Il film A view from the cliff comincia con il suono delle onde del mare. Subito irrompono il cielo azzurro e la splendida scogliera di Etrat scaldata dal sole. Ci troviamo in Normandia, nella costa d’Alabastro, la camera della giovane artista svizzera Anouk Chambaz fa scendere lo sguardo vertiginosamente dall’alto in basso per farci osservare minuziosamente le sedimentazioni di gesso turoninano delle alte scogliere che hanno ispirato da sempre numerosi artisti.
Come in una fiaba, un’intensa voce di donna, che sembra venire da lontano, racconta una storia di regni scomparsi, buchi, crepe, microalghe, dinosauri, impressi nella roccia. Il tempo erode la nostra storia ma è alla Terra e alle rovine che racchiude in se stessa che chiediamo da sempre quello che siamo stati. Dopo essere stati guidati in questo spazio di natura incantevole al quarto minuto si palesano le presenze umane. Eccoci qui con le nostre mille attività di bagnanti, turisti, fotografi, creatori di post su instagram, surfisti, pescatori, ognuno a suo modo ha la necessità di interagire con questo spazio meraviglioso che sembra sia offerto alle proprie mani di homo faber per manipolarlo, incontrarlo, intervenire per esaudire tutte le voglie.
Nel video ritorna spesso l’immagine di un laser rosso che sembrerebbe indicare la tecnica, la necessità umana di studiare, analizzare, capire i misteri della Terra. La musica della banda nel giorno della commemorazione del paese francese alla presa della Bastiglia, i suoni degli scoppi dei fuochi d’artificio, le giostre, la vista della città, rimarcano ancora l’intervento umano nella Natura.
Da contraltare a queste immagini, ci sono quelle buffe dei gabbiani che si aggirano camminando tra le colorate automobili e che volano nel cielo, quelle poetiche del mare e ancora quelle che si soffermano sulle forme delle rocce scolpite dal tempo e dall’acqua. La musica e i suoni delle onde, delle comitive di uccelli, creano nel video una distanza che, come osservatori umani, ci fa sentire infinitamente piccoli. Questa sensazione è rafforzata da una voce umana che dice che ci sono otto possibilità su dieci che l’umanità continui ad esistere nei prossimi cinquecento anni e che la civiltà industriale come la conosciamo oggi non ha alcuna possibilità di sopravvivere se non si trasforma. Un volto di bambina preoccupata o sofferente colpisce lo spettatore, come se volesse comunicare un messaggio apocalittico che ha sentito e non fosse capace di custodirlo per la sua gravità.
– Che cosa resterà della traccia geologica dell’uomo – sussurra la voce narrante e un cartello indica – PERICOLO DI SMOTTAMENTI – PRESERVARE LA VITA. Come scrive nel saggio Astrologia del futuro il filosofo Emanuele Coccia: «Per secoli abbiamo considerato la Terra come un puro effetto, un mero deposito cosmico di tutto quello che è accaduto altrove, il garage dei ferrivecchi dell’universo umano e non-umano.Una massa di rovine. Per secoli, e per ragioni difficili da capire, siamo stati vittime di questo strano errore di parallasse. Abbiamo proiettato e rimosso il futuro in uno spazio sideralmente lontano da noi e dalle nostre vite. Abbiamo fatto della Terra dello spazio che ci accoglie, che ci nutre, che ci genera (perché non siamo altro che una variazione sul tema della sua stessa materia) un’immensa pattumiera archeologica che ci impedisce persino di riconoscere e vivere il presente».
Con questi giochi di riflessi, luce, buio, solido, liquido, colori caldi, freddi, animali, uomini, Anouk Chambaz propone poeticamente il tema a lei molto caro del rapporto Uomo – Natura e del posizionamento dell’essere umano nei confronti dell’ambiente. Il film solleva diversi interrogativi proponendo uno sguardo decentrato, per cui sarebbe troppo antropocentrico pensare al mondo che scompare senza l’uomo. L’artista, “bussa alla porta” delle pietre, cerca di instaurare una conversazione col mondo minerale per rivelarci quanto in fondo sia più vicino a noi di quanto non si possa neanche immaginare…
La mostra si arricchisce di una pubblicazione trilingue con tre interviste a Fabien d’Hondt, Docente di neuroscienze presso la facoltà di medicina di Lille, Gérard Sinclair, Phd in filosofia contemporanea all’Università di Losanna, Jeremy Young, Professore Associato all’Università di Londra e Presidente dell’Associazione Internazionale di Nannoplankton.
Anouk Chambaz, A view from the cliff, Spazio Baleno, Roma, 27.09 – 01.11.2020
immagini: (all) Anouk Chambaz, «A view from the cliff», Spazio Baleno, Roma, exhibition view, foto Roberto Apa