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Arshake è lieta di pubblicare alcuni testi di Michele Manzini, parte di un lavoro di ricerca testuale da cui origina la performance Snags in Palladio, realizzata nel 2014 nella Palladiana Villa Pojana come continuazione di una ricerca «portata avanti negli anni dall’artista sulla costruzione di un linguaggio che contempli al proprio interno la contraddizione ed il conflitto come elementi strutturanti». La performance ha ora subito una ulteriore traduzione nel formato di una video-performance suddivisa in cinque quadri della durata di 6.03’ che sarà proiettata in loop presso il Teatro Agorà alla Triennal di Milano il 4 febbraio, 2015. Nel video la protagonista è la performer Barbara Canal, gìà ballerina con Carolyn Carlson alla Biennale Danza di Venezia del 2000 e in occasione della performance live. I testi dell’artista non solo spiegano ma estendono il significato di ciascun quadro della video performance e ci immergono nella «materia» filosofica che da forma alla vita.
Primo quadro: Simmetrie
Il concetto pitagorico che la bellezza suprema sia «la consonanza e l’armonia» transita attraverso il Filebo di Platone, proponendosi come l’ordine del mondo e delle parti del discorso che parlano del mondo, sino ad arrivare ad Aristotele, dove nella Metamorfosi si afferma che «le idee più grandi del bello sono l’ordine e la simmetria».
Ma all’interno dello splendore platonico si muove come un fiume sotterraneo il pensiero tragico mai sconfitto di Eraclito, e risentiamo il suono teso della sua voce, che chiama l’uomo all’amore e alla contesa dei contrari. Un filo sottile percorrerà tutta la storia sino a giungere all’età moderna dove la bellezza diviene più nascosta e misteriosa e dove, forse proprio per questo, esprime il suo senso più alto. Nell’età del moderno, quando il dissidio e le contraddizioni si fanno così aspre ed estreme da mettere in gioco il destino stesso dell’uomo, il concetto di bellezza riappare come l’idea che rende visibili le differenze senza distruggerle. È a questo punto che l’enigma della bellezza è svelato rivelando la sua natura complessa, paradossale e contraddittoria.
Secondo quadro: Spazi domestici
Quando Valéry scrive il suo Faust la sua preoccupazione è quella di introdurre nel racconto un po’ «di verità, un nulla di vita, di carne…». Se la vita è assente dal testo, la verità non ha più oggetto: non ha più luogo. È necessario portare il pensiero in prossimità del pathos da cui ha preso origine e ritornare alle domande che sono state sbiadite dalla troppa luce in cui si è librato, sublimato, dimenticando l’ombra che risiede nel soggetto e che è l’alone di ogni cosa e di ogni spazio che abitiamo. Il pensiero che rimuove il corpo è il pensiero che rinuncia all’amore, e che con esso si nega alle domande capitali sulla sofferenza, sulla morte, sulla felicità. Questo è il pensiero che ha perduto ogni dimensione etica, ogni rapporto con il bene e con il male. La sua sapienza è ottusa, perché non conosce ferita.
Terzo quadro: Allegorie
Alla finzione allegorica sembra concesso solo il rapporto con ciò che Aristotele nella Poetica classificava nella categoria della «verosimiglianza». Ma all’inganno dei racconti è legata sempre ed indissolubilmente una certa quantità di verità come nella finzione della maschera il cui scopo non è solamente di nascondere il viso che essa stessa cerca di celare.
Attraverso la maschera si incontra sempre la verità intrinseca del volto su cui è calata. Nella narrazione allegorica verità ed inganno si risolvono in un rapporto sempre duale. L’allegoria è un processo di metamorfosi. Narra sempre il mutamento, la trasformazione delle figure, che si modificano cancellando i propri confini, e liberando le immagini che si rendono così disponibili a nuove configurazioni. L’allegoria è una «trasfigurazione» che ci fa perdere qualsiasi rapporto con l’immagine apparente delle cose del mondo, illuminando e recuperando altrove un piano di realtà che prima di allora era rimasto invisibile.
