Al Palazzo delle Esposizioni di Roma, fino al 27 febbraio 2022, è in mostra Ti con Zero, a cura di Paola Bonani, Francesca Rachele Oppedisano e Laura Perrone, una rassegna di 30 artisti che con le loro opere collegano due ambiti così indispensabili l’un l’altro, eppure apparentemente opposti: l’arte e la scienza, l’eterno relativismo e l’analisi strutturale, il dato di fatto e il dato perverso. In essa una sezione è dedicata alla matematica, e in questa sezione, tra maestri storicizzati come Alighiero Boetti e Roman Opalka, spicca Narciss, opera di Christian Mio Loclair.
Una macchina celibe a tutti gli effetti: un computer collegato ad una telecamera è posto esattamente di fronte ad uno specchio e uno schermo si interfaccia con l’«altro da sé» – l’uomo – chiarendo ciò che il computer sta in qualche modo pensando. Narciss utilizza un algoritmo di intelligenza artificiale per analizzare se stesso. Attraverso la sua telecamera mobile osserva l’intreccio dei propri coefficienti elettronici dallo specchio. Un’applicazione Openframeworks cattura una serie di istantanee dal flusso corrente della telecamera e le salva ogni 500 millisecondi mentre l’algoritmo Google im2txt del Tensorflow Framework analizza le immagini trasmettendole ad un’unità di rappresentazione simbolica.
Questa macchina esiste esclusivamente in funzione della sua percezione, creando un autoritratto sintetico, attraverso frasi significative auto-generate che possiamo leggere sullo schermo: un vero e proprio flusso di coscienza artificiale.
Il fattore Narciso è un elemento non trascurabile quando si parla di nuove tecnologie. Lo introduce Marshall McLuhan nel suo Understanding Media. Un capitolo è intitolato proprio «Narciso come narcosi», riflettendo su come gli esseri umani siano affascinati da qualunque estensione di sé riprodotta in un diverso materiale (ogni nuova tecnologia). Ecco che allora la nuova tecnologia è sempre un’estensione (simulazione di se stessi in altri termini) e dunque anche un’amputazione (perdita di capacità soggettive demandate alla tecnologia). Gli uomini sono diventati ciò che contemplano, si legge ancora nel prezioso libro, idoli di se stessi tradotti in un’altra forma, esattamente come Narciso.
Quando a diventare l’idolo di sé stesso è però una macchina, i termini cambiano. L’ottusità iper-tecnologica degli algoritmi esplode, quando contempla sé stesso, in frasi psicotiche irrazionali e lontane da qualunque principio di realtà. Quando invece lo spettatore entra nel riflesso dello specchio, interferendo con la percezione dei coefficienti elettronici, il prodotto del «pensiero sintetico» cambia. Tra le frasi auto-generate dalla macchina troviamo: «i am a person taking a picture in a mirror», «i am a shadow of a person in the mirror», «i am a toaster», «i am a view of a clock tower in the dark», «i am a fire hydrant sitting on the side of a street», «i am a street light with a red light on it», «i am a mirror with a reflection on a men in it».
Quello che Narciss fa, in fondo, è semplicemente non capirsi, qualcosa che l’umano sa molto bene. Guarda le sue fattezze, e nel delirio, vaga con il «pensiero». Quando scorge l’umano, invece, lo riconosce, e diventa «umano» anche lui per un istante. Inoltre, quando riconosce e assorbe l’altro da sé, riconosce anche lo specchio che sta guardando (il medium) e solo in quel momento ha un lampo razionale ed incredibilmente reale. Narciss in quegli istanti «dice» di essere uno specchio, al pari di noi umani, che siamo computer, siamo smartphone, siamo libro, nel momento in cui ci rispecchiamo in essi nelle nostre amputazioni. E ancora, allo stesso modo in cui noi non possiamo che rifletterci negli occhi dell’altro per essere certi di esistere, anche Narciss si aggrappa all’altro per sfuggire al delirio autoreferenziale infinito della sua incomprensione.
Narciso ama se stesso con la stessa intensità con cui Narciss cerca di definirsi. L’umanità cerca di circoscriversi con parametri e sistemi di valori sempre diversi con la stessa efficacia che ha Narciss, quando crede di essere «la veduta di una torre dell’orologio nel buio». La semplificazione di noi stessi nel mezzo tecnologico ha lo stesso effetto che ha la figura umana nel campo visivo di Narciss. Quello che questa macchina riflette è così umano, seppur filtrato da un linguaggio algoritmico e sintetico, da creare quasi un impercettibile alone di empatia con l’organico, una comprensione perversa, un weird accennato, la percezione vitale del fallimento.
immagini (tutte): Christian Mio, Loclair,Narciss, 2018
Ti Con Zero, a cura di Paola Bonani, Francesca Rachele Oppedisano e Laura Perrone
Palazzo delle Esposizioni, Roma, 12.10.2021 – 27.02.2022