«Ambienti proiettivi animati, 1964-1984» è la mostra che ripercorre vent’anni di attività di Luca Maria Patella, figura di riferimento nel panorama della seconda avanguardia e pioniere nell’aver sondato le potenzialità filmiche applicate alla video –arte, e –soprattutto – nell’aver sperimentato con linguaggi ibridi e con il supporto di medium diversi. Ospitata al museo MACRO di Roma la mostra prende il titolo dalla prima personale di Patella tenutasi nella Capitale nel 1968, alla galleria l’Attico di Fabio Sargentini.
L’esposizione è suddivisa per ambienti, ognuno dei quali affronta un aspetto specifico del lavoro dell’artista. La prima sala è dedicata alle «tele fotografiche», in dialogo diretto con il cortometraggio Terra Animata, del 1967. Girato in 16mm, la proiezione è un documentario concettuale che vede i due giovani protagonisti (e lo stesso artista) svolgere azioni ripetitive e montate in stop motion. L’utilizzo sporadico del colore su alcuni oggetti rimanda alle teorie del «colore psichico». I personaggi si muovono relazionandosi anche ad un ambiente all’aperto, effettuando «misurazioni della terra», aprendo un dialogo tra la sperimentazione filmica, la performance e le conquiste della neonata Land art. Patella è infatti uno sperimentatore libero e le sue sono opere a più voci, per il plurale apporto delle differenti matrici artistiche. Così è possibile che il «vestito riflettente» indossato dalla giovane in Terra Animata, ritorni sulla tela, ritratto come una scultura, cristallizzata nel tempo fotografico. Ma è soprattutto il linguaggio la base per il lavoro di ricerca artistica. Vedere la tela Dice A (1966) significa doppiare mentalmente la ripresa del gesto, l’istante nel quale si incrociano la lettura del suono, della parola, dell’immagine.
In un nuovo ambiente le parole stesse prendono corpo, luce e forma con l’installazione Voulez-vous une Aubelière? Le pareti di una piccola stanza vuota e al buio sono schermi per proiettare una frase tratta dal Gargantua e Pantagruel, classico della letteratura del XVI secolo di Rabelais, fonte di ispirazione per Patella per l’uso espressivo, aggressivo e icastico della parola. Essa si lega all’architettura, invade lo spazio fisico e la sua sola presenza si fa esperienza sinestetica.
Ed è proprio quest’ultima ad essere nuovamente celebrata per la sala dedicata agli Alberi parlanti, opera proposta per la seconda volta dal 1971. Calpestando un pavimento fatto di stoffe variopinte, sotto un cielo azzurro proiettato sul soffitto, si va per un bosco incantato in ascolto degli alberi che lo animano. Ai fori colorati dei loro rami avviciniamo l’orecchio per metterci in ascolto di poesie, dialoghi, rumori ripresi dal vero dalla forte carica poetica ed evocativa.
Segue l’ambiente dedicato ad alcune delle 17 opere del Mysterium Coniunctionis (1982-84), un complesso mitologico-cosmico nel quale spiccano le grandi Cupole Stellari e le Rose Celesti, ovvero ricostruzioni di rappresentazioni mitocelesti e astronomiche di fine Seicento. Un viaggio ai confini dell’archetipo, dell’alchimia e della psicologia. Infine, con Id e Azione, del 1976, il simbolo falce e martello chiude la mostra in forma di istallazione sulla parete: l’icona politica riportata in grandi dimensioni suggerisce una ulteriore dimensione di linguaggio, tra l’id (il profondo) e l’azione (la socialità). La sua combinazione tra medium diversi, ha generato un gioco concettuale complesso ricco di riferimenti, votato al gioco, alla speculazione filosofica, all’espressione poetica, all’osservazione dell’ambiente, nell’incessante dispiegare i moti dell’io verso l’universo esteriore del sensibile.
«Luca Maria Patella. Ambienti proiettivi animati, 1964-84», MACRO, Roma
in collaborazione con Fondazione Morra, Napoli; Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, Roma, 30.01 – 26-04.2015
immagini (1 cover) Luca Maria Patella – Dice A, 1966 (2) Luca Maria Patella – Terra animata (misurazione della terra), 1967 (3) Luca Maria Patella – Alberi parlanti e cespugli musicali, 1971.