Con questo breve intervento sulla scenografia contemporanea non voglio certo invadere lo spazio di illustri colleghi critici teatrali, ma riflettere esclusivamente su un lavoro che Benito Leonori (Passo di Treia, 1967) ha prodotto lo scorso 10 luglio 2015 per la messa in scena del terzo ed ultimo step della trilogia di Marco Filiberti, The plaint of the muses: «una creazione da annoverare come un vero e proprio evento artistico di teatro totale»[1].
Per il «nuovo accadimento teatrale dell’autore e regista Marco Filiberti», Leonori propone, infatti, un’atmosfera totale che traveste lo spazio e lo investe con una manovra temporale spiazzante, legata all’estraneazione, allo sbalzo gravitazionale, ad una entusiasmante sovrastoricità.
Servendosi di una serie di riferimenti iconografici presi a prestito dal mondo dell’arte contemporanea – come non pensare al crollo (Abschlag, 2014) proposto da Thomas Hirschhorn all’Hermitage, per la decima edizione di Manifesta? – Leonori, legato da sempre ad un discorso che trasforma la parola in spazio e il mondo della superficie in terreno temporale, mette in campo, con Il crepuscolo dell’arcadia. Dieci quadri per un’Opera-Mondo[2] realizzato per il Teatro Comunale Accademia degli Avvaloranti di Città della Pieve, un progetto transmediale che si sporge sulle varie balconate dell’arte per costruire un progetto totale – la cui totalità investe lo spettatore e traveste la scena in un territorio magico, cosmico, metafisico.
Evidenziando un perspicace dialogo con il mondo delle arti visive e una luminosa transmedialità che tocca inevitabilmente diversi continenti creativi, l’artista costruisce infatti un progetto dall’impianto polifonico, segnato da una felice poliglottìa estetica, da una capacità di intersecare – e in alcuni casi sovrapporre – differenti saperi. Lo sopo è quello di illudere, di catturare lo spettatore per trasportarlo un un mondo magico, in un sogno dove video, scultura, corpo-ambiente, sound e luce disegnano, appunto, il volto (il desideri segreto?) di una Gesamtkunstwerk. Del resto, non è forse la scenografia una grande installazione d’arte contemporanea che, seppur legata alla funzionalità (e alla finzionalità) della messinscena, non smette di stupire o di emozionare il pubblico con artifici visivi sempre più avvincenti e coinvolgenti?
scenografie per il terzo ed ultimo step della trilogia di Marco Filiberti, The plaint of the muses:
[1] G. Distefano, Nel “Crepuscolo di Arcadia”, Marco Filiberti insegue la fine della Bellezza, in «il Sole24Ore – Teatro e Danza», edizione online, 23 luglio 2015 (ore 18:01), linkato il 15/08/2015, ore 15:28.
[2] Testo e regia di Marco Filiberti, scene di Benito Leonori, luci di Alessandro Carletti, costumi di Patricia Toffolutti, suono di Marco Benevento e coreografie di Daniela Malusardi. Interpreti: Filippo Luna, Luigi Pisani, Giuseppe Lanino, Giovanni De Giorgi, Giulia Galiani, Luisa Maneri, Gabriele Vanni, Diletta Masetti, Enrico Roccaforte, Emilio Vacca, Lucia Mazzotta, Tanita Spang, Noemi Rossi, Emanuele Burrafato, Artem Prokopchuk.