Oggi, il lavoro di Claudio Zorzi, con una riflessione scaturita da periodo di isolamento a causa dell’emergenza sanitaria, entra a far parte di «Young Italian Artists. Racconti dall’arte contemporanea», spazio dedicato ai protagonisti dell’arte under 35, concepito da Antonello Tolve e curato con Elena Giulia Rossi.
L’anno 2020 è iniziato in modo inconsueto e tragico come tutta l’umanità ha potuto constatare. Attualmente viviamo un periodo di forzata reclusione nei nostri appartamenti, nei nostri piccoli, medi o grandi spazi abitativi. Le persone che hanno l’immensa fortuna di avere un tetto sopra la testa e godono di buona salute cercano di rendere in qualche modo produttiva la propria quarantena. Nel mio piccolo, da essere umano e artista in quarantena mi limito a fare ciò che ho sempre fatto. Vivo la mia quotidianità facendo arte, attualmente tramite il medium della pittura. La pittura a mio avviso è semplicemente l’atto di assecondare una normale necessità biologica e spirituale. Un registrare tutto ciò che accade fuori e dentro di noi, le trasformazioni interiori ed esteriori, fisiche ed emotive di minuto in minuto. Il mondo vive una perenne trasformazione. Dall’alba dei tempi si ricrea e si autodistrugge. Nasce e muore di continuo. Questo periodo storico, in particolare, non è altro che la conferma di questo schema, di questa «intelligenza universale» che funziona su principi atemporali di nascita, morte e rinascita. L’artista segue, come tutto ciò che esiste, quella trasformazione, quel processo insito nella natura più profonda di ogni essere umano che è alla base della vita stessa. Penso che fare arte sia come respirare, e che ogni respiro possa essere una benedizione, un segno semplice di libertà individuale nonostante le difficoltà e i periodi tragici che a volte l’umanità è costretta ad affrontare. La mia esperienza di essere umano e artista in questo piccolo angolo circoscritto di spazio tempo, consiste nel vivere la quotidianità, nonostante questo periodo drammatico, felice per la consapevolezza di essere vivo, ringraziando il Caso, Dio, la Fortuna, l’Universo o il Caos incontrollato per avermi concesso il privilegio/fortuna di star bene e di continuare a respirare. Dipingere, fare arte o qualsiasi attività nel pieno della proprie facoltà mentali è privilegio dei vivi. Nei periodi in cui niente più è dato per scontato, dalle attività più semplici fino alle più complesse e profonde, l’umanità si riscopre fragile, precaria, magnificamente appesa a un filo, ed è in quella condizione di estremo smarrimento, nella «nebbia» o nel «buio» che l’essere umano torna a desiderare il piacere per le piccole cose quotidiane perdute. Sono interessato all’animale uomo, alla sua precarietà, alla sua condizione psicofisica e spirituale, alla sua costante trasformazione.
Claudio Zorzi, Marzo 2020