Con Memento, recentemente uscito per postmediabooks, Pietro Gaglianò attraversa il potere del linguaggio, visivo e verbale, quello che costringe la memoria nelle architetture (visibili e invisibili) del potere, che siano quelle costruite dai totalitarismi europei – nella prima parte del libro trattati con particolare cura – o quelle modellate ‘dal’ e ‘nel’ ritmo martellante del potere mediatico, che nella vuoto del suo involucro trasferisce tutta la sua forza ipnotica.
Il monumento è la sintesi formale di questo potere, quello di un messaggio veicolato sulla memoria collettiva che costruisce e si costituisce attorno alla sfera pubblica. Lingua e forma si uniscono nella forza del loro impatto sulla memoria, un legame sintetizzato nel titolo stesso. Monumento e memento si ritrovano ad abitare un terreno comune, quello della memoria, complice dello strutturarsi sociale in una determinata direzione. «Memento –precisa Gaglianò – con la sua prossimità etimologica a ‘monumento’ è la forma che il latino memini assume nell’imperativo futuro, e vuol dire ‘ricorderai’, ‘terrai a mente’ e per estensione ricordati di ricordare». I riflettori si accendono, quindi, sul potere immaginifico del linguaggio – quello puro e quello dell’arte, sulla sua trasversalità, in poche parole, sul suo potere di resistenza. «La resistenza e la sua fedele simmetria nell’ambito del visibile, l’immaginazione, si manifestano dove la stretta egemonica si allenta, e prima che abbia inizio il controllo di un altro sistema (rivale o, più spesso, coordinato con il primo)» (Gaglianò, p.42).
Il libro apre con l’analisi del monumento al gerarca fascista Costanzo Ciano progettato nella città di Livorno e lasciato incompiuto. Questo monumento a ‘cuore aperto’, che lascia visibile il potere nel suo compiersi (e nel suo disfarsi), si presta ad inizio ideale di un discorso che si muove avanti e indietro nel tempo, che allarga il campo visivo a tutto ciò che non scontatamente rientra nell’ordine dell’immagine (come – per esempio – il disegno urbano).
Oggi, il monumento si estende ad altre forme di memoria collettiva che nascono fuori dai focolai del potere e che si manifestano nelle forme (o non forme) più varie, spesso indirizzate ad una resistenza all’omogeneizzazione del potere sistemico dell’economia e dell’arte. Con questa lettura Gaglianò attraversa la vastissima produzione italiana, un territorio da sempre propenso all’instaurarsi di un legame particolarmente saldo tra estetica, potere e disegno urbano, che si manifesti, questo, nelle politiche del consenso o nelle tensioni del dissenso. Il ritmo incalza in un densissimo resoconto dell’arte italiana, in particolare quella impegnata attivamente nella sfera pubblica da includere in una definizione aperta e moderna di ‘monumento’.
Le interviste a Jochen Gerz e a Thomas Hirschhorn, a chiusura del libro, esprimono due diverse angolazioni del monumento moderno, entrambe radicate nella pluralità, nel dialogo, nell’apertura, e nella precarietà come valore aggiunto, tutto rivolto ad aprire un canale dove possa scorrere vitalità e autonomia di pensiero.