Nel Catalogo storico dedicato a tutta la produzione di Giovanni e Vanni Scheiwiller (Milano, 2013), Laura Novati colloca in eminente posizione anche la preziosità dei libri d’artista, voluti e pubblicati da Vanni. Così si esprime nei loro confronti: «escono in anni in cui c’è un mercato anche per la grafica d’eccezione, prima che i maldestri o poco lodevoli sistemi di artisti e galleristi alterassero il mercato».
Sono infatti anni in cui nel catalogo di Vanni non entrano solo i ‘grandissimi’ incisori, a cominciare da Bartolini e Morandi, ma anche, grazie alla moglie di Vanni, Alina Kalczynska, artista a tutto campo, della quale si annuncia una prossima rassegna proprio dei suoi libri d’artista, si imposero presenze altamente significative, frutto di sgorbie e bulini su tavolette e lastre del paese di Alina, la Polonia, che andarono ad arricchire i libretti Scheiwiller.
Ma a conferma di come non gravasse in nessun modo sulla grafica in generale di quel periodo il peso della perdita dell’«aura» con cui Benjamin ebbe a demonizzare i multipli a stampa incisi, vorrei ricordare anche un solo episodio, riaffiorato alla memoria, che mi ha permesso di ricorrere ad un catalogo, a me particolarmente caro.
Nel 1974, un anno prima di aprire la propria galleria «La Casa dell’Arte», mio padre, Efrem Tavoni, alla Rotonda di via Besana a Milano, dopo un Grand Tour in Oriente durato oltre due mesi, curò una mostra Asia oggi, rassegna di grafica contemporanea che ancora fa testo, dopo che molti critici fra i più illustri del periodo si espressero con grande favore nei confronti di quella memorabile rassegna.
Altri importantissimi corollari, a quanto appena intravisto, si potrebbero fare discendere per Bologna, la mia città, che, fra gli anni sessanta e ottanta del Novecento, pubblicò un mannello molto consistente di artisti che si esprimevano con proprie gravures accompagnate da testi di studiosi di grandissimo momento. Sfilano sempre alla memoria e riaffiorano dal mio grisbi di carta, après Morandi, Luciano De Vita con Andrea Emiliani, e non una sola volta; Pirro Cuniberti pure con Giosetta Fioroni e interventi vari, e, non direttamente ‘figli’ di Morandi, in primis Sergio Vacchi, che fu esule e che da poco ci ha lasciati, il quale, a Bologna, fece tuttavia in tempo a pubblicare i suoi Capricci accompagnati da testi critici di poeti e letterati della statura di Roberto Roversi, Leonardo Sciascia, Paolo Volponi e altri, con un elzeviro pure di Piera degli Esposti, e, dei pochi ancora fra noi, un maestro come Concetto Pozzati, il quale, anche nella mostra sulla Pop Art italiana alla Fondazione Magnani Rocca, apertasi nel settembre del 2016, esibiva libri di suo genio risalenti sempre agli anni a cui ho fatto riferimento.
Più che spendere parole per tentare di mettere meglio a fuoco la definizione di libro d’artista, aspetto molto dibattuto che continua ad invadere finanche il web, senza tuttavia, a mio parere, che si possa o sia necessario pervenire ad una univocità terminologica che lo connoti, neppure riferita alla sola sua forma, vorrei sottolineare ancora come quegli anni brillarono per tutte le dimensioni dei particolari manufatti, non esclusa la perfezione a cui essi spesso pervennero, grazie all’utilizzo del torchio e dei caratteri mobili, e, come quasi naturale conseguenza, quanto intensa fosse la brama di possederli.
Mettendo inoltre in relazione ciò che ha affermato la Novati nei confronti della grafica di quel periodo con l’attuale, legando i suoi distinguo all’esperienza di mio padre e a capolavori bolognesi di quegli anni, sicuramente molte criticità del settore messe sul tappeto dalla studiosa, hanno giocato un peso non indifferente per l’Italia. Basterà in proposito ricordare ancora che in Asia oggi furono esposte per la prima volta grafiche di artisti orientali anche giovanissimi, alcuni dei quali divennero in seguito, e lo sono ancora, fra i più quotati, per tali loro espressioni, nelle aste internazionali.
Eppure da alcuni anni, pochi in realtà, il panorama dapprima sconsolante è sembrato finalmente aprirsi a nuovi orizzonti: esposizioni dei libri volute dagli stessi artisti, promozione a Bologna con Artelibro, promozione ora disseminata in varie altre città, attenzione a questi libri anche da parte di alcuni fra i numerosi musei della grafica sparsi sul territorio nazionale, maggiore serietà da parte degli stessi artisti e, non da ultimo, concorsi finalizzati a valorizzarli e con essi valorizzando testi inediti o di autori conosciuti, sia ricorrendo al torchio sia ancora lasciando alla libertà della mano il suggerire l’intimo connubio fra testo e immagine, in quella interattività che è stata e continua ad essere il vero e più espressivo nesso alla base della loro costruzione.
