Da una prima lapidaria dichiarazione liberatoria (Viva questo mondo di merda, 2012) ai millenovecento grani di legno insertati a una corda per dar vita all’installazione ambientale Nuovo tempo sospeso (installazione realizzata nel 2012 per il progetto MadeinFilandia), Serena Fineschi (Siena, 1973) mostra una volontà contestuale che si nutre piccole occasioni del tempo, di mondi fragili presi d’assedio da ogni parte per farsi, sotto la stella dell’arte, preziosi preamboli di una frizione creativa che massaggia il pensiero dello spettatore e lo trascina in ambienti pungenti e luminosi dove tutto diventa espressione decontaminata, chiarezza visiva, purezza riflessiva.
Nervose linee d’orizzonte, fragili ma efficaci motivi che lasciano intravedere l’inarrestabile divenire delle cose (si pensi, in particolare, a Taking Care del 2013), esili lacerazioni, sensuali paesaggi anemici e «impermanenti», oggetti legati al tempo (allo sfiorire, alla finitudine), opportunità della vita che permettono la nascita di «panorami lunari, vedute sconfinate dove è possibile perdersi».
Plurilinguistico e transdisciplinare, il suo lavoro disegna un programma versatile che investe di nuovo senso il mondo della vita e dei mille significati che la riguardano per dar vita a progetti – Calibrazione della volontà (2012), Never Never Land (2013), All’improvviso o con il tempo dovuto (2013), il meraviglioso ciclo sul prendersi cura (2012-2013) e il luminoso primo giorno di sole (2014) ne sono alcuni – coinvolgenti, minimali, la cui minimalità tocca questo o quel tasto per far vibrare l’anima.
Anche le recenti abrasioni che orientano lo spettatore in un calmo Disordine essenziale (2015), in una sorprendente Sonata muta per paesaggio (2015) o in un poetico interrogativo che instaura un rapporto di partecipazione con il pubblico (Vuoi che mi prenda sul serio?, 2015) – opere legate al ciclo che si pone come uno sguardo Dans le désordre du paysage – offrono una piacevole ed elegante atmosfera, una cosmografia fatta di speranze (Non è vero che la felicità non esiste è un lavoro del 2013), una piattaforma idiomatica dove è possibile leggere un silenzio insistente, disarmante, emotivo, visivo, fisico.
immagini (cover) Serena Fineschi, La distanza che ci unisce non ha nulla a che fare con la misura di tutte le cose, 2015, carboncino su muro (1) Serena Fineschi, Dans le désordre du paysage, 2015, solo show, Canal 05, Bruxelles, exhibition view (2) Serena Fineschi, Disordine essenziale, 2015, abrasione su cartone ondulato (part.) (3) Serena Fineschi,Il vento mi porta dovunque, 2015 Abrasione su cartone pressato