In un contesto di «game over» globale, d’inevitabile fine di una «partita» e di successiva, necessaria ripartenza, si presenta un’occasione unica di re-start, re-load, re-set, ri-pensamento del nostro futuro, partendo però da un senso d’incertezza, impotenza e paura che spinge a invocare un golem. Questo gigante, che affonda nell’antica tradizione cabalistica ebraica, che la leggenda vuole creato dal fango per proteggerci, è una figura mitica di difesa, oltre il tempo e il predefinito. Decidendo di muovermi attorno a questo simbolo esoterico, ho risposto all’invito del progetto curatoriale «Game Over» applicando una pratica metodologica che porto avanti da tempo come strumento artistico, quella dell’intervista multipla. Questa volta ho scelto di renderla anche ibrida, visto che a gennaio 2021 ho rivolto le medesime tre domande a una serie davvero eterogenea di player: quattro amici, che includono un manager culturale tra i più rilevanti in Italia, una macellaia di un paese alpino cresciuta a New York, uno tra i più affermati artisti tedeschi contemporanei con una pratica difficile da racchiudere in categorie, e il direttore di un museo di scienze in vetta alle classifiche delle istituzioni più visitate della penisola. A loro ho dato libertà assoluta nel replicare, dalle poche parole ai ragionamenti più articolati, e questa volta ho deciso di porre le stesse tre domande anche a me stesso. I quesiti sono tra l’epocale, il dramma e la speranza (con acuta ironia), e i responsi altrettanto lucidi e visionari.
Antonio Lampis è Direttore della Ripartizione cultura italiana presso la Provincia Autonoma di Bolzano, già Direttore generale musei presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Ha risposto in italiano.
Stefano Cagol: Il valore della conoscenza tutt’a un tratto viene messo in discussione…
Antonio Lampis: La conoscenza come potere scade sempre più spesso nell’erudizione; la conoscenza come piacere scade sempre più spesso nell’intrattenimento da quattro soldi; il valore della conoscenza torna a crescere su quello che proponeva l’oracolo di Delfi: «Conosci te stesso»
Come trasformarci (ibridarci) per proteggerci (da noi stessi)?
Dare valore alla libertà, vero specchio dell’intelligenza, come diceva Dante. Dare valore al corpo, come diceva Tuiavii di Tiavea.
Proponi un semplice, anche se utopico, consiglio all’umanità. Come piccolo step di una corretta evoluzione.
Nel dubbio, dubita! Fa tanto bene.
Sarah Rigotti gestisce, con il marito e i figli, una macelleria e salumeria artigianale in Trentino, in attività dal 1947. Ha passato metà della sua vita a New York, e ha risposto nella sua madrelingua, inglese americano.
Il valore della conoscenza tutt’a un tratto viene messo in discussione…
Sarah Rigotti: Tutto è messo in discussione. Siamo bombardati da informazioni e non possiamo sapere se siano tutte basate su ricerche scientifiche provate. Il notiziario del mattino dice una cosa, quello della sera un’altra. Non ho mai sentito un’emittente dire: «Non lo sappiamo e vi informeremo quando avremo dati certi». Non ho mai visto pagine vuote sui giornali. Non mi addentrerò qui nello scenario politico, ma posso confermare che ci sono persone in politica che cambiano partito, che dicono cose in un modo e le cambiano il giorno dopo. Di cosa possiamo essere sicuri? Di chi possiamo fidarci?
Come trasformarci (ibridarci) per proteggerci (da noi stessi)?
Stefano, noi cambiamo in continuazione. Il cambiamento è l’unica costante. Platone una volta ha riportato le parole di Eraclito, ricordando che tutte le cose passano e niente rimane uguale, e paragonando l’esistenza allo scorrere di un fiume, dice che non si potrebbe mettere piede due volte nello stesso fiume. Fin dall’inizio dei tempi gli esseri umani sono stati attratti dalla routine: ci fa pensare di poter controllare la nostra vita. La pandemia globale di Covid-19 ha sconvolto il nostro mondo. La vita come la conoscevamo una volta è finita. La vita si sta evolvendo e cambiando davanti a noi, a una velocità tale che non ce ne rendiamo nemmeno conto. Siamo sommersi da notizie, informazioni, idee. Abbiamo idee nostre?
