«Critical Zones», mostra-progetto dedicata allo stato attuale della Terra era in programma da tempo allo ZKM di Karlsruhe, museo da sempre attivo al crocevia tra arte, tecnologia e società. Si è ritrovata ora a coincidere con la crisi planetaria che trova il suo sintomo più evidente nel Coronavirus. Si tratta di un’occasione molto importante di confronto con la situazione attuale. Propone, infatti, e rappresenta una prospettiva ‘altra’ da quella tradizionale. Un nuovo modo di guardare la nostra relazione con il mondo, anche una nuova modalità espositiva. D’altro canto a pensarla sono stati l’antropologo, sociologo e filosofo Bruno Latour e Peter Weibel, direttore del Museo e artista da tempo impegnato in una ricerca alimentata anche da un grande interesse sociologico.
Quale è questo cambio di prospettiva? Si tratta di pensare alla vita all’interno di una ‘zona critica’piuttosto che ‘sul globo’. Riprendendo il significato del termine critical zone attribuito dalla geo-scienza: « La prossimità permeabile della Terra – lo strato di superficie – dalla punta degli alberi alle acque sotterranee. E’ uno strato che pulsa e che respira, evolvendo costantemente il confine dove la roccia, il suolo, l’acqua, l’aria e gli organismi viventi interagiscono». Bruno Latour la estende alla dimensione filosofica, e in particolare al nostro modo di relazionarci con il tutto:
«Dobbiamo affrontare quello che è letteralmente un problema di dimensione – sostiene Bruno Latour – di scala, di abitabilità: il pianeta è di gran lunga troppo piccolo e limitato per il globo globalizzato; allo stesso tempo, è troppo grande, infinitamente troppo grande, troppo attivo, troppo complesso, per rimanere all’interno di stretti e limitati confini del locale, qualunque esso sia». (Bruno Latour, traduz. dall’inglese)
Con questa premessa, la mostra si interroga su questioni relative a ciò che bisogna fare per assicurarci che la Terra continui ad essere abitabile e lo fa prendendo ispirazione dallo sguardo sistemico Alexander von Humboldt, da James Lovelock, ideatore dell’ipotesi Gaia e da Lynn Margulis con la sua ricerca sul pianeta simbiotico indirizzata alla costruzione di nuovi sistemi di coesistenza e di politica.
Critical Zone aprirà il 22 maggio con un Festival in streaming con tour virtuali della mostra nello spazio fisico così come interviste e interventi. Quindi, non una mostra concepita come evento online, non una evaporazione nel virtuale di una mostra nata spazio fisico. Piuttosto, una modalità ibrida e dislocata pensata per una comunicazione multidimensionale e multicanale. La mostra si costruirà nel tempo. Ogni settimana saranno aggiunti nuovi lavori e presentati nuovi artisti e scienziati. Il tutto sarà collegato con attività virtuali e il rilascio di contenuti sulla piattaforma.
Una mostra immaginata per riflettere sul Pianeta si intreccia anche con riflessioni e sperimentazioni nei grandi cambiamenti che riguarderanno non solo l’arte, ma anche il modo di comunicare. La mostra è intesa come «una camera di eco, uno spazio di risonanza tra forme simbiotiche di comunicazione – una risposta al pianeta simbiotico».
Con questa premessa, Peter Weibel destina la mostra del museo, e quelle che verrano, ad un nuovo tipo di pubblico, decentralizzato e non locale. «L’imposizione di mantenere una distanza dagli altri e di evitare ogni contatto personale – il social distancing – dichiara la fine della società a noi prossima e si indirizza ad una telecomunicazione che impiega la tele-tecnologia».
Gli spettatori non solo assisteranno a distanza ma i loro comportamenti saranno agenti attivi delle modifiche della mostra e del suo comportamento di risposta. La mostra diventa, quindi, un laboratorio in evoluzione Molti sono gli indizi per scommettere su questa mostra come una valida proposta per riflettere sul futuro. La seguiremo con grande interesse.
Critical Zones. Observatories for Earthly Politics
Virtual Opening 22.05.2020
a cura di Bruno Latour e Peter Weibel, ZKM, Center for Art and Media, Karlsruhe, Germania
immagini: (cover 1) Caspar David Friedrich, «Felsenriff am Meeresstrand», 1824, olio su tela, Collection Staatliche Kunsthalle Karlsruhe © Photo: bpk, Staatliche Kunsthalle Karlsruhe, Wolfgang Pankoke (2) Frédérique Aït-Touati, Alexandra Arènes, Axelle Grérgoire, «The Soil Map», in: «Terra Forma, manuel de cartographies potentielles», 2019, dettaglio © Frédérique Aït-Touati, Alexandra Arènes, Axelle Grérgoire (3) Uriel Orlow, «Soil Affinities», 2018, installazione mixed -media © Uriel Orlow (4) Jumana Manna, «Wild Relatives», 2018, Film still © Jumana Manna (5) Jumana Manna, «Wild Relatives», 2018, © Jumana Manna, © Photo: Marte Vold (6) Sarah Sze, «Flash Point (Timekeeper)», 2018, installazione mixed media, legno, acciaio, proiettori video, acrilico, stampe di pigmenti di archivio, ceramica e nastro adesivo © Sarah Sze