«Immagino le loro forme, solo ascoltandoli. proprio come ora senti la mia voce. Non posso vederli, ma li sento costantemente. Li riconosco dal suono. Sembra che vengano suonati proprio per noi. Tutti insieme, diventano musica, come una sinfonia (…)».
È possibile riuscire a capire una macchina solamente ascoltando il rumore che produce il ronzio delle sue pale? Diventare intimi con la tecnologia, assecondando questo rapporto simbiotico con il proprio corpo? Questo è interrogativo è diventato lo stimolo per la creazione dello spettacolo Phoenix- Process of creation in situation of conflict, presentato quest’anno al Roma Europa Festival da Éric Minh Cuong Castaing, coreografo francese, e Mumem Khalifa, danzatore palestinese residente in un campo rifugiati di Gaza.
Castaing e Khalifa hanno iniziato il dialogo che li avrebbe portati a sviluppare le fondamenta di questo spettacolo due anni fa. La delicata situazione politica palestinese non ha permesso l’incontro diretto di Castaing e Khalifa che -in una modalità quasi profetica se pensiamo a questi mesi difficili- hanno optato per uno scambio via Skype, abbattendo così distanze geografiche e culturali quasi insormontabili.
L’elemento del suono in Phoenix è fondamentale. Che si tratti di silenzio, di ronzii minacciosi, di voci che dialogano, degli scricchiolii del palco, l’elemento uditivo riempie la scena e ne è protagonista: diventa veicolo di messaggi che viaggiano da una parte all’altra del mondo attraverso internet, e da umano a macchina attraverso un linguaggio fatto di silenzi e ingranaggi.
I droni sono i protagonisti dello spettacolo insieme ai danzatori: macchine volanti comandabili a distanza, simili a minuscole astronavi aliene, che possono essere esperiti in maniera completamente diversa a seconda del luogo: in Europa vengono usati come giocattoli, in Palestina invece sono mezzi di sorveglianza o di morte. Lo spettacolo ruota attorno a questa differenza di visioni, e su come i droni possano essere percepiti dal corpo e dalla mente. Khalifa, a Gaza, vive e dorme con il costante ronzio dei droni che sorvolano le abitazioni. Sono diventati la sua ninna nanna e una parte del suo corpo e della sua mente. Dal solo suono che producono sa se porteranno bombe, morte, se stanno sorvegliando il territorio o trasportando oggetti. In un inesorabile processo di umanizzazione della macchina, prova ad immaginarne i sentimenti: sono tristi? Felici? Arrabbiate? Tutto dipende dal loro suono, che diventa una voce.
Insieme a Castaing, dall’altra parte del mondo, i danzatori sono stati iniziati ad una lentissima operazione di sensibilizzazione del corpo alla presenza dei droni: i loro corpi sono in dialogo costante con la macchina, che scivola su di loro a distanza ravvicinata. Paradossalmente, droni e umani entrano così in una relazione intima e diventano simili ad amanti, in scambio costante attraverso il movimento, la voce, lo sguardo, i comandi. Concretamente i droni assumono una presenza scenica, una personalità.
Lo spettacolo non punta a inscenare la paura che i droni possono suscitare nella realtà, ma la sua connessione con gli umani attraverso le sue vibrazioni, il suono e l’aria che muovono. Il danzatore diventa un’antenna, un elemento sensibile che si connette al drone con tutte le parti del suo corpo, assecondando impulsi minimi. Questo produce sul palco una tensione percepibile, e l’audience si connette a sua volta con il corpo del danzatore attraverso l’immaginazione.
L’arte della danza contemporanea incontra l’arte della resistenza.
La fruizione streaming da parte dello spettatore dona una parvenza di esclusività: i dialoghi, gli sguardi nella telecamera, le pause di silenzio assordante bucano lo schermo e sembrano diretti direttamente allo sguardo dell’osservatore. L’impressione è quella di essere teletrasportati in un’altra dimensione, in una stanza in cui sono presenti diversi luoghi geografici contemporaneamente.
Chiara Amici
immagini: (cover 1-3-4) BACK ONL(Y)NE per Phoenix- Process of creation in situation of conflict di Éric Minh Cuong Castaing e Shonen, Digitalive. Romaeuropa Festival2020, still from video (Flavia Costanzi, Francesco Pacifici, Francesca Paganelli) (2) Éric Minh Cuong Castaing