Con la mostra Stella, a cura di Adriana a Polveroni e Angelandreina Rorro, La Galleria d’Arte Moderna a Roma presenta una corposa serie di opere del giovane artista Flavio de Marco (Lecce, 1975), attraversamento del genere paesaggistico e dello spazio pittorico come dispositivo critico verso i moderni [molteplici] orizzonti prospettici. Stella, titolo della mostra ma anche della sua serie di pitture, disegni e di un libro [da lui scritto e illustrato] è un progetto di isola immaginaria, ispirata a quella artificiale recentemente costruita nel Mar Egeo che qui prende forma in un collage di diverse tipologie di paesaggio (cartoline, pubblicità, panoramiche reali o riprese dalla storia dell’arte), proposte come «archetipo della visione». L’isola diventa «isola software, il non-luogo di tutti i paesaggi possibili (Maria Vittoria Marini Clarelli)[1].
La tipologia di ritratto en plain air confluisce in un paesaggio che si delinea nei modi di vedere, nella trasformazione in dato oggettivo di esperienze soggettive dello sguardo, esperienze da cui non si può escludere l’apparato tecnologico. I quarantaquattro dipinti e trenta disegni in mostra sono poi completati dall’omonima produzione letteraria, libro elaborato nell’arco di due anni e formulato come guida di viaggio scritto e illustrato di un luogo che diventa spazio di riflessione sull’arte.
Tecnologia e tradizione, natura e artificio si ritrovano in un terreno comune confinante con i bordi della tela. Lo schermo e i dispositivi software che regolano l’immagine e quindi la visione, si interpongono tra noi e il mondo moderno, tra la prospettiva rinascimentale e quella poli-prospettica dei luoghi liquidi che abitiamo oggi. Lo schermo del computer diventa «possibile orizzonte di un’esperienza del paesaggio», apertura ad una nuova visione che oltrepassa la fisicità del reale. Lo spazio è anche quello della pittura. La vista si affaccia, prima di ogni altra cosa, sul mondo piatto e ravvicinato dello schermo». La pittura diventa, insomma, il «luogo per eccellenza dello sguardo», lo spazio dove tutte le problematiche legate allo sguardo convergono » (De Marco). Quella di De Marco è una «riconfigurazione della finestra di Alberti come fa notare nel suo saggio in catalogo Adriana Polveroni riprendendo un’affermazione dell’artista che esprime il suo senso della pittura «invenzione di un nuovo modo di vedere lo spazio»[2].
La pittura affronta, si confronta e si immedesima con il paesaggio, restituendolo assieme a ciò che di questo non è visibile ad occhio nudo, lo schermo, finestra sulla visione, ma anche generatore di immagini di mondi, di prospettive e orizzonti molteplici che si aprono dal piano bidimensionale della loro natura di superficie liminale.
[1] Maria Vittoria Clarelli, Un’isola come software degli stili del paesaggio, in Flavio de Marco. Stella, Maretti Editore, catalogo di mostra, Roma 2014, p. 14
[2] Flavio De Marco in una conferenza alla Collezione Maramotti a Reggio Emilia il 5 aprile 2014 citata da Adriana Polveroni nel suo saggio Una Stella tra Hybris e Finzione in: Flavio de Marco. Stella, Maretti Editore, catalogo di mostra, Roma 2014, p. 41
Flavio de Marco. Stella, a cura di Adriana Polveroni e Angelandreina Rorro
Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 05.06 – 05.10.2014
immagini
(1 cover) Paesaggio (Isola di Stella) acrilico e colore spray su tela cm. 200 x 300, 2013 (2) Paesaggio (Isola di Stella) acrilico e pennarello su tela cm. 150 x 200, 2011. (3) Paesaggio (Isola di Stella) acrilico su tela cm. 50 x 70, 2012.