Il 2 ottobre scorso, in occasione del Digitalive al Romaeuropa Festival, abbiamo assistito ad una performance virtuale molto particolare, creata da due artiste. La compositrice, artista digitale e performer canadese Myriam Bleau e la performer, curatrice e soprattutto avatar LaTurbo Avedon.
Insieme hanno creato Eternity Be Kind, una performance di venti minuti che può essere ospitata solo in uno spazio digitale poiché composta esclusivamente da «file» e sviluppata con lo stile di un video gioco. Ogni visitatore può fruire l’opera esclusivamente online, dal proprio dispositivo. Dopo un’intro iconografica con carte illustrate e simboli, LaTurbo Avedon danza nell’ambiente digitale sulle note composte dalla Bleau. Quello che si vede sullo schermo è un concerto ispirato alle star del k-pop, con tanto di palco e coreografia. La messa in scena è controversa, inizialmente il mood è altro, la musica oscilla tra bassi, glitch e voci acute mentre l’artista danza in stile Tik Tok.
L’avatar si triplica, cloni perfetti danzano in sincro. È qui che emerge la questione dell’identità «non fisica» e la distanza rispetto gli spettatori che sono in carne e ossa; inoltre si aprono scenari sulle possibilità date dai «bite» nell’era dei social media, sulla molteplicità o sull’assenza degli autori e quindi sull’autorialità dell’opera, tema ricorrente nella poetica di LaTurbo Avedon. In seguito, un altro paradosso: in scena rimangono solo lo schermo e l’artista, pseudo tramonti e pseudo albe disegnano un tempo altro e lo spazio si trasforma, gli elementi scenici come il palco, le americane e i riflettori spariscono.
L’ambientazione viene meno lasciando il posto a un nero sconfinato, un algoritmo infinito dove l’artista oscilla nel suo corpo di pixel. Si libra in aria e s’illumina e oscura come fosse la luna, prima in luce e poi in ombra, creando una circostanza davvero mistica. La luce, la liberazione, l’ascensione. Eternity Be Kind sembra un rito iniziatico all’interno di un club notturno, l’elaborazione di un coagulo di energia densa, che va a scemare non per sparire, ma per liberarsi o forse per purificarsi nella luce dello schermo. L’opera sembra un viaggio metaforico dalla superficie all’etere, dal popolare o populista, al profondo, alla luce, viaggio inusuale per un avatar di Second life.
Dietrologia e simbologia a parte, il duo artistico non sta semplicemente inscenando il concerto di una pop star in digitale ma sta piuttosto sollevando questioni sul futuro della rappresentazione personale e musicale, della performance artistica e della sua accessibilità differita. L’opera in questione è il frutto di una ricerca che si muove tra diversi ambiti dell’esistenza: da quello materico, che seppure impalpabile nella sua forma digitale è tangibile e si mostra strutturato e fatto di oggetti, a quello esoterico, dal quale attingiamo alla ricerca di allegorie, miti e simboli che ci aiutino a conoscerci meglio in quanto umani.
Domiziana Febbi
immagini: (cover 1-4) Myriam Bleau and LaTurbo Avedon, «Eternity Be Kind», foto: Ella Rinaldo (2-3) BACK ONL(Y)NE. Myriam Bleau and LaTurbo Avedon, «Eternity Be Kind», still from video (Flavia Costanzi, Francesco Pacifici, Francesca Paganelli)