Arshake è lieta di pubblicare la prima di otto tappe del viaggio di Pasquale Polidori a Kassel in occasione di Documenta 14, manifestazione quinquennale tra le più importanti al mondo. Artista e filosofo multimediale e multidisciplinare, sperimentatore di ogni mezzo (tecnologico e non) che possa estendere la sua pratica estetica che ragiona con particolare forza attorno al linguaggio, Polidori intraprende la narrazione di un viaggio che dalla visita della manifestazione prosegue in una sfera più intimistica, dove ragionare su tematiche universali che ruotano attorno all’arte tutta, al suo modo di occupare gli spazi, di raggiungere il pubblico attraverso il canale istituzionale (o di o di esserne tenuta a distanza).
La storia di Documenta è anche una storia di sedi espositive e di formati tipografici.
La prima edizione si svolse nel solo museo Fredericianum, che in futuro rimarrà sede principale della manifestazione. Ma già la seconda Documenta (1959, curatore Arnold Bode) è distribuita in tre luoghi, e parimenti il catalogo risulta composto da tre volumi: pittura, scultura e grafica. Nelle edizioni successive, alcuni luoghi diventano propri di documenta, come l’Orangerie con il parco Karlsaue, l’Ottoneum, il palazzo Bellevue, la Neue Galerie e, dal 1992, la Documenta-Halle. Altri luoghi cittadini, al contrario, saranno coinvolti solo occasionalmente, e per precise ragioni critico-curatoriali, come per esempio: l’Aue-Pavillon, 9.500 mq di struttura prefabbricata, destinata ad essere distrutta dopo l’uso e simbolo di una contemporaneità in transito e perennemente in via di definizione (2007, cur. Roger M. Buergel e Ruth Noack); o il monastero benedettino di Breitenau, fuori Kassel, ex campo di concentramento nazista, ex collegio femminile, ex clinica psichiatrica (2012, cur. Carolyn Christov-Bakargiev).
Questa attenzione rivolta al luogo dell’esposizione/operazione artistica, e che stabilisce appunto l’equazione luogo=significato, si intreccia con la cura dei cataloghi e delle varie pubblicazioni che via via contraddistinguono le diverse scelte curatoriali. La mitica documenta5 (1972, cur. Harald Szeemann) restringe i suoi luoghi a due soli musei e una piazza, nella volontà di concentrare dell’attenzione sugli strumenti e i modi propri alla riflessione e produzione artistica, ovvero sulla definizione di una soggettività tramite i linguaggi artistici; il catalogo, disegnato da Ed Rusha e oggetto editoriale di culto, consiste in un raccoglitore di documenti schedati secondo sintetiche etichette concettuali.
Al contrario, Documenta 10 (1997, cur. Catherine David) ambisce a un uso totale dello spazio urbano, includendo i binari e i locali della vecchia stazione convertita in centro culturale, insieme ai sottopassaggi di Treppenstraße e vari punti cittadini che nel complesso alludono a un percorso di ‘archeologia contemporanea’; il catalogo si sdoppia: un voluminoso Book, che rilegge la storia contemporanea a partire dalla II guerra mondiale e fa del binomio ‘utopia/ricostruzione’ il cardine di una dialettica architettonica e artistica; e un agile Handbook, corredato di mappa, che il visitatore si porta dietro nel suo viaggio alla scoperta delle ‘rovine’ del modernismo e delle ‘strategie’ di sopravvivenza provviste dall’arte.
L’equazione perciò va completata: luogo=significato=lettera/lettura. Il significato, infine, è teso tra due punti: la collocazione dell’opera nello spazio urbano e museale, o la sua situazione operativa, da un lato; dall’altro, la collocazione dell’opera nello spazio tipografico, linguistico e teorico, del testo.
La spartizione di Documenta14 tra Atene e Kassel, con gli stessi artisti che nelle due città presentano opere differenti, determina l’incompletezza della visita di ciascuna delle due sedi nonché una forzata asimmetria tra la posizione dello spettatore e quella delle opere: lo spettatore è sempre e solo in un luogo, mentre le opere sono sempre almeno in due luoghi, troppo distanti perché se ne possa fare esperienza nell’arco di un sentimento costante o di relativa continuità percettiva.
Questo squilibrio non è senza conseguenze: oltre a condizionare il giudizio del visitatore (si resta con il dubbio che dall’altra parte le cose vadano diversamente o dicano quello che da questa parte rimane non detto…), l’altro luogo ispira sentimenti di nostalgia e frustrazione, o l’infelice sforzo a completare un paesaggio parziale con l’immaginazione e basandosi sui soli nomi che riempiono le mappe, i cataloghi, il sito internet che quotidianamente ti aggiorna su ciò che dall’altra parte sta succedendo. E una certa ansia dei luoghi, e conseguente resa alla malinconia, opprime il visitatore anche relativamente alla sola città di Kassel, quando si pensa che i luoghi di Documenta14 a Kassel sono ben 35. Oltre ai luoghi tradizionali di Documenta, troviamo ora il nuovo Grimmwelt, l’adiacente Museum für Sepulkralkultur, il rinato Stadtmuseum Kassel, lo Hessisches Landesmuseum, tre cinema, una piazza spesso usata per manifestazioni politiche, l’università, un’ex fabbrica di armamenti, il magazzino dell’ufficio postale centrale, e ancora e ancora…
… to be continued…
Documenta 14, a cura di Adam Szymczyk con un team di circa 18 curatori, 10.06-1709.2017, Kassel, Germania (e Atene, fino al 16 luglio)
Immagini: (cover 1) Kassel, Friedrichsplatz, Documenta 14, 2017 (2) Marta_Minujin, «The Parthenon of Books», 2017 (3) Daniel Knorr, «Expiration Movement», Fridericianum, Documenta 14, 2017 (4) Banu Cennetoglu, «BEINGSAFEISSCARY», 2017, Documenta 14, 2017