Rivolgo io a te, Stefano, una domanda: perché abbiamo bisogno di un Golem? Noi siamo il Golem dormiente. Perché dovremmo crearne uno al di fuori di noi? Guarda allo straordinario discorso «The Lord, our potter (il Signore, nostro vasaio)», pronunciato da Neville Goddard il 7 novembre del 1969.
Noi diamo vita a tutto.
Ognuno di noi è un golem, una massa di fango senza vita, che è infusa di vitalità solo quando esistiamo nel nostro desiderio. L’unica realtà è l’immaginazione. Dobbiamo penetrarla, senza di questa non esiste nulla. Siamo noi i creatori. E dobbiamo avere fiducia nella nostra capacità creativa. Dobbiamo arrenderci e avere fiducia nelle cose che non possiamo vedere. Il nostro desiderio, il desiderio realizzato, è la scintilla che dà vita e crea.
Proponi un semplice, anche se utopico, consiglio all’umanità. Come piccolo step di una corretta evoluzione.
Beh, tutte le evoluzioni sono corrette. Ognuno di noi si sviluppa ed evolve secondo la propria consapevolezza, e al momento giusto. Il mio consiglio agli amici è di entrare in se stessi, concentrare le proprie riflessioni e idee su cose belle, su pensieri belli. E suggerirei loro di leggere la Bibbia non come una registrazione storica, ma come una dichiarazione dell’evoluzione dell’uomo.
Questo è il momento di fare «coming out», di esprimere noi stessi e dare spazio alla creatività. Viene detto che, come Adamo, tutti i golem sono creati dal fango da coloro che sono vicini alla divinità, ma nessun golem antropogenico è completamente umano perché porta in sé la scintilla della divinità, la fonte di ogni creatività.
Noi siamo Adamo, noi siamo golem.
Tobias Rehberger, artista tedesco, Leone d’Oro per il miglior artista della mostra «Fare Mondi» alla 53a Biennale di Venezia, dagli anni Novanta lavora al confine con design e architettura sul concetto di trasformazione, sulle idee di temporalità, caducità e discontinuità delle relazioni esistenti tra gli oggetti e la realtà circostante. Ha risposto in inglese.
Il valore della conoscenza tutt’a un tratto viene messo in discussione…
Tobias Rehberger: Sinceramente non penso sia così. E’ messo in discussione da un paio d’imbecilli che hanno paura di quello che la conoscenza presenta loro. E questo non è affatto nuovo.
Come trasformarci (ibridarci) per proteggerci (da noi stessi)?
La migliore protezione è il dubbio. Il dubbio produce quesiti e i quesiti producono comprensione (se tutto va bene).
Proponi un semplice, anche se utopico, consiglio all’umanità. Come piccolo step di una corretta evoluzione.
Solidarietà.
Michele Lanzinger è Direttore del MUSE Museo delle Scienze di Trento, che ha traghettato verso la nuova sede a firma di Renzo Piano, registrando un drastico aumento in termini di spazi, personale e visitatori, tale da porlo in vetta alla classifica dei musei più visitati d’Italia. E’ componente del consiglio direttivo nazionale di ICOM. Ha risposto in italiano.