Hanno continuato a spendersi nella direzione della loro conoscenza in Italia pure alcune importanti biblioteche, che già da molti anni li avevano accolti in esposizioni entro le proprie mura e nei loro palchetti, con preferenza tuttavia accordata alle espressioni legate alla grande notorietà degli esecutori e ad alcune celeberrime private presses. E altri passi verso il riemergere della notorietà dei libri d’artista, li stanno compiendo poche ma importanti gallerie da tempo disinteressate a tali prodotti, soprattutto a quelli degli ultimi anni.
Quanto al tentare di ristabilire anche da noi un primato, che sembra appannaggio di altri Paesi, e riaffermare un ruolo insostituibile di tali libri nel Made in Italy, in cui l’artigianalità artistica si è sempre imposta nelle sue più diverse manifestazioni e sfaccettature, ma che in alcuni settori sembra ahimè aver perso l’eccellenza, ha concorso e continuerà a concorrere chi al tema si sta dedicando con passione ed è riuscito a suscitare interesse, grazie al coinvolgimento di amici illustri e competenti, tramite i quali si sono smosse perfino piccole realtà, Comuni di poche anime, ma con grandi tradizioni culturali alle spalle.
Dapprima a San Mauro Pascoli, con la sua prestigiosa Accademia legata al poeta, che fu grande non solo per la poetica, legata alla metafora del fanciullino, è stato possibile bandire un concorso internazionale, che si sta chiudendo dopo che numerosi artisti-tipografi-editori, in alcuni casi tutte espressioni di sé medesimi, vi hanno partecipato.
Se lo spunto di quel concorso nasce da chi scrive, al presidente dell’Accademia Pascoliana che lo ha bandito, Andrea Battistini, va il merito di essersene fatto portavoce presso il Comune insieme con esponenti anche del tessuto industriale cittadino, uno dei quali, Miro Gori, figura pure nella giuria, nella quale spicca come esperto Enrico Pulsoni, un artista-docente, a cui vanno tributati moltissimi meriti, compresa la sua generosa e continuativa disponibilità. Oltre alla presenza di Pulsoni, il coinvolgimento dell’Associazione Italiana Biblioteche-Regione Emilia Romagna nella persona della sua presidente attuale, Federica Rossi, e della direttrice di Casa Pascoli, Rosita Boschetti, consente di sperare che, a seguito delle tre mostre previste già dal bando di San Mauro, si aprano nuove possibilità anche solo in direzione espositiva.
Il prodromo della narrazione è solo per dire che a Torrita di Siena ci si è mossi con maggiori credenziali, ma anche e soprattutto perché Torrita non era terreno vergine nei confronti della valorizzazione del libro sia antico sia moderno.
La piccola città da qualche anno infatti ha promosso il suo borgo turrito a piccola capitale toscana dei libri. Torrita non rivendica infatti da qualche anno l’appellativo di «Borgo dei libri»? E a giusta ragione. Lungo le sue strade, all’interno del gioiello che è il suo piccolo Teatro degli Oscuri, nato come tanti, non solo in Toscana, ma forse in Toscana più che altrove, da una antica Accademia, si celebra con bancarelle, mostre, convegni l’omaggio al libro nelle sue varie fenomenologie. Nell’anno da poco trascorso mi è stato concesso il piacere di approdarvi, grazie a Gian Carlo Torri, con una esposizione di volumi ampliata, rispetto a quella da me organizzata per una galleria privata bolognese, l’ «Ariete Artecontemporanea». Con me vi erano colleghi e artisti anche del libro, con i quali si è dato vita pure ad una piccola assise, che si è tenuta proprio nel teatro, la cui prolusione, affidata a Deanna Lenzi, storica dell’architettura, ha permesso di meglio conoscere il glorioso passato di quel luogo della sociabilité.
Ma la mostra esportata, il convegno, il giovane e agguerrito critico Pierluca Nardoni che ne ha commentato il percorso artistico in un libretto – un quadrotto, come là si chiama tale plaquette –, fra quanti si devono al gran gusto di Fausto Rossi, tipografo-editore che tutti vorrebbero incontrare sul loro cammino, non sono stati i soli protagonisti del maggio 2016. Una mostra di libri antichi, superbi esemplari di cinquecentine che appartengono a Paolo Tiezzi Maestri, magna pars di Torrita e non solo per la carica ancora ricoperta di assessore alla cultura, e un altro spazio espositivo in cui Enrico Pulsoni mostrava i propri libri d’artista, diversi gli uni dagli altri per formato nella suite che li contempla, e differenti altresì per impostazione grafica e per i suggestivi motivi culturali ad essi intrinseci, mi hanno confermato già allora che molto altro si sarebbe potuto fare in quel centro non di grandi dimensioni, nel quale, tuttavia, si riesce ancora a coniugare pubblico e privato.
