Con uno sguardo attento a decifrare gli strumenti della comunicazione e del controllo di massa, a carpire gli umori instabili della collettività e a ripercorrere la quotidianità in tutte le sue varie declinazioni attuali, Burçak Bingöl (Görele, 1976) elabora progetti che sfrangiano il luogo comune per costruire cortocircuiti riflessivi, sentieri estetici volti a accertare la nostra vita attuale, a chiarire la complessità della vita sociale.
Mediante l’utilizzo esclusivo della ceramica, di un materiale antico ricalibrato al presente per creare un contatto con le tradizioni popolari e con alcuni brani della propria storia formativa, Bingöl defunzionalizza e decontestualizza una serie di oggetti di turno – telecamere di videosorveglianza, giunzioni e tubi idraulici o, è il caso di Seyir (2014), la fronte di un camion completamente riprodotta in terracotta – rielaborandoli con un camaleontismo decorativo che richiama alla memoria la natura e, contestualmente, l’arabesco culturale della sua terra d’origine.
Maneuverability (2012), Barbie Blues (2013), Permeable (2013-2015) e il recente Unforeseen Resistance (2015) sono progetti speciali che, assieme ad alcuni lavori degli ultimi tempi – Lel le-le lel (2014) è, assieme agli straordinari Süperakış (2014), un mirabile paragrafo estetico – e alla serie Bir Balon Yok mu? (2014), rappresentano soltanto alcune delle traiettorie con cui l’artista tratteggia un programma evolutivo che si apre costantemente allo spazio e elabora audaci rapporti di partecipazione con il tatto retinico dello spettatore.
Continuamente estroflessa, la sua matrice espressiva preme sulla disidentificazione dell’oggetto dalla sua funzione originaria per invitare a riflettere sulle sue forme perfette, sulla sua insita artisticità e sulle modifiche percettive che la forma in sé, spostata lungo un asse squisitamente depurato dall’impronta dell’artista, può incontrare.
Oscillando tra artificio e natura, tra inorganico e organico, l’artista crea infatti un continuo calco della realtà con lo scopo di produrre controimmagini, seducenti dispositivi pensanti che, se da una parte fanno il verso all’oggetto strappato con dolcezza, delicatezza e precisione alla velocità dell’ordinario, dall’altra vestono e travestono l’oggetto con una cifra espressiva, con un meccanismo intellettuale che non si ferma mai alla forma in sé o alla funzionalità attuale delle cose, ma procede verso la comprensione sensibile, istintiva di quello che sta dietro le cose stesse.
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