Per molti artisti Internet ha rappresentato uno spazio ed un mezzo dove poter sperimentare nuovi percorsi di ricerca in diversi ambiti sfruttando le potenzialità della dimensione liquida, sintetizzate nella sua malleabilità e nelle numerose possibilità di apertura al network. Tra le varie discipline, anche il cinema ha trovato in questa dimensione nuovi ambiti di sperimentazione.
Nel 2006, Luca Barbeni, artista e giornalista torinese, attivo dal 1998 al 2004 nel gruppo di net artisti 80 / 81 nel 2006, aveva tracciato, attraverso una piccola e agile pubblicazione, il percorso sperimentale di alcuni artisti che si sono avventurati nel «web cinema», cinema creato e fruito per il web. In questo caso Internet ha prestato le sue caratteristiche strutturali alle sperimentazioni cinematografiche, è andato oltre la sua funzione di diffusione, impiegato per la creazione di nuove formule narrative.
Interattività più o meno partecipativa, possibilità di scomposizione narrativa in diversi frames, sviluppo di trame non lineari, e a volte ipertestuali, sono alcune delle caratteristiche del web che hanno attirato l’attenzione di registi sperimentali non appena sono stati lanciati, in rete nel 1997, gli strumenti per realizzare e distribuire video sul web, ovvero Flash 1.0, Realvideo 1.0, Quicktime.
«Il web cinema – afferma Barbeni nel suo scritto – , visto sotto il punto di vista della liberazione del creatore dal contesto produttivo classico del cinema, può essere considerato come una sorta di seconda nouvelle vague, in quanto questo linguaggio ha ulteriormente scardinato le classiche metodologie di produzione delle immagini in movimento. Se la nouvelle vague ha portato la telecamera fuori dagli studi e l’ha liberata dai cavalletti per cederla alla flessibilità della mano, il webcinema costituisce il passo successivo verso un cinema completamente individuale e personale» (L. Barbeni p. 22)
Importante il nuovo ruolo del fruitore che assieme al resto, definisce un nuovo genere a metà libro e televisione. «Come per la lettura, il destinatario dell’opera è solo e soprattutto molto vicino alla superficie dell’opera, il monitor; però, come per la televisione, vi sono immagini in movimento e suoni, inoltre vi è l’interattività che costituisce una novità unica.» (.23)
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Le oscillazioni tra televisione e web del regista Peter Greenway con Le valigie di Tulse Luper, le narrazioni randomiche dell’artista e teorico Lev Manovich e di Philip Wood, il cinema live dello stesso Barbeni, il webcinema lineare di Peter Horvarth, il webcinema game di Entropy8Zuper, sono alcune delle sfaccettature del webcinema in cui affonda Barbeni per costruirne il racconto, che alla premessa del contesto in cui si sviluppano segue con la messa a fuoco di singole produzioni, ciascuna correlata di un’intervista all’autore. Nell’insieme, i progetti non sono intesi per essere inscritti in un movimento o un linguaggio artistico, bensì «essere accomunati solo dal fatto di essere prodotti secondo metodologie digitali e distribuiti in rete».
Il piccolo volume non era solo rivolto al futuro; piuttosto a riallacciare «antiche» forme di narrazione con nuovi percorsi, – a loro volta importanti per la riformulazione del cinema e della televisione stessa nei suoi formati tradizionali. Con la successiva pubblicazione, Fino alla fine del cinema, lo sguardo si è allargato al territorio dell’open cinema dove al webcinema si aggiungono il game cinema e il new expanded cinema. Open cinema è un termine generico, lente attraverso cui visualizzare i territori di contaminazione tra cinema e tecnologia (in termini di software ma anche di modalità di distribuzione), sintomo – tra tanti – dei grandi mutamenti del contemporaneo di cui le produzioni multidisciplinari e transmediali sono specchio.
Luca Barbeni, Webcinema. L’immagine cibernetica, Costa & Noland, Milano 2006 e Luca Barbeni, Fino alla fine del cinema, Clueb, 2010
Immagini e video: (cover-1) cover della pubblicazione di Luca Barbeni, Webcinema, Costa & Nolan, Milano 2006 (2) Peter Horvath, Intervals, commmissioned for Turbulence.org, snap shot from web based audio / video, 8′ (3) video extract on vimeo of Lev Manovich’s Soft Cinema depicted at DEAF (Dutch Electronic Art Festival), Rotterdam, 2003 (4) Luca Barbeni, Fino alla fine del cinema, CLUEB, 2010