Quarto quadro: Soglie
Vi è una differenza sostanziale tra confine e soglia. Il confine è una linea, un limite su cui si attestano realtà o identità diverse. La soglia invece è uno spazio, uno spazio attraverso cui si transita verso l’oltre. Il territorio della soglia non è esclusivo ma inclusivo. Comprende anche ciò che lo può mettere in questione. In esso avvengono mescolanze e conflitti, ma anche mutamenti e riti di passaggio. Al centro di questa esperienza della soglia possiamo collocare l’immagine proustiana dell’ «ora della conoscibilità» della Recherche. E’ l’immagine del risveglio. Il risveglio è l’attimo sospeso di uno scarto. E’ un punto di rottura e di passaggio che ci colloca nella regione indefinita del «fra-tempo» e del «fra-mondo», in cui l’io e le cose, il passato ed il presente, si mostrano in inedite configurazioni e dove si può produrre una vera e propria conoscenza partendo dall’esperienza della mescolanza, della giustapposizione e del conflitto.
Quinto quadro: Misurazioni
La razionalità neoplatonica che guidava l’artista rinascimentale nella ricerca dell’armonia imponeva di lasciandosi alle spalle tutto ciò che era inganno e menzogna: il mito, il racconto, la poesia. Ma quando Rimbaud parla di «un ragionato regolamento di tutti i sensi» che solo può farci veggenti, capaci di rispondere alla necessità «di essere moderni» ci rivela l’esigenza di un altro pensiero. Un pensiero che come dirà Musil mescoli la precisione della ragione alla capacità del mito di illuminare il molteplice, il contraddittorio, il plurale. Sarà per questo che Hölderlin dirà che i saggi tendono al bello, ma che questo bello si raggiunge non per sottrazione dell’individualità e delle passioni, ma attraverso il pathos. Pensieri che si articolareranno per sentieri secondari per tutto il XIX secolo, incrinando quella metafisica della luce che aveva tentato in vano di occultare quel cono d’ombra che ogni cosa proietta come sua irrevocabile ed irrinunciabile verità.
I testi sono firmati da Michele Manzini e sono una componente centrale del lavoro di ricerca che lo ha portato a realizzare la performance nel 2014 e la video performance suddivisa in cinque quadri che sarà presentata al Teatro Agorà presso la Triennale di Milano, domani, 4 febbraio, 2015.
Michele Manzini, artista. Da anni concentra la sua ricerca sul tema del paesaggio contrapponendo all’idea di armonia la realizzazione di figure in grado di proporre l’instabilità ed il conflitto come elementi non risolti. Ha esposto le sue opere in numerose mostre e spazi sia in Italia che all’estero tra cui: l’Istituto Italiano di Cultura a Praga nel 2009, il MAXXI di Roma nel 2009, il SUPEC di Shanghai in occasione dell’Expò del 2010 e alle Biennali di Venezia del 2011 e del 2013. Ha pubblicato diversi testi tra cui ricordiamo nel 2002 “Il paesaggio e il suo mito” Editions de la Villette, Parigi e nel 2011 “Mescolanze” Edizioni Kn-Studio. Nel 2009 ha vinto il Premio Terna per l’Arte contemporanea.
Barbara Canal, coreografa e perforare. Inizia la sua carriera studiando e lavorando con il maestro e coreografo Matt Mattox e danzando per lui in diversi spettacoli . Successivamente sarà scelta come solista anche dal coreografo Jan Marc Boitiére. Dopo l’ottenimento dell’E.A.T. presso Le Centre National de la Danse di Parigi è selezionata per l’Accademia Isola Danza della Biennale di Venezia diretta da Carolyn Carlson. Dal maggio del 2000 entra a far parte della Compagnia della Biennale di Venezia diretta dalla stessa Carolyn Carlson e con lei poi sarà in tournée con spettacoli che la porteranno in numerosi teatri in Italia e all’estero.
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