Così è nata l’idea di proporre anche a Torrita un concorso per libri d’artista, finalizzato anche alla valorizzazione del territorio, legandone il tema, per le incisioni, alle abbazie, intese peraltro anche quali monasteri e istituti religiosi in genere, estendendo in tal modo il tema ad un orizzonte internazionale.
L’équipe che si è impegnata per lo studio e la formulazione del bando, formata innanzi tutto da Carlo Pulsoni, il quale, nella sua veste di promotore di iniziative che godono del più ampio credito non solo in ambito nazionale, capace altresì di valorizzarle in vario modo, è da considerarsi il motore primo, con la collaborazione di Rebecca Carnevali, dottoranda presso la Warwick University, ha unanimemente deciso che l’ordito del bando da sottoporre a Torrita contemplasse la destinazione del concorso agli artisti del libro e in particolare della grafica ai soli “under30”.
Questa istanza nasce da tutto un percorso che ha visto impegnati alcuni di noi, non solo nel tentativo di fare rinascere l’arte dell’incisione in senso lato e in particolare quella legata al libro, ma in funzione di una rinascita che si accompagni pure ad aprire spazi, soprattutto per i giovani, in cui all’amore per l’arte si possa congiungere anche un ritorno economico.
Solo così quella che fu chiamata a Torrita l’anno passato «La microeditoria di qualità», espressione di artisti fra cui alcuni già celebri, può diventare un modello per ancorare le qualità di molti giovani, opportunamente preparati nelle Accademie, nelle Università e in altri contesti a ciò dedicati, al particolare mercato del lavoro.
Molti sono infatti gli artisti che rincontriamo sempre più spesso in varie occasioni, perfino in un social network, i quali, attraverso lezioni, confronti, workshops di varia natura e genere, hanno fatto dei loro ateliers luoghi di incontro ma pure di didattica, e si muovono finalmente in una loro conquistata autonomia.
Confrontandoci con questa realtà, e intendendo il libro d’artista come un’eccellenza propria del nostro Paese, potremo così tornare a ricoprire nel Made in Italy, un posto di assoluto rilievo.
Ma a Torrita, che ha appagato i nostri primi desiderata, chiediamo ancora di più di ciò che con grande liberalità ci ha già concesso, nel bandire il concorso attraverso una sua illustre sua istituzione, la Fondazione Torrita Cultura, chiediamo non solo che il concorso abbia una periodicità annuale, ma anche che si possa trovare una sede idonea in cui i manufatti, di anno in anno premiati e selezionati, siano collocati e costituiscano un museo del libro d’artista contemporaneo, unico nel suo genere in Italia.
Torrita beneficia già, per varie sue prerogative, del fatto di essere un centro visitato. Potrà diventare una cittadina ancora più conosciuta dagli amanti delle vestigia del passato, o per il suo essere arroccata su di un colle, o per la prelibatezza di alcune specialità culinarie, ed altro ancora, quando sarà messa nelle condizioni di essere visitata e percorsa, a seguito anche della periodicità annuale della sua fiera «Borgo dei libri», e, in particolare, per la presenza dei libri d’artista, in cui originalità di pensiero e fattibilità manuale si dispongono e si offrono per essere gustati da palati finanche sopraffini. Si avrà così per Torrita, quella che comunemente si dice, un’altra e foriera di successivi importanti sviluppi, “ricaduta di immagine”.
E a chi invece si dispone a rimanere dietro le quinte nell’immediato futuro e con ancor maggiore serenità, se potrà vedere esaudito un sogno, o meglio un miracolo, che, sebbene terreno, è frutto di molte componenti, tutte fra loro interconnesse, il ricorso ad un verso della Divina Commedia, non appaia improprio: «Sì che vostr’arte a Dio quasi è nepote» (Inferno XI, 105). È qui che la formulazione dantesca si salda con le nostre aspettative e fa emergere tutta la sua attualità: lavoro al torchio e soprattutto d’arte incisoria, ma anche nipote di Dio, perché, a detta di Dante, l’arte, ossia il lavoro umano, imita la natura come il discepolo segue il maestro; poiché però la natura è creata da Dio, ossia ne è la figlia, l’attività dell’uomo risulta dunque nipote di Dio.
Concorso internazionale Libro d’Artista riservato a giovani under 30 dedicato al tema delle Abbazie
scarica qui il bando
Immagini
(1) Fondazione Torritta, logo (2) Efrem Tavoni (a cura di), «Asia oggi: Rassegna di grafica contemporanea», Rotonda di Via Besana, Milano, cover (3) «Asia oggi: Rassegna di grafica contemporanea», Rotonda di Via Besana, Milano, illustrazione (4– 4a) Sergio Vacchi, «Capricci», 1972 (5-5a) Andrea Emiliani e Luciano De Vita, «Le cose che volano», 1970 (6) Gianni Castagnoli, «Imperium Europae. Anno Zero» (7) Gianni Castagnoli, «Imperium Europae. Anno Zero», incisione