È nel periodo illuminista che la scienza prende le distanze dalle arti, una spaccatura durata quasi due secoli, almeno fino a quando, nel 1912, Duchamp (1887), grazie alle raccomandazioni di Picabia (1879), suo grande amico, incomincia un periodo di lavoro nella Bibliothèque Sainte- Geneviere, dove, tra i libri, il giovane artista rivoluzionario incomincia a mostrare interesse per la matematica, la fisica e gli studi di Poincaré (1854).
Da questo momento in poi avviene la svolta: la scienza torna nuovamente a mischiarsi con l’arte e questa volta il legame è più forte di prima, complice la deriva laica del novecento, lo sviluppo delle città e la nascente concezione antropologica dell’essere umano, che dà vita ad altre discipline da noi conosciute come Scienze Umane.
È passato un secolo da quel momento, ma arte e scienza non hanno fatto altro che stringere il loro rapporto; viene da chiedersi se l’arte sia divenuta un mezzo per la scienza, capace di aiutarla a trovare delle risposte o se la scienza abbia trovato nell’arte il medium perfetto per comunicare, in maniera semplice, le proprie scoperte alle masse. Non importa. Ciò che risulta davvero importante, ora, è il connubio Arte-Scienza o, nel caso di Sacha Turchi (1988), Arte-Biologia, che ci permette di osservare, all’interno degli studi di Via Farini (Milano), da un nuovo punto di vista, qualcosa che da sempre osserviamo credendo di conoscere: la pelle, da cui prende nome la ricerca artistico-scientifica di Sacha, per l’appunto Nuova Pelle. Suddiviso in quattro fasi, Nuova Pelle è un percorso sviluppato dall’artista con il primo obiettivo di definire il concetto di Pelle in tutte le sue sfaccettature, dall’ambito bio-medico fino alla simbologia racchiusa nel termine, proseguendo con lo studio di nuove forme di epidermide, da laboratorio, in grado di reagire agli stimoli esterni e di diventare testimone, attraverso l’aspetto, del proprio vissuto.
Approccio di ricerca di tipo antropologico è, invece, quello che caratterizza il progetto artistico di Claudia Sinigaglia (1985) che, attraverso il suo interesse per la sociologia, espone quelli che sono i risultati del suo studio sul comportamento di persone in luoghi pubblici. Ma se arte e scienza, come abbiamo detto, hanno stretto rapporti più forti di prima, in questo nuovo millennio la tecnologia svolge una fondamentale funzione all’interno di questa solida collaborazione: è il caso di Matteo Pasin (1986) e Giuseppina Giordano (1987), del loro inusuale utilizzo degli strumenti di Google o della strana applicazione di Natàlia Trejbalovà (1989), per concludere con l’invito da parte di Pamela Diamante (1985) a riprendere in mano la nostra capacità di stupirci di fronte ad avvenimenti ai quali, per via della eccesiva esposizione, siamo ormai assuefatti e desensibilizzati.
VIR Open Studio, a cura di Giulio Verago, Via Farini in Residence, Milano
Artisti: Sacha Tuchi, Natalia Trejbalovà, Matteo Pasin, Claudia Sinigaglia, Pamela Diamante, Giuseppina Giordano, Andrea Inglese, Gianluca Codeghini
immagini (all) Sacha Turchi, Pamela Diamante, Giuseppina Giordano, Matteo Pasin, Natàlia Trejbalovà, Claudia Sinigaglia – VIR Open Studio, 2017, exhibition view, Via Farini, 35 Milano.