Per DIGITALIVE18, Marco Donnarumma, in collaborazione con Margherita Pevere, presenta Eingeweide, coreografia viscerale che mette in scena “un discorso di intimità con il non umano e con la macchina”. La coppia, nell’arte e nella vita, si unisce per la prima volta in un duo performativo intenso e simbiotico. Dalla loro base a Berlino, Donnarumma e Pevere coltivano due percorsi artistici e accademici diversi eppure complementari. Mentre la formazione di Donnarumma è orientata verso la body art, la musica, la robotica, e “l’arte performativa presa dal punto di vista di una corporeità molto intensa”, Pevere viene da un background in scienze umanistiche, politiche ambientali e media art. Condividono un particolare interesse per i processi organici e tecnologici e le forme di relazione che essi possono generare. Il loro originale linguaggio trans-disciplinare “cerca di integrare tutto questo in maniera organica”.
Sul palco si muove una nuova forma di vita. Due corpi allacciati formano un essere nel nascere. Un parto, una genesi, poi la separazione. La creatura si divide e scopre il mondo: da un lato il mondo artificiale della tecnologia, e dall’altro la dimensione organica della natura. Donnarumma incontra Ray, una protesi artificiale simile ad una proboscide, le cui reti neurali imitano il sistema sensomotorio degli animali, conferendogli la capacità di rispondere a degli stimoli in modo spontaneo.
Ogni movimento del busto tatuato dell’artista risuona nello spazio grazie ad un elaborato sistema di biosensori che catturano i movimenti dei suoi muscoli e organi. Margherita Pevere, il viso nascosto dietro un biofilm – o cellulosa batterica – cerca nei bianchi ammassi di sale quei luoghi “dove ci sono degli scarti e delle frizioni tra la nostra esistenza e altre forme viventi che ci sono intorno a noi”. Mentre Donnarumma si fonde con la macchina in un’interazione che esprime dolcezza, intimità e conflittualità, Pevere si unisce al biofilm, il quale “in maniera molto potente e ambigua, sembra pelle, sembrano viscere, eppure non ha niente a che vedere con il corpo dei mammiferi, o con il corpo degli animali. È completamente alieno a noi, però ha qualcosa di straniante perché ti riconosci però è anche qualcosa di repulsivo”.
Eingeweide fa parte del ciclo di lavori 7 configuration che “si occupa di affrontare il tema della coesistenza uomo macchina e non umano da punti di vista diversi”. Tra l’artista e il computer, tra la performer e il tessuto organico, si instaura un rapporto fusionale, viscerale, da cui nasce una «coreografia sensuale» che stimola un rapporto di complicità, co-dipendenza e scambio continuo. Con un forte richiamo alla fisicità, Eingeweide – che significa viscere – concilia la natura biologica dell’uomo con le forme di vita che lo circondano. “Nel momento in cui si mettono in gioco delle relazioni, si vede dove c’è intimità delicata e dove c’è intimità brutale e da queste relazioni emerge la storia dell’opera d’arte ma emergono anche delle domande”, domande che rimangono aperte, senza risposta prefissata, perché il duo “cerc(a) di evitare di sputare verità, cerc(a) di lavorare sull’ambiguo quindi stabilire delle zone grigie un po confuse ma proprio perché sono grigie e confuse mettono in discussione altre nozioni che noi diamo per scontato nella nostra società”.
La pelle meccanica della protesi artificiale creata da Marco Donnarumma, la pelle organica prodotta dai micro-organismi coltivati da Margherita Pevere, e la pelle animale appesa sul palco, incontrano i corpi degli artisti in una danza rituale che echeggia negli spazi della Pelanda, un tempo utilizzata per pelare i suini macellati.
Sofia Dati, Noemi Saia, Ornella Simma Paladino
Tutte le citazioni nel testo sono tratte da un’intervista rilasciata da Marco Donnarumma e Margherita Pevere agli studenti di comunicazione e didattica dell’Accademia di Belle Arti di Roma il 3 ottobre 2018. Questo articolo è parte della sezione speciale che Arshake dedica a BACKSTAGE / ONSTAGE, il progetto che ha portato 24 studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma dietro le quinte del DIGITALIVE18, nuovo format dedicato all’arte digitale curato da Federica Patti e parte del Romaeuropa Festival. Gli articoli, pubblicati con cadenza settimanale, costruiscono la memoria delle opere e degli artisti che sono stati presenti, catturando i momenti salienti della ‘vitalità’ dei lavori performativi, ma anche dei loro protagonisti. La struttura dei contenuti è stata concepita su ispirazione della Metodologia del Progetto di Antoni Muntadas, come proposto da Valeriana Berchicci.
immagini (all): Marco Donnarumma in collaboration with Margherita Pevere, DIGITALIVE18, Mattatoio, Roma, photo: Maria Giovanna Sodero, Eleonora Mattozzi realizzate per il progetto BACKSTAGE / ONSTAGE, sinergia tra Accademia di Belle Arti di Roma, Romaeuropa Festival, con il supporto di Arshake. Video realised by Alex Fanelli e Ambra Lupini. Grafica Chiara Arena, Giulia Blasi, Davide Musitano