Il valore della conoscenza tutt’a un tratto viene messo in discussione…
Michele Lanzinger: E’ la definizione di conoscenza che va messa in discussione, non il suo valore. La conoscenza non è, per definizione, la sola conoscenza scientifica basata sul principio della falsificabilità ovvero sull’ambito delle teorie controllabili. Per comprendere la complessità, per gestire l’incertezza, per disporre di sguardi di futuro, la conoscenza rimane lo strumento fondamentale purché sia intesa come l’insieme degli apparati percettivi ed elaborativi messi a disposizione dall’ibridazione tra il sé biologico e il sé culturale. In altri termini, una conoscenza che metta in gioco l’interdipendenza tra la dimensione immediata a carattere somatico, risultato di processi biologici di adattamento evolutivo e la dimensione mediata dalla cultura, da intendersi come adattamento e processo evolutivo di tipo extra somatico. Quest’ultimo, specifico e caratteristico del genere umano, procede per ambiti non tanto disciplinari ma per una continua interpolazione tra la dimensione individuale e quella collettiva delle relazioni sociali.
Come trasformarci (ibridarci) per proteggerci (da noi stessi)?
Un carattere specifico della società emersa dalla cosiddetta rivoluzione industriale è la negazione del concetto di limite con il concetto di sviluppo che svolge per la società occidentale una sorta di mito fondativo, il mito fondativo della società capitalistica di mercato. Questo mito che agisce da stimolo verso un modello di crescita infinito, non è dotato e non fornisce gli antigeni per proteggerci dall’irreversibilità del superamento di soglie critiche planetarie oltrepassate le quali il solo pianeta su cui abitiamo non sarà in grado di assicurare protezione all’umanità. Il tema della giustizia climatica è oggi il migliore paradigma che possiamo adottare per una lacerante rielaborazione del nostro mito sviluppista per orientare la nostra società verso nuovi modelli capaci di futuro desiderabile.
Proponi un semplice, anche se utopico, consiglio all’umanità. Come piccolo step di una corretta evoluzione.
Cogliere la funzionalità della sospensione come criterio di indagine e di rielaborazione. La sospensione, come antidoto da dipendenze, è metodo e strumento per apertura di nuovi sguardi, nuove intuizioni, nuovi desideri. Imporci dunque una teoria e pratica della sospensione per permettere di elaborare e produrre nuovi modelli per un nuovo pensiero globale rivolto all’elaborazione di un nuovo mito fondativo capace di superare ed evolvere quello basato sulla crescita senza limiti. La crisi da Covid-19 sia colta come una sospensione, con altre che opportunamente andremo a individuare come abito mentale e modo di elaborazione strategica di futuri desiderabili, per elaborare inedite forme di società consapevoli dell’evidenza dei limiti planetari e delle istanze di giustizia climatica.
Stefano Cagol è autore dell’intervista e artista italiano biennalizzato, le cui opere, spesso multi-formi e multi-sito, riflettono sull’interferenza dell’uomo sulla natura includendo temi come i confini, i virus e le questioni ecologiche. Ha risposto in italiano.
Il valore della conoscenza tutt’a un tratto viene messo in discussione…
C’è un’arrogante incoscienza, che si sta palesando (soprattutto attraverso la Rete). Una progenie estremamente viziata, egoista e senza memoria storica. Una fenomenologia, per me inconcepibile, che bisogna contrastare.
Come trasformarci (ibridarci) per proteggerci (da noi stessi)?
Utilizzando in modo illuminato il digitale, questi mezzi sempre più potenti e irresistibili, cambiando rotta in modo radicale per una visione del nostro futuro che non può essere come il nostro presente. Pensando in modo trasversale, e al proprio passato, per superare gli errori antropocentrici che ripetiamo senza soluzione di continuità.
Proponi un semplice, anche se utopico, consiglio all’umanità. Come piccolo step di una corretta evoluzione.
Invertire di netto la logica della crescita come benessere, ma tentare una decrescita responsabile e urgente.
immagini: (cover 1-6) cover Stefano Cagol. WE NEED A GOLEM. Stefano Cagol (2) Antonio Lampis. WE NEED A GOLEM. Stefano Cagol (3) Sarah Rigotti. WE NEED A GOLEM. Stefano Cagol (4) Tobias Rehberger. WE NEED A GOLEM. Stefano Cagol (5) Michele_Lanzinger. WE NEED A GOLEM. Stefano Cagol (6) cover Stefano Cagol. WE NEED A GOLEM. Stefano Cagol