Il 2 dicembre, a chiusura della stagione di spettacoli del Romaeuropa Festival e nell’ambito di Digital Life (ancora in corso) Sterlac incontra il pubblico a Palazzo delle Esposizioni in conversazione con Massimo Bergamasco, esperto di robotica e Direttore dell’Istituto di Tecnologie presso la Scuola di Sant’Anna di Pisa. Il prof. Bergamasco introduce la sua ricerca sulla robotica, racconta del suo Museum of Pure Form, un museo itinerante con bracci robotici che in varie località permettono di vedere tridimensionalmente le sculture attraverso un’interfaccia ottica. Soprattutto, da persona impegnata a costruire programmi ed estensioni tecnologiche per scopi medici, racconta di come il suo interesse si estenda a quello dell’arte, rende comprensibile quanto possa dimostrarsi utile anche in altri ambiti. L’introduzione al lavoro di Sterlac, che conclude il suo intervento, diventa un’ancora importante alla realtà, rassicura chi ancora si sentisse turbato dalle provocazioni del performer australiano, visioni che hanno anticipato di anni la realtà attuale. Sterlac prende la parola e racconta del suo lavoro, di come per tutta la vita abbia messo in gioco il suo stesso corpo per sperimentare e dimostrare nuovi possibili modi di estensione tecnologica. La sua Third Hand, un braccio robotico aggiunto a quello naturale si muoveva controllato da muscoli addominali o delle gambe. Con Fractal Flesh il corpo dell’artistag era mosso da altre persone attraverso stimoli muscolari attivati da un’interfaccia touch-screen. Con Stomach sculpture, inseriva una micro-tecnologia all’interno dello stomaco mentre con il suo Exosckeleton, il corpo e la sua funzionalità si estendevano ad un gigantesco esoscheletro robotizzato a sei gambe. Tutti modi, questi, di esplorare e sperimentare corpi aumentati, non prima di aver ‘svuotato’ il corpo con le sue performance estreme, appeso con dei ganci attraccati alla pelle e sollevato dal suolo per rendersi obsoleto, assente, un semplice oggetto scultoreo.
Il lavoro che lo ha impegnato per decine di anni e che ha assorbito l’attenzione dei media è stato il suo Extra Ear, dove l’estensione tecnologica avviene attraverso l’aggiunta di un organo ‘morbido’, una protesi di cartilagine inizialmente pensata per essere inserita sulla testa, vicino all’orecchio ‘naturale’, e poi spostata sull’avambraccio per motivi medici. Extra Ear assegna all’anatomia dell’orecchio un’altra funzione, quella di emittente piuttosto che ricevitore, collegata ad un modem e ad un computer portatile per trasmettere suoni radio, funzionare da antenna Internet, e diventare, così, un eccesso anatomico e a cui ne corrisponde uno tecnologico.
«Il corpo diventa un crocevia, un nesso tra agenti collaborativi che non sono semplicemente separati o esclusi dai confini della pelle, né devono essere in prossimità». Questo sosteneva Sterlac in un’intervista a Jens Hauser, in occasione di un’importante mostra su tema, Ski-interfaces», al FACT di Liverpool. «Così – proseguiva Sterlac, possiamo sperimentare corpi remoti, possiamo far sì che siano loro ad invaderci da lontano, ad abitarci ad emanare dalle architetture dei nostri corpi, esprimendosi attraverso movimenti e suoni attivati da agenti remoti[1]».
Le questioni che Sterlac si poneva, e ci poneva, trent’anni fa, sono slittate quasi inavvertitamente da argomenti di conversazione fantascientifici a concretizzazioni della realtà quotidiana. Ci inseriamo in un questa corsa investigativa, che per lui non si è mai interrotta, nel momenti in cui gli ‘‘schermi si sovrappongono alla pelle e diventano interattivi e le immagini conquistano un potere che noi non possiamo ancora immaginare’. E mentre la carne diventa obsoleta, gli oggetti diventano intelligenti. «Il corpo – chiarisce Sterlac – è un oggetto che richiede re-immaginazione».
Ora la tecnologia è progredita e anche il suo Extra Ear riprende la sua ‘vitalità emittente’. Il microfono inserito nel suo orecchio aggiuntivo e rimosso a causa di una grave infezione, sarà ora ri-collegato nel 2018, grazie alla collaborazione di alcuni bio-hackers negli Stati Uniti. Il confronto di Sterlac con Bergamasco accende i riflettori sulla complementarietà di alcuni argomenti e mondi che dall’astrazione artistica si ritrovano nella realtà più ‘carnale’, quella che oggi sta man mano evaporando nell’effimero.
[1] Testo originale: The body becomes a nexus or a node of collaborating agents that are not simply separated or excluded because of the boundary of our skin, or having to be in proximility. So we can experience remote bodies and we can have these remote bodies invading, inhabiting and emanating from the architecture of our bodies, exptressed in the movements and sounds prompted by remote agents
L’ottava edizione di Digitalife, sezione dedicata alle nuove tecnologie e all’arte digitale nell’ambito del Romaeuropa Festival, per questa edizione dedicata a Where are we now?, è ancora in corso a Palazzo delle Esposizioni, quest’anno realizzata con la collaborazione e il sostegno di un network di istituzioni locali, come la Fondazione Giuliani, legata alla Biennale dell’Immagine in Movimento del Centre d’Art Contemporain di Ginevra, e la Nomas Foundation.
Immagini: (cover 1) STELARC, «StickMan – Daedalus Project, Fringe World», Perth 2017 – Photo Toni Wilkinson (2) STELARC, «Ear On Arm», Venice International Performance Art Week 2016, photo Piero Viti (3) STELARC, «Propel – Body on Robot Arm», 2015, photo Steven Aaron Hughes.