Esposizioni, convegno che si è svolto il 27 e 28 gennaio presso il Centro Studi e Archivio della Comunicazione – CSAC – di Parma pone al centro dell’attenzione uno degli snodi più rilevanti del dibattito storico artistico. Curato da Francesca Zanella, Francesca Gallo, Francesca Castellani, Vanja Strukeij e Stefania Zuliani si è svolto nella cornice dell’Abbazia di Valserena dove ha sede l’Archivio-Museo dello CSAC.
La natura duplice di questo centro di ricerca dell’ Università di Parma funge da spunto per le prime riflessioni a fondamento del convegno. L’archivio, creato a partire dal 1968 per volontà di Arturo Carlo Quintavalle, si è contraddistinto rispetto ad altre istituzioni similari per una raccolta eterogenea composta fra le altre da fotografie, fondi di artisti, design e grafica. Una parte di questa collezione viene ciclicamente mostrata presso lo spazio espositivo creato all’interno della chiesa della stessa abbazia, facendo sì che l’esposizione diventi esemplificativa delle possibili interrogazioni a cui i materiali della storia possono essere sottoposti.
Dunque quale interpretazione dare all’allestire e all’esporre? Le varie problematiche di questo complesso argomento sono state trattate mediante sette linee guida. La prima sessione ha sviluppato il tema della Curatela come critica: casi studio si sono susseguiti approfondendo la questione della mostra come “scrittura critica”, sguardo individuale e selettivo del critico sul magma complesso del fenomeno artistico. Esemplificativo al riguardo, l’intervento di Antonella Trotta, Renaissance Art Now. Botticelli re-immaginato al Victoria & Albert Museum, focalizzato sulle scelte operate nella mostra londinese strutturata intorno all’immaginario generato dalle opere dall’artista rinascimentale.
Segue poi Opere in mostra, dove dall’intervento di Rita Messori, incentrato sul processo della fruizione – ripercorrendo a ritroso le teorie di Paul Ricœur, Maurice Merleau-Ponty e Paul Valéry– si mette in campo un ulteriore protagonista di questa vicenda: lo spettatore. Fuoriesce così uno snodo ricorrente nel corso delle due giornate di studio: l’esperienza dell’osservatore come compimento delle varie fasi progettuali ed esecutive dell’esposizione e la complessità mutevole della fruizione. Altra problematica affrontata sono le trasformazioni verificatesi con l’introduzione delle nuove tecnologie nello spazio espositivo e dunque, i mutamenti che lo hanno travolto ogni qualvolta la natura dell’opera cambia. Il sottile confine tra arte e non arte, tra studio e documentazione e la messa in crisi del sistema espositivo viene introdotto da Mario Scotti con l’intervento sul progetto Oreste e il suo coinvolgimento alla 48. Biennale di Venezia, esemplificativo per l’abbandono di un’autorialità specificata e l’adozione di un’esperienza comunitaria.
Nella terza e quarta sessione si sono susseguiti interventi di Case Studies Venti-Trenta, Sessanta-Settanta: attraverso lo studio di specifiche mostre si sono affrontati decenni significativamente scelti come punti di svolta e di cambiamento. Il primo pone le basi per i moderni criteri di allestimento e dunque imprescindibile fondamento storico di ogni discorso odierno sulla fase di progettazione e fruizione dell’esposizione; il secondo per le nuove problematiche generate dalla dimensione performativa, dalla partecipazione del pubblico e dal catalogo come ulteriore sguardo critico.
Si prosegue con tre sessioni fra loro complementari riguardanti la Storia delle esposizioni, Allestimento ed Effimero e Permanente. Gli interventi proposti presentano esempi specifici che hanno permesso la trattazione di problematiche più generali circa l’esporre e l’allestire: le modalità di messa in forma innovative che costituiscono la storia delle esposizioni, l’analisi di precisi racconti curatoriali, e la relazione tra opera e spazio tra percorso effimero e contenitore permanente.
Nel corso delle due giornate di studio, si è attinto alle mostre come strumento sensibile per registrare scelte e trasformazioni, e per operare una lettura della storia dell’arte tramite il complesso fenomeno delle esposizioni. Anna Chiara Cimoli, durante il suo intervento incentrato sull’analisi della Triennale del tempo libero del 1964 – parafrasando una riflessione a posteriore di Umberto Eco su quell’esposizione – esplicita quello che si può ritenere una traccia di sottofondo del convegno: la mostra come inizio di un percorso e di una ricerca, non un punto di approdo, ma ulteriore domanda e interrogazione. Un invito del 1964, ancora aperto alla contemporaneità.
Immagini (tutte) Laboratorio Fotografico CSAC, Università di Parma