La prima volta che Allen Ginsberg legge Howl alla Six Gallery, quel fluire di versi non è ancora diventato un libro, le parole si susseguono rapidamente come una sorta di viaggio mentale al termine della notte, urlo di dolore, denuncia e protesta nell’America degli anni ‘50, contro il capitalismo e il conformismo. Il poeta esterna, fra slancio vitale e disperazione, temi esistenziali che la società considera osceni. La definizione di happening non è stata ancora coniata, ma Howl si forma in quello stesso humus culturale, sia nella sostanza della provocazione e distruzione del senso, sia nella struttura, dove a un tracciato più o meno predisposto corrisponde una dichiarata libertà espressiva. Non esiste un tempo né un luogo definito, ma piuttosto uno scorrere di eventi in un intervallo per lo più indeterminato, un assemblage di accadimenti. La lettura a momenti ritorna su uno stesso ritmo, che poi prende strade improvvisate e viene perciò paragonato all’andamento della musica Jazz.
Mentre concepisce Io ho visto solo la fine, Pasquale Polidori si interroga su cosa significhi oggi quella lettura, fa i conti con l’azione e il sentimento del poema performativo, attinge al senso malinconico di fine che è insito nel termine «contemporaneità», così come il senso di opera «finita». Mette in atto degli eventi e li nomina Rottami. Coerente al proprio modo di lavorare, l’artista manipola alcuni elementi che diventano azioni simboliche ed evocative, costruisce un’opera proliferante in numerosi rivoli di pensiero che attraverso Howl incontrano il lavoro di altri artisti. Il primo di due interventi presentati nel 2021 allo Studio Campo Boario a Roma, è una forma di annuncio del successivo.
«L’intenzione era di lavorare sul contesto di produzione di Howl», spiega l’artista. Su di un piedistallo egli canta una canzone dell’epoca, poi un drammatico brano di Schubert introduce l’ineluttabile fine menzionata nel testo Io ho visto solo la fine, recitato fra allontanamenti e ritorni su sé stesso. Oscilla come un lazo una lunga collana fatta di perline colorate, alcune con lettere che di nuovo compongono il titolo. E’ un richiamo agli Stati Uniti, ma le perline di legno, simbolo di libertà per la Beat Generation, oggi sono di plastica, il materiale generato dal petrolio.
I Rottami, per l’artista «pezzi di Howl», appaiono nel secondo intervento e sono eventi che Polidori chiama anche «attraversamenti» poiché svolti in maniera simultanea, anziché concatenati uno dopo l’altro come nella lettura di Ginsberg del 1955. Esiste una «partitura» che può considerarsi un canovaccio, seguito dai partecipanti ma con margini di libertà. Nell’Antifona, già presente nell’annuncio, Giovanna Fiacco realizza, d’après Jackson Pollock, un dripping bianco su bianco di cui rimane solo il gesto. Anche nei Rottami si prevede una modalità di lettura che coinvolge il corpo, la manipolazione e l’analisi del linguaggio: la posizione dello «stare» nella ripresa di due opere del 1972 di Ferruccio De Filippi e «l’abitare» un testo da parte di Polidori che impersona il «corpo sociale» da Il linguaggio del corpo è un fatto sociologico, di Gina Pane; Naoya Takahara misura le parole di Howl alla ricerca di una metrica e Tyanyi Xu legge ad alta voce i colori e le lettere della lunga collana di perline, mentre Michele Zaffarano compie un migliaio di differenti inserimenti in una stessa «frase bucata»; nel Rallentamento linguistico Chiara Vignandel e Salvatore Zoncheddu dipingono a china su grandi fogli quanto sta accadendo e nel Prologo Alberto D’Amico ha il ruolo di «parlante investito da un vento di polvere e pezzi di ogni cosa».
Leggere (e rileggere) è concretizzare una serie di azioni che vengono da loro stesse superate attraverso i margini di casualità. «La lingua è sempre qualcosa di usato, qui anche letteralmente – afferma Polidori – ogni azione della nostra vita può diventare un atto di lettura».
Pasquale Polidori, IO HO VISTO SOLO LA FINE (d’après Allen Ginsberg)
rottami di lettura di HOWL attraverso Jackson Pollock, Gina Pane, Ferruccio De Filippi
Un happening ideato e prodotto da Pasquale Polidori. Con azioni di Giovanna Fiacco, Naoya Takahara, Michele Zaffarano, Tianyi Xu, Chiara Vignandel, Salvatore Zoncheddu, Alberto D’Amico, Mariella Bolzoni e Pasquale Polidori. Grazie a Federica Luzzi per il lavoro fotografico.
Studio Campo Boario, Roma 28 ottobre 2021 dalle 16:30 alle 20:30
Immagini: (cover 1) Pasquale Polidori, Primo rottame misurazione delle espressioni lineari misurante: Naoya Takahara, foto: Federica Luzzi (2) Pasquale Polidori, quinto rottame il corpo al suo posto e l’immagine del corpo al posto del corpo al suo posto [manipolazione di: Gina Pane (Il linguaggio del corpo è un fatto sociologico, 1974, testo)] corpo: Pasquale Polidori società: Tianyi Xu, foto: Federica Luzzi (3) Pasquale Polidori, Rallentamento linguistico, disegno: unico modo per rallentare la caduta dello sguardo sulle cose rallentanti: Chiara Vignandel e Salvatore Zoncheddu, disegno a china (4) Pasquale Polidori, Antifona Pollock bianco Jackson Pollock: Giovanna Fiacco (5) Pasquale Polidori, Io ho visto solo la fine, 2021