Il 23 maggio 1966, in una lettera indirizzata a Michel Foucault, René Magritte espone alcune riflessioni «relative alla lettura» del «libro Les mots et les choses», per distinguere, con decisione e fermezza, la discordanza concettuale che presentano le parole Somiglianza e Similitudine. «Mi pare, per esempio, che i piselli abbiano fra loro dei rapporti di similitudine, a un tempo visibili (il colore, la forma, la grandezza) e invisibili (la loro natura, sapore, peso)», rileva Magritte al suo estimatore e interlocutore. Infatti «le ‘cose’ non hanno fra loro una somiglianza, ma hanno» soltanto «similitudini». E proprio al versante della similitudine – una similitudine che non è e non può essere somiglianza poiché «solo il pensiero può essere somigliante»[1] –, Mariana Ferratto, ha dedicato, nel 2015, un videoprogetto (ancora in progress) il cui titolo, Allo specchio, è viatico felice d’un percorso che, per similitudine da una parte e per inevitabile differenziazione dall’altra, entra nel pieno della problematica magrittiana. Si tratta di un lavoro che, presentato per la prima volta negli spazi della Gallery Apart di Roma, nell’ambito della personale Esercizi per occhi pigri (14/02/2015-11/04/2015), approda oggi al MACRO di via Nizza, nel palinsesto della mostra EgosuperEgoalterEgo. Volto e Corpo Contemporaneo dell’Arte, curata da Claudio Crescentini.
Accanto ad una galleria di opere (conservate nella collezione del museo) dedicate al ritratto, al collasso del suo genere e alla sua ripresa nel secondo Novecento – gustosa e intelligente, in mostra, la sezione riservata da Crescentini a Achille Bonito Oliva e ad Alberto Moravia –, il lavoro di Mariana Ferratto illumina la scena espositiva con una luce immersiva che, se da una parte invita lo spettatore a fare i conti con un rebus visivo (a indovinare le differenze, i contrasti, le difformità), dall’altra sposta l’asse riflessivo su un territorio dedicato alla partecipazione, all’identità, all’alterità e alla sfera etno-antropologica. «Nei miei lavori indago spesso il tema dell’identità» suggerisce, appunto, l’artista. «La somiglianza è uno degli elementi che segna l’appartenenza ad un gruppo. I miei genitori sono argentini: e quando, da adolescente, ho visto il video di una manifestazione a Buenos Aires, guardando le facce delle ragazze mi sono detta ora ho capito da dove vengo! La somiglianza è uno degli elementi che ci identifica e ci caratterizza»[2].
Utilizzando il semplice passaparola o i diversi social network che caratterizzano la piattaforma sociale d’oggi, Ferratto realizza così un’inchiesta estetica mediante la ricerca di alcune persone (dai tratti somatici affini ai suoi) che esorta a realizzare un breve video (anche con mezzi di fortuna come il videotelefono). «Il mio invito a queste ragazze» è «quello di mandarmi un video uguale a quello da me girato e a loro inoltrato. La protagonista è ripresa a mezzo busto ed esegue una sequenza di movimenti che sono movimenti tipici che si fanno di fronte allo specchio: pettinarsi, avvicinarsi allo specchio e guardarsi le sopracciglia, la bocca ecc»[3]. Il risultato – davvero sorprendente – è quello di trovarsi di fronte ad una ripetizione differente: ovvero a dieci videoritratti, a dieci similitudini biologiche, a dieci busti di donna che svolgono simultaneamente gli stessi gesti e guardano il loro proprio volto per lasciarsi guardare da un pubblico che fissa o scioglie le discordanze, che si perde piacevolmente nella rappresentazione di uno spettacolo sempre più morbido, alternato, alterato, prezioso.
[1] R. Magritte, Tutti gli scritti, a cura di A. Blavier, trad. it., Feltrinelli, Milano 1979, p. 556.
[2] M. Ferratto, Progetto sosia, da una mail dell’artista a chi scrive, con in oggetto un po’ di materiale, ricevuta il 20/12/2015, ore 14:16.
[3] M. Ferratto, Progetto sosia, cit.