arte e tecnologia, ha privilegiato, tra i 2.700 progetti proposti da 77 paesi, quelli che si sono dimostrati funzionare come agenti attivi nell’ambito di una possibile innovazione sociale, attraverso canali estetici o più propriamente attivisti che siano. L’Italia si è distinta con il lavoro di Quayola che ha ricevuto l’ Honorary Mention in Interactive Art per il suo Captives, serie di opere tra animazione e scultura che reinterpretano, in chiave moderna, l’opera non finita delle Prigioni di Michelangelo [e che esplorano, così, l’equilibrio tra forma e materia, «per mano» di algoritmi di un software].
E ancora, Paolo Cirio ha ricevuto il Golden Nica in Interactive Media per il suo Loophole for All, progetto che mette a nudo il sistema di evasione fiscale e lo rende accessibile a tutti. Lo avevamo già apprezzato quando esposto nell’ambito della mostra «Territori Instabili» alla Fondazione Strozzina di Firenze (2013) presentato da Franziska Nori, curatrice che non ha mai esitato ad includere lavori di arte digitale accanto ad opere più prettamente tradizionali. Un segnale importante da prendere in considerazione nella visionarietà di Ars Electronica è, poi, l’istituzione di una nuova categoria del Premio, ovvero Visionary Pioneers of Media Art, una entry importante che non premia il singolo progetto, piuttosto il grado di incidenza della ricerca di un autore nella storia dell’intreccio tra arte, tecnologia e scienza.Il primo riconoscimento è stato conferito a Roy Ascott, artista, teorico, scrittore, pensatore visionario attivo dagli anni ’60 e presente tanto nel mondo underground quanto in quello istituzionale.
Ad Ars Electronica quest’anno si celebrano, poi, i dieci anni del programma di Interface Culture, fondato e gestito da due pionieri nell’ambito della media art, Christa Sommerer e Laurent Mignonneau, nel nome di una ricerca che pone l’interfaccia al crocevia tra arte, ricerca e design.L’avvio di questo progetto anticipava il ruolo – oggi scontato – dell’interfaccia nella sua funzione di epidermide, pellicola impermeabile al confine tra mondo fisico e liquido, dispositivo di uno scambio «osmotico» tra dimensioni. Lunga è la lista degli eventi e delle iniziative, tra cui segnalare Collide@CERN, il programma nato dalla partnership che, dal 2011, Ars Electronica ha stretto con i laboratori del CERN di Ginevra che accolgono artisti in residenza, per il 2014 assegnata al giapponese Ryoji Ikeda. Largo spazio è stato dedicato alle giovani e giovanissime generazioni; a loro il compito di contribuire a leggere il futuro. Tra i numerosi eventi che hanno aperto il festival, anche la performance di due artisti polacchi, Dan Gregor e Tomas Dvorak, che hanno trasformato la cattedrale Mariendon in un gigantesco strumento audio – visivo interattivo. Altrettanto spettacolare è il programma in chiusura con la serata di concerti di domenica 7 settembre e il finissage interamente dedicato alla musica e alla sound art. Il Festival chiude ma il centro di Ars Electronica è sempre da visitare.
Immagini
(1) Joyce Ho, Day Dream, installation at Ars Electronica; Linz 2014 (2) Quayola, Captives, Art Electronica, 2014 (from the series started in 2011) (3) Paolo Cirio, Loophole for All, 2013, installation at Ars Electronica, 2014 (4) Roy Ascott (UK) (5) Dan Gregor e Tomas Dvorak, performance at Mariendom (St Mary’s Cathedral) for Ars Electronica, Linz 2014