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Home News Focus

Dayanita Singh. «Go Away Closer»

Elena Giulia Rossi by Elena Giulia Rossi
19/04/2018
in Focus
Dayanita Singh. «Go Away Closer»

Dayanita Singh, Mona and Myself, Courtesy the artist and Frith Street Gallery, London © The artist 2013

Museum of Chance with Dayanita_small

Lo storico spazio londinese della Hayward Gallery, presenta Go Away Closer, la prima retrospettiva inglese dell’artista indiana Dayanita Singh. Il suo lavoro è una riflessione importantissima sulla definizione del mezzo fotografico e del mezzo in generale, sul significato cangiante della scultura e dello spazio, sulle relazioni che legano la funzione del museo e di archivio e i ruoli che il libro d’artista può avere in tutto questo.

Dayanita Singh si definisce come una «book-maker», ancor prima che una fotografa come la identificano in molti. Se pure adottato a strumento privilegiato e con un ruolo centrale nel suo lavoro, per l’artista l’opera diventa tale nel momento in cui la fotografia si organizza in una struttura organica, in una formulazione narrativa tridimensionale. Può rivelarsi questa nelle sembianze di un libro, di una scultura, di un’architettura, tutte interscambiabili una con l’altra, tutte guidate dall’ossessione per l’archiviazione.

Go Away Closer porta assieme l’opera degli ultimi due decenni e presenta, per la prima volta, la sua serie dei «musei portatili», un nuovo corpo di produzione, evoluzione «architettonica» del libro d’artista, questa volta integrato nella funzione di museo (in miniatura) e di archivio. «Sono una sorta di foto-architetture» – così le descrive Dayanita Singh che si esprime prudente nell’utilizzare la parola scultura, se non per indicare la loro forma tridimensionale. I musei portatili sono delle strutture di legno che possono essere aperte in varie configurazioni, ciascuna contenente dalle 70 alle 140 fotografie. Una parte di queste strutture funge da deposito integrato. Questo ci comunica nell’immediato la possibilità di una riorganizzazione del materiale fotografico e, quindi, di una riformulazione degli elementi narrativi, che danno forma al museo. L’eventualità di un cambiamento e  lo stimolo dell’immaginazione con la presenza di ciò che non si vede, sono quanto rende il museo vivo e dinamico. La «messa in scena» dell’archivio diventa anche sintesi temporale della sua funzione, accorpando visivamente l’alternarsi delle opere allestite con quelle in deposito.

Courtesy the artist and Frith Street Gallery, London © The artist 2013

Il suo precedente libro Sent a letter (2008) scatola disegnata dall’artista che contiene fotografie in formato cartolina, era emerso come primo pensiero di un museo portatile. Altri libri realizzati nel tempo come tali, appesi alle pareti diventano quadri o sculture che sollevano la narrazione dallo spazio bidimensionale. Così le fotografie allestite a fianco di questi libri sembrano fuoriuscire dalle pagine ad ingrandimento dei contenuti e dei pensieri dell’artista nel suo processo di realizzazione del libro. Questo suo approccio peculiare al mezzo trasforma il ritratto dell’amica Mona Ahmed in un progetto di più di un decennio per rivelarsi poi, in tempi recenti, in una «moving still», un’immagine in movimento della durata di circa tre minuti, mentre, distesa sul letto, ascolta la sua canzone preferita

La fotografia diventa quindi un veicolo relazionale, materia prima per un lavoro di editing, da lei assimilato nella sua vita passata con i musicisti, nell’ascolto del ritmo musicale, ma soprattutto di quello che scandisce l’organizzazione di un evento. Il lavoro di Dayanita Singh è una grande lezione sulla trasversalità del mezzo, qualunque esso sia e sulle sue potenzialità linguistiche parallelamente a quella sul concetto di spazio, sempre più mutevole e malleabile. Ecco come le formule narrative si materializzano in strutture sempre diverse, quando intime se racchiuse nella forma di un libro, quando monumentali se il libro prende la forma tridimensionale di suoi musei portatili. Ma poi, i musei portatili si restringono in miniature architettoniche, e i libri si espandono in originali formule museali. Questa elasticità di spazio e di pensiero ci porta a guardare da lontano, ma anche da vicino, in una lettura più intima della narrativa fotografica.

Dayanita Singh. Go Away Closer, 8 ottobre – 15 dicembre 2013, Hayward Gallery, Londra

Immagini

(1 cover) Dayanita Singh, Mona and Myself, 2013, courtesy the artist and Frith Street Gallery, London, © The artist 2013; (2) Museum of Chance, 2013, Installation view, Dayanita Singh: Go Away Closer, Hayward Gallery, London, 2013, courtesy the artist and Frith Street Gallery, London, © the artist 2013, Photo: Stephen White; (3) Dayanita Singh, From the series I am as I am, 1999, courtesy the artist and Frith Street Gallery, London, © The artist 2013 (gallery) the courtesy of all images depicted in the gallery belong to the artist and Frith Street Gallery, London, © the artist 2013


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Tags: arsDayanita SinghGo Away CloserHayward Gallery
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