C’è una precisione nella nuova personale di Marina Paris (Sassoferrato, 1965) organizzata allo Spazio Nuovo Contemporary Art di Roma – in via D’Ascanio, 20 – che stupisce e che invita a guardare con attenzione ogni minimo particolare, poiché nulla è lasciato al caso: anche le cornici, ad esempio, che come teche liturgiche custodiscono preziose immagini, sono eleganti garanti di memorie, d’un colore bruno trasparente o anche Terra di Cassel assorbente dal quale fuoriescono e feriscono lacerti del nostro tempo migliore: l’Italia della ricostruzione, del sogno, dei giardini assolati, dei sorrisi e della democrazia.
In questa mostra, tutta giocata sul pensiero di Aldo Rossi, sulla sua scrittura teorica e in particolare su un assunto riflessivo legato al concetto di frammento (il frammento «esprime una speranza, ancora una speranza, e come tale non conviene con rottame, che esprime una moltitudine o un aggregato di cose rotte»), troviamo – collocata sul fondo della sala espositiva, quasi a bucare lo sguardo dello spettatore e a far percepire l’idea di un allestimento inteso come opera d’arte totale – l’ingrandimento di una cartolina estiva dove si legge Marina di Ravenna – stabilimento e spiaggia, sormontata da una piccola lastra di marmo che riproduce la scritta depositata sul retro della cartolina stessa: «Un ricordo e un democratico saluto. 1954». Con una scansione interna di ordine polisindetico, Urban Fragments è un viaggio fisico e metaforico che si muove tra realismo critico e architettura razionalista, tra corpus storico e spostamento (spiazzamento) geopolitico.
Nelle 14 immagini che disegnano una ritmica vivace sul lato destro della galleria e nelle 15 che a sinistra compongono una nuvola (questi due nuclei sono affiancati da due ariose fotografie, Domestic Space_13 del 2010 e Interno del 2019 che congelano il tempo è registrano un luogo che non ha più la stessa forza evocativa poiché modificato dalla mano dell’uomo, dalla ristrutturazione radicale), è possibile cogliere una vena metafisica, un qualcosa di sovratemporale e di sovrastorico, di sovrageografico, e anche di erotico nello strappare e ricollocare attimi d’una memoria che troppo spesso si sfolla.
Per capire bene quello che fa Paris in queste 29 opere (tutte 42x32cm e tutte del 2019) bisogna leggerne le didascalie, chiavi che permettono di assaporare un flusso atmosferico legato ai meccanismi di condensazione e di spostamento, tipici della Traumtheorie freudiana.
Mar Rosso è lo strappo – l’artista taglia tutto con il pollice, nell’ambito di una regolazione del caso – e la sovrapposizione della carta geografica che richiama i luoghi del Globo con il Colosseo, l’Amphitheatrum Flavium più esattamente: e così anche Fiume Blu, Asia Minore, Confine Iraniano, West Coast, Messico o Albania. Tutto in questa mostra è racconto e metafora, linea sottile che unisce materia e memoria, sineddoche ariosa in cui muoversi felici.
Marina Paris. Urban Fragments,a cura di Guillaume Maitre e Paulo Perez Mouriz Spazio Nuovo,Roma
immagini :(cover 1) Piazza Venezia ,( PARTICOLARE) collage Mix (2) MARINA PARIS “Asia Minore,” 2019 collage, cm 42 x 32.jpg PH.Giorgio Benni (3) Mostra Urban Fragments by Marina Paris at Spazio Nuovo (4) DOMESTIC SPACE-13, 2010 cm 110 x 150 (5) INTERNO, 2019 STAMPA SU CARTA COTONE CM 42 X 32 (6) UN RICORDO E UN SALUTO DEMOCRATICO, STAMPA , MARMO , CM 100 X 155