La decima edizione della Biennale di Gwangju ha appena aperto le porte al pubblico presentando i lavori di 103 artisti provenienti da 38 nazioni, con ben 37 nuove commissioni selezionate per la loro affinità col tema della mostra, Burning Down The House.
Burning Down the House esplora il processo di esplosione e trasformazione quale ciclo perenne di distruzione e rinnovamento che da sempre investe la storia. Particolarmente evidente nell’estetica, negli avvenimenti storici e nell’incessante vortice di rigetto e rinnovo della cultura commerciale, il tema della rassegna coreana riflette su tale processo di eventi, spesso violenti, distruttivi o auto-distruttivi – ad esempio l’incendio della propria casa, seguiti dalla promessa del nuovo e dalla speranza di cambiamento.
Durante gli Anni Trenta il critico Walter Benjamin coniò il termine «Tigersprung [balzo della tigre]» per identificare un modello di storia dove il passato vive nel e attraverso il presente all’interno di un’industria culturale alla costante ricerca di rinnovamento. Che cosa può significare il «Tigersprung» per un’economia-tigre come la Corea del Sud, in un contesto dove i poteri economici e politici propongono l’eternamente nuovo del fashion e del progresso industriale a scapito della cultura del passato?
Burning Down the House esamina la spirale di distruzione e rinnovamento che tale processo implica. Il tema della mostra vuole mettere in evidenza la capacità dell’arte di criticare l’istituzione industriale attraverso tutti i media a disposizione, dall’elemento visivo al suono, al movimento e alla drammaturgia, riconoscendo allo stesso tempo la possibilità e l’impossibilità dell’arte di trattare direttamente e concretamente con la politica. L’energia, la materialità e il processo di incenerimento – il modo in cui la materia viene modificata e distrutta dalle fiamme e quindi trasformata in residui di interventi teatrali o in resti di celebrazioni – hanno a lungo caratterizzato la pratica artistica. I poteri di trasformazione delle fiamme hanno avuto un ruolo centrale nell’ideazione della mostra.
Più che semplice riferimento al radicale inno pop dei primi anni Ottanta, il titolo riflette il doppio significato del tema che ispira la Biennale. Fondendo il movimento fisico con l’impegno politico si anima il concetto scelto per il decimo anniversario della Biennale di Gwangju. Quando i membri della band americana dei Talking Heads si trovarono a discutere sul titolo e sul ritornello di «Burning Down The House», la loro traccia più famosa, ricordarono di aver assistito ad un concerto dei Funkadelic in cui George Clinton e il pubblico continuavano ad urlare «Burn Down the House». L’edonismo del pubblico dei P-Funk sulla pista da ballo si è poi trasformato in un inno delle ansie borghesi ripreso dalla band newyorchese. Questo doppio significato di piacere e impegno rappresenta lo spirito che definisce questa decima edizione della Biennale di Gwangju.
Burning Down the House si interroga sul potenziale dell’arte in quanto movimento, indaga l’impegno degli artisti contemporanei nell’affrontare questioni sociali attraverso l’impegno individuale e collettivo, dimostrando inoltre quanto ardui ed intensi siano tali sforzi e quanto grande sia stato il loro impatto nel tempo. A differenza dei musei, con le loro spesso egemoniche politiche culturali e il loro interesse nell’indicare retaggi e tradizioni, la Biennale è un evento mobile e flessibile che offre un ventaglio di espressioni creative, immediate, contemporanee e attuali, in cui il dibattito sull’arte quale movimento si fonde perfettamente con lo spazio di Gwangju ― sia in termini geopolitici che di alternativa istituzionale.
Burning Down the House, decima edizione della Biennale di Gwangju, è curata da Jessica Morgan, Direttrice Artistica della Biennale e Curatrice di Daskalopoulos International Art presso la Tate Modern. Fatos Ustek ed Emiliano Valdes sono Curatori Associati della Biennale, Enna Bae è Curatrice Associata della sezione Performance e Teresa Kittler è Assistente Curatore.
Biennale di Gwangju, Buk-gu, Gwangju , 500-845, Republic of Korea, 05.09 – 09.11.2014
Istituita dall’organizzazione Gwangju Metropolitan City, la Gwangju Design Biennale è stata presentata per la prima volta nel 2004 con l’obiettivo di promuovere il design locale e contribuire all’innovazione e allo sviluppo del design entro ed oltre i confini nazionali. Una Biennale di Design sperimentale si è tenuta dal 18 al 27 giugno 2004, periodo che coincide con il decimo anniversario della Biennale di Gwangju. All’apertura ufficiale della prima Gwangju Design Biennale dal titolo «Light into Life», nel 2005, hanno fatto seguito altre quattro edizioni, tra cui la più recente è stata «dogadobisangdo (design is design is not design)», che hanno visto curatele d’eccezione come quella di Seung H-sang e di Ai Weiwei.
immagini
(cover) Xooang Choi, The noise, 2007. Oil on Resin, 100 x 100 x 25 cm, courtesy of the artist (1) Jonathas de Andrade,The Uprising, 2012, photo by Ricardo Moura, courtesy of the artist (3) Sehee Sarah Bark, Vanished Landscape, 2013, digital pigment print, 873 x 1,296 mm, courtesy the artist (4) Okin Collective, Operation-For Something Black and Hot, Single Channel Video_Full HD_00:20:00_2012, Actors_ Kiyoung Kim, Doyoung Kim, Donghee Park.
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