Oggi il lavoro e la riflessione di Matteo Costanzo si uniscono al progetto «Young Italian Artists. Racconti dall’arte contemporanea», spazio dedicato ai protagonisti dell’arte under 35, concepito da Antonello Tolve e curato con Elena Giulia Rossi.
Solo nell’atto percepisco nel contempo la separazione e la presenza del corpo. Un atto senza attesa. Un atto in rivolta. Il linguaggio divide in corpo e in pensiero sul corpo. Soltanto l’organismo che prova tale condizione può tentare di ricomporla. Conquistare la parte fluida della consapevolezza esige di smettere di pensarsi come un «io», ma piuttosto come un flusso insieme ad altri flussi e in relazione a essi. Così, mi sono fatto lavorio e interprete nella materia futile e magniloquente dell’atto. Un tramite. Per coincidere con il taglio, il trauma del linguaggio stesso, diventarne un tutt’uno. In antico ebraico il vocabolo «milà» indica tanto la parola (il linguaggio) tanto il taglio (la circoncisione), testimonianza di quanto la sorte della parola e quello del corpo siano stati percepiti sempre come interdipendenti. Entrambi compaiono come effetto di un taglio da cui emergono, non preesiste materia e forma, solo dopo un taglio possono dirsi e vedersi. Circoncidere infatti è anche circoscrivere, un margine produce una cornice che separando congiunge e così qualcosa diviene identificabile, visibile, appellabile. Un bisturi per diventare il taglio. Non rilevare l’inconscio per farne altro o intenderlo, ma esserne consci. Co-incidere con quel taglio. Taglio come linguaggio in atto. Taglio come apologia della rivolta. Il taglio dell’immagine dal reale determina uno spazio ideologico, nel quale i soggetti della visione sono chiamati a riconoscersi e a ridiscutersi, mettendo in discussione il vedere stesso. Quel che ci mostra il mondo alla sua massima potenza visibile, non è altro che ciò che acceca, impedendoci di vederlo. L’ideologia. Quando si vede tutto, non vale niente. La resistenza contro l’appiattimento del tutto-in-immagine, passa per una riconquista dei modi di vedere e nel gestire la quantità e la disseminazione dei contenuti. Appropriazione, sovrapposizione, post produzione, riconversione. Ora si comunica costantemente e globalmente. Sommersi nei media, nei social network, nei Big Data, nella cyber-balcanizzazione, nella videosfera. Affinché possiamo essere. Poca cosa, ma essere qualcosa. Abbiamo dismesso il discusso. Alla deriva delle possibilità, accumulando tentativi, in transizione senza inizio ne fine. Questo è il messaggio del dispositivo/ibrido, che è il dispositivo/ibrido stesso. Tendere in direzione di un mutamento. Perpetuare l’auto soggettivazione dell’individuo/pubblico. Per un divenire. Il solo modus che permette la costituzione di un identità. Non c’è esigenza di nuove narrazioni totalizzanti, padri, rabdomanti, santoni. Si tratta di abbandonarsi alla propria ossessione manchevole. L’arte è un non luogo auto-regolamentato e l’insieme dei tentativi che ne forzano e ne manifestano l’evoluzione. Continuerò come ho cominciato, per la bellezza del gesto.
Matteo Costanzo